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Ugo Bertone per "Libero Quotidiano"
Michel Sapin, neo ministro francese delle Finanze, non ha perso tempo. Senza nemmeno attendere la nomina di Pierre Moscovici a commissario gli affari economici e monetari dell’Ue, infatti, il responsabile dei conti pubblici di Parigi ha fatto sapere che anche l’anno prossimo la Francia resterà ben al di sopra del tetto del 3% nel rapporto deficit/pil.
Anzi, tanto per non sbagliare, Sapin ha fatto sapere che non se ne parla prima del 2017. Le sue parole, come è ovvio, hanno suscitato forti reazioni a Bruxelles. Come al solito, anzi di più, perché toni così irriguardosi finora erano stati riservati alla cosiddetta «periferia» d’Europa, a partire dall’Italia che pure si sforza in ogni modo di rispettare le regole di Maastricht.
E non è difficile prevedere che nelle prossime settimane (e non solo) ci saranno continue frizioni tra Moscovici e il suo «superiore», il vicepresidente finlandese della Commissione, il finlandese Jrky Katainen, uno dei campioni del rigore alla tedesca che potrà contare su una squadra di alleati nei posti chiave della guida economica di Bruxelles. A indebolire il ruolo della Francia, poi, contribuisce una nomina di grande rilievo: l’arrivo di tal Lord Hill, conservatore british al posto che fu di Jean Claude Barnier alla guida del settore dei servizi finanziari, quella che più preme alla City che ha sempre guardato con grande ostilità alle iniziative francesi e tedesche per limitare la libertà di azione della grande finanza.
Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A CAFA DC x
Pur di garantirsi la neutralità o l’appoggio della Gran Bretagna nelle partite che le stanno più a cuore, insomma, frau Merkel (la vera regista dell’operazione) ha offerto a Londra un pegno di grande rilievo politico contraddicendo molte sue prese di posizione in passato.
Del resto, a suo tempo, la Cancelliera impose a Mario Monti di votare a favore della Tobin tax che poi ben si guardò dall’applicare in Germania. Ma, al di là delle schermaglie diplomatiche e politiche in corso a Bruxelles, c’è un dato di fatto che non si può ignorare: la Francia ha mandato in soffitta il parametro del rapporto deficit/pil in attesa di sfondare, cosa che avverrà entro il 2015, il tetto del 100% nel rapporto debito/pil.
Non è, salvo nascondersi dietro indicazioni ipocrite, uno sfondamento temporaneo, bensì una scelta deliberata di uno dei Paesi chiave dell’Ue. Con buoni argomenti: non a caso in questi giorni il Fondo Monetario, ove l’influenza francese è ben presente, sta diffondendo studi in cui si dimostra che l’uscita dalla crisi europea è possibile solo con un radicale cambio di rotta della politica fiscale.
Si può rientrare nei parametri di Maastricht ma solo quando lo consentirà la ripresa, possibile solo con una politica più espansiva. Niente di particolarmente nuovo, salvo che Bruxelles, inflessibile quando si tratta di punire Grecia o Portogallo sembra assai più timida, se non rassegnata, nei confronti di Parigi. Come dichiara a Le Monde un alto funzionario francese il problema è di etichetta, non di sostanza. «Non è nemmeno ipotizzabile - dice- che ci possano rifiutare un nuovo rinvio. Ma il problema è di trovare una formula per rendere l’operazione accettabile per i più ortodossi».
IL PRIMO MINISTRO FINLANDESE JYRKI KATAINEN
Facile che gli eurocrati riusciranno ad indorare l’ennesima pillola. Ovvero, nei fatti, a tollerare l’exception française, giustificata dalla forza politica (vedi presenza nel consiglio permanente dell’Onu) e militare transalpina. Meglio concedere un’esenzione a Parigi che mettere in discussione i dogmi che servono a tener sotto pressione gli italiani che, chissà perché, un po’ mugugnano, poi chinano il capo.
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