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Mario Giordano per "Libero Quotidiano"
Siccome l'Italia deve risparmiare, l’Europa le ordina di assumere 250mila precari della scuola. Perfetto, no? È come se un medico dicesse al paziente: lei deve dimagrire, stasera si mangi due pastasciutte all’amatriciana, un carrello di bolliti e un vassoio di bigné. Lo prenderebbero per pazzo. Lo internerebbero subito. Invece no: l’Europa la prendiamo ancora sul serio. Da una parte ci facciamo bacchettare perché non tagliamo abbastanza le spese pazze, dall’altra ci facciamo ordinare di fare altre spese pazze.
Cornuti e mazziati, mazziati e cornuti. È una follia totale che anche un bambino dell’asilo riuscirebbe a capire. Forse anche un orango del Borneo. O un babbuino della Guinea. I cervelli d’Europa invece no. Ed è per quello che noi obbediamo pedissequamente a ogni loro insensato diktat. Conosco già l’obiezione: i precari non sono un problema dell’Europa. La bomba è stata confezionata in Italia. Certo: la bomba è stata confezionata in Italia. Ma adesso in Europa la fanno esplodere. Boom.
Disintegrati, c’est plus facile. La sentenza della Corte Ue è micidiale perché la nuova infornata di statali, che si vanno ad aggiungere ai già abbondanti 3 milioni e mezzo di pubblici travet, non potrà che essere pagata con un ulteriore aggravio di tasse. È quello che ci vuole per risollevare l’economia, no?
matteo renzi pier carlo padoan
Allora: la colpa dei precari non sarà dell'Europa, ma è forse mia? O tua caro lettore? O dell’edicolante che ti ha venduto il giornale? E allora perché dobbiamo pagarla noi? Eppure le cose stanno proprio così: siccome generazioni di politici hanno sbagliato a creare questa piaga dei precari nella scuola, siccome generazioni di politici (in combutta con i sindacalisti) non hanno fatto mai nulla per risolverla, adesso arriva il conto finale. A noi.
Lo dice l’Europa. Benedetta Europa. Poi dicono che bisogna amarla. Come si fa? È un po’ come dire ai capretti che devono voler bene alla Santa Pasqua. Conosco già anche la seconda obiezione: l’immissione di precari non è poi un male, la scuola ha bisogno di forze nuove, qualificate, anche Renzi in fondo aveva parlato di 148mila nuove assunzioni. Ora cominciamo dall’ultima osservazione: se Renzi dice fesserie (gli capita sempre più spesso, ahinoi) perché l’Europa gli deve andare subito dietro? Avevamo contestato a settembre, e con forza, l’idea delle 148mila nuove assunzioni nella scuola, perché è un’aberrazione.
Ma in fondo dormivamo tra due guanciali: trattandosi di annuncio del premier, fino a oggi la probabilità che si realizzasse erano più o meno come quelle che il Pinerolo Football Club vinca la Champion League. Non ne ha mai mantenuta una, di promessa, volete che mantenesse proprio quella? Purtroppo invece l’ordine della Corte europea è perentorio: assumere o risarcire. Di lì non si scappa.
Sul grado di forze nuove e qualificate da immettere in ruolo, poi, vi invito a riflettere partendo da un articolo pubblicato ieri pomeriggio da Repubblica.it, organo d’informazione per altro sempre piuttosto indulgente verso il pubblico impiego e le sue storture. Ebbene, secondo quando riportato, l’assunzione dei precari nelle liste provinciali porterebbe in cattedra una pletora di persone non solo poco qualificate ma addirittura che non hanno mai insegnato. Nemmeno un’ora.
Nemmeno per sbaglio. Proprio così. L’articolo fa anche esempi concreti: la precaria di Napoli M.V., 60 anni, insegnante di italiano che non ha mai insegnato italiano; la precaria di Napoli E.A., 62 anni, insegnante di inglese che non ha mai insegnato inglese; la precaria di Palermo M.C.S. addirittura 65 anni, insegnante di storia dell’arte che non ha mai insegnato storia dell'arte... Non sono pochi casi: si parla di 30-40mila docenti che sono entrati in graduatoria passando un concorso, magari 25 anni fa, e che però non hanno mai fatto lezione.
Hanno mantenuto il posto, senza insegnare. Eccole qui le forze nuove che entreranno in massa nella nostra scuola. Forse per abbatterla definitivamente. E meno male che tutti ci dicono che non si esce dalle secche della crisi se non si passa per la riforma dell’istruzione, che la formazione è importante, e blablabla. Ma come si fa a riformare la scuola con la precaria 65enne che non ha mai insegnato nella sua vita e si vede ora proiettata in cattedra all’età della pensione?
O con la 60enne di Napoli che probabilmente confonde Dante con l’olio d'oliva e pensa che Pavese sia una zona del nord Italia dove si mangiano molti pavesini? Come si fa a ridare slancio alla scuola con un’altra infornata di precari storici, sopravvissuti alla selezione al contrario (cioè gli unici che non hanno trovato un altro lavoro, nel frattempo), che arrivano al traguardo della cattedra ormai stanchi, sfibrati, delusi?
Come si fa a non capire (quante volte l’abbiamo detto e scritto) che il problema della scuola non è avere più insegnanti, ma pagare meglio e motivare quelli bravi che ci sono (e magari cacciare i fannulloni e gli incapaci)? Come si fa a non capire che trasformare la scuola in un ammortizzatore sociale, usandola nell’interesse degli adulti e non in quello dei ragazzi, è stato il peccato mortale che ha devastato intere generazioni?
E che se continuiamo sulla stessa strada ne pagheremo le conseguenze per altri decenni? Non vorrei ritornare all'orango e al babbuino. In fondo per capirlo basterebbe avere un ministro dell’istruzione capace di mettere a nudo i problemi, anziché le tette. Un premier che pensi al futuro del Paese e non soltanto al suo futuro consenso clientelare. E un’Europa che la smetta di consigliarci, per il nostro bene, le ricette del perfetto suicidio.
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