“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Milena Gabanelli per il Corriere della Sera
La storia si svolge dentro al Consiglio d' Europa, che è il presidio nato nel '49 per difendere i pilastri della democrazia: libertà d' espressione, diritti umani, successione di governi democraticamente eletti. Tutti i Paesi membri hanno firmato la convenzione che li obbliga a rispettare questi principi, e se un Paese li viola, il Consiglio deve condannare, sanzionare, o sospendere.
Dentro al Consiglio d' Europa l' Azerbaijan da una decina d' anni regala ai parlamentari scatolette del pregiato caviale del Caspio. Luca Volontè, quando dentro l' Assemblea era presidente del Ppe ha accettato da Suleymanov, capo della lobby azera presso il Consiglio, una «donazione» più corposa: di 10 milioni di euro, in tranches da 100 mila euro al mese. Alla base c' è una convenzione fra la Ong azera di Suleymanov e la Fondazione di Volontè, entrambe dichiarano di occuparsi di diritti umani.
I versamenti iniziano nel 2013, arrivano da 4 società diverse, controllate da anonime collocate in Belize, Seychelles e British Virgin Island. Un anno dopo la Bcc di Barlassina, dove Volontè ha i suoi conti, si allerta, segnala l' operazione sospetta, si attiva la Procura di Milano e il flusso si interrompe nel 2014 a quota 2 milioni e 390.000 euro.
I FONDI PER LE «CONSULENZE»
A cosa servivano quei soldi? Volontè li motiva come consulenze personali al lobbista azero, ricerche, petizioni, di concreto c' è la stampa di 2 brochures. Dopo due anni di indagine i magistrati milanesi chiedono il rinvio a giudizio per riciclaggio e corruzione: il denaro sarebbe una tangente pagata dal governo azero per orientare il voto del gruppo di cui Volontè era presidente, sul rapporto che riguarda gli 85 prigionieri politici in Azerbaijan.
A supporto le dichiarazioni del deputato tedesco Strasser (autore del rapporto) e i corposi scambi di email fra Volontè e i politici azeri, come quella del deputato Muslum Mammadov che chiede di ritirare una risoluzione presentata al Consiglio d' Europa, e Volontè risponde: «Ogni Tuo desiderio è un ordine». Con 79 voti favorevoli e i 125 contrari la risoluzione di condanna viene bocciata, e la reputazione azera è salva.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI MILANO
Venerdì scorso il gup del Tribunale di Milano ha deciso di mandare a processo Volontè per il reato di riciclaggio (non riesce a spiegare da dove vengono quei soldi e a cosa servono), mentre per la corruzione «non luogo a procedere» perché coperto da immunità. La Procura ricorrerà in Cassazione, poiché quello che viene contestato non è il singolo voto dell' ex parlamentare, ma la sua intera attività all' interno del Consiglio. Se quei soldi sono stati incassati per orientare i voti degli altri parlamentari o meno si può chiarire solo in un processo. Ancor più importante chiarirlo per la credibilità dell' intero Consiglio d' Europa, e dei valori che rappresenta, per i quali abbiamo versato lacrime e sangue.
Intanto in Azerbaijan la repressione contro oppositori politici e organi di stampa va avanti. In carcere sono un centinaio. In occasione delle ultime elezioni politiche del 2015 il Parlamento europeo non ha inviato i suoi osservatori perché non esistevano le condizioni. Il Presidente Alyev, che ha «ereditato» il Paese dal padre nel 2003, sceglie i parlamentari, i giudici e ha appena prolungato la durata dei mandati. I settori più produttivi sono tutti in mano sua. Dei 135 miliardi di dollari di entrate statali provenienti dal petrolio, 48 li ha portati nei paradisi fiscali.
Le figlie Arzu e Leyla, usano società panamensi per controllare le compagnie di telefonia mobile, la banca azera Atabank e sei miniere d' oro in Azerbaijan. È la giornalista azera Khadija Ismaylova ad aver scoperto i Panama Papers della famiglia Aliyev. In base ad accuse inventate si è presa 7 anni e mezzo di carcere. Dopo le pressioni internazionali la pena è stata sospesa.
Le accuse si inventano anche nei confronti di cronisti stranieri. A fine novembre scorso, la sottoscritta, dopo aver dedicato una puntata di Report all' intera vicenda, curata da Paolo Mondani, ha avuto l' onore di vedersi dedicate ben 8 pagine sul più diffuso sito online del Paese Day.Az molto vicino al governo. L' articolo, a firma di Elchin Alyoglu, mi descrive cosi: «Milena Gabanelli è definita dai media italiani la Dino Alfieri in gonna (Alfieri fu sottosegretario alla stampa e propaganda di Mussolini, nda ). Prosegue: «Ha partecipato all' audizione anti azera nella Commissione dei Diritti umani del Congresso degli Usa, era insieme ai rappresentanti dell' Armenia» (non sono mai entrata nella sala del Congresso Usa in vita mia, nda ).
Aggiunge: «È possibile che abbia ricevuto aiuto materiale e tangibile dalla stessa lobby armena. Infatti i giornalisti italiani scrivono sui social media della natura avara, avida e insaziabile della loro collega». Infine: «Ha contatti frequenti con i capi delle organizzazioni della diaspora armena in Francia, Italia, Germania, Spagna, Grecia».
In effetti ho incontrato un famoso artista di origine armena che ha aiutato i suoi connazionali in difficoltà, e l' ho intervistato due anni fa in Francia, si chiama Charles Aznavour.
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