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Barbara Palombelli per "Il Foglio"
Negli Stati Uniti, alla vigilia degli scontri fra i candidati alla Casa Bianca, il presidente mette sotto accusa le banche, colpevoli di avere ingannato i risparmiatori fino alla vigilia della catastrofe. In Italia, decine di aziende falliscono perché costrette a comprare derivati, carta straccia, con i finanziamenti che dovrebbero invece servire a pagare stipendi e acquisto di merce. Insomma. Vai per essere aiutato e vieni strozzato. La differenza è che da noi le banche sono al governo, possiedono giornali e - attraverso il credito - controllano le imprese del nostro povero ex capitalismo.
Tanto che problema c'è? E' tutta colpa delle cene dei consiglieri regionali... obesi, bruttini e per la verità impresentabili, mangiano a quattro ganasce. L'avanspettacolo messo in scena in questi giorni (uno scandalo che tutto sommato a livello nazionale ammonterà a una dozzina di milioni) è perfetto per offuscare e nascondere le decine di miliardi che stanno prendendo il volo verso l'estero. I miliardi, ovvero le nostre partecipazioni statali in fuga a prezzi stracciati verso acquirenti molto puliti, magri e in guanti bianchi, non puzzano di arrosto e di letti sfatti come le truffe di Anagni.
Hanno il profumo della grande élite planetaria. Siamo in pochissimi a insinuare che dietro le panze sbattute in prima pagina ci siano veri e propri traslochi di quei beni che appartenevano al popolo italiano fin dai tempi dell'Unità . Viene naturale - anche a chi guarda la tv - pensare che la sua pensione sarà decurtata per pagare poche migliaia di euro alla fidanzata di Fiorito. E invece... sembra, in certi momenti - e quello attuale somiglia drammaticamente al 1992-'93, speriamo stavolta non ci siano le bombe di allora - che lo scandaletto locale arrivi come il cacio sui maccheroni.
Cosa c'è di meglio di un ciccione sudato - del Pdl, dunque ideale - per svendere alla Porta Portese mondiale pezzi di Eni, Finmeccanica, Fiat ecc.? I colleghi giornalisti sonnecchiano divertiti dal "colore", i direttori incassano qualche copia in più, gli editori sono pazzi di gioia perché nessuno li marca stretti e possono dedicarsi ai loro veri affari. Intanto, non sappiamo quando voteremo, con quali regole. Non conosciamo né i partiti e nemmeno i programmi su cui saremo chiamati a giudicare passato, presente e futuro. Nessuno sembra farci caso, soltanto ai Radicali questo risalta come uno scempio di quella legalità di cui si riempiono la bocca i tribuni dell'anticasta.
Ma come? Dobbiamo rottamare, rinnovare, rilanciare, ricrescere e nessuno ci dice a che gioco giocheremo solo fra poche settimane. Incredibile. Ho già scritto che gli anni in cui si rinnova il Quirinale - unica autorità riconosciuta all'estero - dossier e scandali agitano le acque e confondono i cittadini. Ma mai come questa volta. Non mi pare ci siano precedenti così sgangherati.
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