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Luca Fazzo per "Il Giornale"
Anche questa è una eccellenza milanese: una eccellenza di cui si parla poco, che non fa pubblicità , i cui inventori non vanno in copertina. Via Moscova 13, a un tiro di sasso dalla caserma dei carabinieri.
Tre targhe sul portone dicono che qui c'è la sede della Hacking Team: laboratorio e headquarter, quartier generale. Non rispondono al citofono. Un tipo con la faccia da secchione informatico sbuca dal portone e ci si può infilare dentro. Ma più in là non si va. Alla reception, graziosa e ferrea, la ragazza spiega che senza appuntamento, qui, non parla con nessuno.
E in fondo è giusto così.
Qui, più che parlare, ascoltano. Anzi, insegnano al mondo ad ascoltare. Anche all'Fbi. Ieri mattina il Wall Street Journal rivela all'America e al mondo che l'Fbi ha imparato a trasformare gli smartphone di chiunque in uno spione ambulante, in grado di seguire il proprietario passo per passo, sapere con chi si incontra, cosa dice, a chi telefona, che siti naviga. Tutto. Per adesso solo per i sistemi Android. Presto, si immagina, per gli altri.
E tra chi ha accompagnato i «federali» verso questa nuova frontiera del Grande Orecchio ci sono loro, gli ex ragazzi di Hacking Team: Valeriano Bedeschi e David Vincenzetti, ex smanettoni usciti dalla scuola del Politecnico, che dal sito della ditta spiegano senza fronzoli la loro missione: «Combattere il crimine può essere facile. Noi forniamo tecnologia offensiva efficiente e semplice da usare alle forze di polizia e alle strutture di intelligence di tutto il mondo».
Di genietti del computer ormai ce ne sono in circolazione fin troppi. Ma questi due sono svegli anche a fare affari. La loro prima creatura, nata alla fine degli anni Novanta, l'hanno venduta a Pierluigi Crudele, il finanziere bresciano travolto di lì a poco dal crollo di Finmatica. Vincenzetti e Bedeschi invece di scialacquare l'incasso lo hanno investito: sono andati in America, hanno studiato e allacciato rapporti.
E quando sono tornati hanno creato Hacking Team. All'inizio hanno lavorato soprattutto per le grandi aziende, ripulendone i sistemi informatici e mettendoli al riparo dalle incursioni. Poi hanno fatto il salto di qualità , e sono passati a lavorare per i governi. Hanno creato un software che rivendica fin dal nome la sua origine italiana: «Da Vinci». à un'arma elettronica dalle potenzialità quasi illimitate.
In un'intervista al Guardian nel novembre 2011 Vincenzetti spiegò che il Da Vinci era già stato venduto a trenta governi al prezzo rispettabile di mezzo milione di sterline per esemplare. E alle accuse di avere fornito il software anche a governi totalitari, come quelli dei paesi arabi impegnati a reprimere le opposizioni, aveva replicato che «i nostri investitori hanno creato un comitato che monitora lo stato dei paesi dove operiamo e tiene conto delle risoluzioni di Onu e Amnesty International». Speremm.
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