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di Marco Travaglio per Il Fatto
Marzio Breda del Corriere, decano dei quirinalisti, descrive un Napolitano sull'orlo di una crisi di nervi: "Mesi d'inferno e non poter fare nulla per uscirne", "mani legate", "prigioniero di un frustrante senso d'impotenza", "molto turbato" perché "è scontato non aspettarsi puntualizzazioni o smentite del Quirinale che non può scendere sul piano del battibecco con chi lo insulta" (invece ieri ha puntualizzato ed è sceso eccome).
E perché "l'ordinamento non prevede misure o provvedimenti con valore imperativo" per "fermare questa deriva da cui rischia di uscire ferito lui stesso, oltre che lesionato il prestigio dell'istituzione". Per fortuna, almeno formalmente, l'Italia è ancora una democrazia e non si può vietare ai giornali di fare domande. Nemmeno le più urticanti, come quella sul presunto "ricatto al Presidente" descritto da Panorama (ma pure da Ingroia, che però lo attribuisce a Panorama).
Siccome i ricatti si nutrono di notizie compromettenti che pochissimi conoscono, il Fatto aveva suggerito al Colle di disinnescarli subito divulgando il contenuto delle telefonate con Mancino e attivandosi con i legali di quest'ultimo o con l'Avvocatura dello Stato per farne pubblicare i testi (altro che "impotenza" e "mani legate"). Invece Napolitano ha fatto, legittimamente ma temerariamente, l'opposto: ha chiesto che fossero distrutte e, siccome la Procura non poteva (se non violando la legge), le ha scatenato il conflitto di attribuzioni.
Ora la bomba, lasciata lì a ticchettare per due mesi, è esplosa. Delle due l'una: o è vero o è falso che Napolitano si abbandonò con Mancino a pesanti apprezzamenti sui pm di Palermo, Di Pietro e Berlusconi. Se è vero, 1) Panorama ha una fonte che conosce il contenuto delle telefonate (Mancino o un suo amico? Napolitano o un suo amico? Un pm? Un poliziotto?); 2) Panorama ha, peraltro doverosamente, violato il segreto e verrà perseguito per questo; 3) Napolitano parlava da privato cittadino (intercettabile anche direttamente) e non "nell'esercizio delle sue funzioni" presidenziali (intercettabile solo indirettamente).
Cioè fuori dall'irresponsabilità prevista dall'art. 90 della Costituzione, quindi, a maggior ragione, il conflitto di attribuzioni che a quell'articolo si richiama è infondato. Se invece le indiscrezioni sono false, 1) Panorama non ha violato segreti; 2) potrebbe aver diffamato il Capo dello Stato, sempreché l'interessato quereli; 3) quanto alle prerogative del Presidente, siamo punto e a capo: senza conoscere il vero contenuto delle telefonate, nessuno può dire se rientrino o meno nelle funzioni presidenziali, e comunque ciò è molto improbabile, visto che Mancino è un privato cittadino.
Sapremo mai se Panorama scrive il vero o il falso? I pm non possono dirlo, altrimenti violerebbero il segreto. E, se indagassero sulla fuga di notizie, confermerebbero che le notizie fuggite sono vere; e i pm e il giornalista di Panorama dovrebbero chiedere l'acquisizione delle telefonate del Presidente, per verificare se davvero corrispondano a quanto pubblicato.
I soli che possono svelare l'arcano sono gl'interlocutori delle telefonate, Napolitano e Mancino, ma se ne guardano bene. Anzi ieri hanno reagito in modo opposto, aggiungendo mistero a mistero e sospetto a sospetto. Napolitano parla di "autentici falsi", smentendo Panorama, ma senza rivelare cosa disse. Invece Mancino - che, ospite di Mentana, sostenne di non ricordare le parole di Napolitano - pare ritrovare la memoria: lamenta "la violazione del segreto sugli atti" e così conferma implicitamente la versione di Panorama.
A questo punto il Presidente ha ben ragione a sentirsi in trappola. Purtroppo se l'è fabbricata con le sue mani: prima accettando di intervenire nelle indagini di Palermo su pressione di Mancino, poi attivandosi per coprire le tracce. à la trappola peggiore, quella degli incaprettati: si dibattono per liberarsi del cappio, ma non fanno che stringerselo vieppiù intorno al collo. Anzi, al Colle.
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