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Salvatore Merlo per "Il Foglio"
Tenere distinti i destini del governo da quelli dei partiti bisticcianti, Pd e Pdl. L'assedio giudiziario al Cavaliere da una parte, il decreto sull'Imu dall'altra. Enrico Letta e Angelino Alfano, presidente e vicepresidente del Consiglio, polo nord e polo sud del governo delle larghe intese, si muovono insieme più di quanto non sembri.
I due quarantenni sono d'accordo sui fondamentali e, nel chiuso della abbazia dalla quale sono emersi ieri pomeriggio, malgrado l'inciampo dalle sfumature naïf della prima conferenza stampa affidata ai portavoce, hanno siglato un accordo tra gentiluomini.
Qualcuno la chiama solidarietà generazionale, altri lavorano di fantasia e nell'ombra credono di riconoscere chissà quale patto occulto tra due uomini che si sentono predestinati, l'uno ancora sottoposto al padrinato di Silvio Berlusconi, l'altro consegnato alla competizione con Matteo Renzi.
"Il governo è una cosa, i partiti un'altra. Alfano e Letta sono d'accordo su tutto, il governo delle larghe intese sta al di sopra della contesa politica. Qualsiasi cosa accada", dice al Foglio un ministro di area montiana che allude evidentemente ai guai giudiziari del Cavaliere ma pure all'intenso tramestìo che attraversa quel Partito democratico all'interno del quale Renzi, sempre di più, si candida a guidare una strana sinistra interna perché, come dice il sindaco di Firenze, "per non cercare i voti del Pdl è finita che, del Pdl, ci siamo presi i ministri. E non credo che la cosa ci convenga".
Letta e Alfano, dunque, forse condividono interessi che vanno persino un po' al di là del solo destino di questo governo. Tanto che, domenica, come due soci consumati, hanno fatto ammuina sulla manifestazione di Brescia, e con la complicità di Maurizio Lupi, e degli altri ministri, hanno messo su una sceneggiatura quasi perfetta, una baruffa recitata a fronte telecamera, a uso dei giornaloni, con Letta arrabbiato ma in realtà d'accordo con il gemello Alfano.
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