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Giordano Stabile per "La Stampa"
Ventimila soldati dell'esercito regolare siriano sono ora ammassati attorno ad Aleppo. La colonna di mezzi corazzati che da una settimana era segnalata in marcia verso Nord si è dispiegata ai limiti sudorientali della città , per l'assalto finale alla roccaforte degli insorti, il quartiere di Salah ad-Din.
«L'esercito è pronto - fa sapere Damasco -. Attende solo l'ordine per attaccare». Ma la battaglia «potrebbe essere lunga. Si combatterà casa per casa». I lealisti hanno continuato anche ieri a colpire con elicotteri e aerei le postazioni dell'Esercito libero siriano. Il comandante dei ribelli, generale Abdel Jabar Oqaid, conferma che sono stati «i bombardamenti più intensi da quando è cominciata la battaglia», il 20 luglio scorso.
Il colpo doppio dei ribelli, che prima hanno scatenato l'insurrezione a Damasco e poi hanno preso di sorpresa la capitale economica del Paese, ha tenuto in scacco il regime per due settimane. L'esercito conta sulla carta su 200 mila uomini, ma solo 40 mila sono armati adeguatamente e in grado di «ripulire» i quartieri con attacchi dall'alto, bombardamenti con artiglieria e razzi e rastrellamenti con blindati coperti da cecchini piazzati nei punti strategici. Impossibile, con questi mezzi, condurre due campagne in contemporanea. Prima bisognava «bonificare» Damasco. Sabato anche l'ultimo sobborgo della capitale, Tamadun, è stato dichiarato «sicuro».
Damasco, però, così sicura non è. La «qatiba», le brigate rivoluzionarie, si sono frammentate in gruppetti di 20-30 combattenti. Si nascondono nelle case dei simpatizzanti. Colpiscono di notte con agguati e bombe, come hanno fatto sabato nel centro moderno della città . E di sicuro sono appoggiate da cellule di jihadisti. Molti provenienti dall'Europa, come ha confermato ieri il giornalista inglese John Cantlie, rapito a luglio da un gruppo «composto da almeno 15 britannici».
Gli islamisti in armi vengono valutati in 4-5 mila dall'Intelligence occidentali. E stanno facendo crescere l'allarme in Israele. Il Mossad stima che «migliaia di combattenti di Al Qaeda provenienti da Iraq, Giordania, Yemen e Arabia Saudita» si stiano allineando ai rivoluzionari. Con finalità non sempre coincidenti. Il timore, riferisce il quotidiano Haaretz è che possano «compiere attentati sui confini di Israele» per indurla a intervenire in Siria. La spallata finale a Bashar al Assad ma anche l'inizio del caos dal Mediterraneo al Golfo Persico.
Il rapimento di 48 iraniani sulla strada per l'aeroporto di Damasco, sabato, conferma i timori. L'Esercito di liberazione siriano ha rivendicato il sequestro e mostrato ieri immagini dei rapiti, in un video diffuso da Al Arabiya. «Alcuni hanno confessato di essere pasdaran», dicono i miliziani. L'Iran ribatte che i 48 sono pellegrini, in visita al santuario di Sayyida Zaynab, il mausoleo dedicato alla figlia del primo imam sciita Ali Talib, e si è appellato a Turchia e Qatar perché lo aiutino a mediare con i ribelli.
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