DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
I democratici vogliono trasformare gli Usa in un paese socialista. All'inizio delle presidenziali del 2020, prima che il Covid le rivoluzionasse, questo allarme era la strategia per la rielezione di Trump. Biden aveva vinto le primarie proprio perché rappresentava l'antidoto a questa velenosa accusa. Joe sapeva che Donald nel 2016 aveva vinto portando via ai democratici la loro base lavoratrice, che si era sentita abbandonata soprattutto negli stati della "Rust Belt" come il Michigan e il Wisconsin.
Il suo obiettivo era quindi riportarli a casa, puntando sul buon senso e il radicamento personale nella realtà di queste persone deluse. Ha funzionato alle urne, ma ieri è arrivata la prima doccia fredda. Ad aprile l'economia americana ha creato solo 226 mila posti di lavoro, contro il milione atteso dagli analisti, e la disoccupazione è tornata a salire. I conservatori hanno subito rimproverato il socialismo di Biden, perché distribuendo sussidi col Rescue Plan da duemila miliardi di dollari ha spinto la gente restare a casa, invece di cercare impiego. Lui ha risposto che è falso: «I dati non provano questa connessione.
Il Rescue Plan è tarato su un anno, i risultati non potevano arrivare in due mesi. Semmai dimostra che c'è ancora molto da fare, a partire dal piano per le infrastrutture». Ha ragione lui, o la deriva socialista sta corrompendo gli Usa? Biden è convinto che la democrazia sia sotto attacco, tanto in America, come ha dimostrato l'assalto al Congresso del 6 gennaio, quanto nel mondo, dove autocrazie come Cina e Russia puntano a demolirla.
Ritiene che la sua missione sia contrastare questa deriva, creando in casa un'economia più inclusiva che tagli le gambe a disuguaglianze e populismi, e contrastando le potenze revisioniste globali con le alleanze. Perciò sente il dovere di essere un presidente trasformativo e si rende conto di avere poco tempo, perché se i democratici perderanno le elezioni di midterm, la sua agenda legislativa resterà paralizzata.
Ha un anno di tempo, perché il prossimo maggio saremo già in campagna elettorale, e da quel voto dipenderà la ricandidatura di Trump nel 2024. In politica estera ha un po' più di margine, ma la sfida geopolitica con Pechino e Mosca non gli consente la stasi.
Si vede dall'apertura a liberalizzare i vaccini. Il senso di giustizia verso i paesi più poveri ha influito, ma forse ha contato di più la necessità di contrastare la diplomazia del Covid di Cina e Russia. Biden doveva immunizzare prima i suoi cittadini, perché in nessun campo può offrire al fianco alla retorica "America First", che lo accuserebbe di dare la precedenza agli stranieri. Perciò spesso i suoi toni ricordano quelli di Donald. Ma l'obiettivo resta quello di tracciare una via opposta, e percorrerla in fretta.
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