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Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Scoppia la fronda conservatrice a Facebook, proprio mentre il presidente Trump accusa i social media di censurare i suoi sostenitori, e il figlio Don junior prospetta la possibilità di creare un social alternativo per dare voce a queste opinioni.
Martedì scorso il New York Times ha pubblicato un post inviato a tutti i colleghi da Brian Amerige, un ingegnere senior della compagnia fondata da Mark Zuckerberg, intitolato: «We Have a Problem With Political Diversity» («Abbiamo un problema con il pluralismo»).
Il testo in sostanza accusa Facebook di discriminare i conservatori: «Noi siamo una monocultura politica, che è intollerante verso i punti di vista differenti. Sosteniamo di accettare tutte le prospettive, ma siamo molto veloci ad attaccare - spesso aggredire - chiunque presenti una opinione che appare in opposizione all' ideologia di sinistra».
Amerige continua accusando i colleghi di etichettare i dissidenti, intimidendo chi ha idee conservatrici: «Tutti sanno che la pretesa di "apertura verso le prospettive differenti" non si applica alle cause di giustizia sociale, immigrazione, diversità, ed eguaglianza.
Su questi temi, o stai zitto, oppure sacrifichi la tua reputazione e la tua carriera». Quindi seguono alcuni esempi, come le pressioni per escludere il sostenitore di Trump Peter Thiel dal consiglio di amministrazione, o l' allontanamento del fondatore di Oculus Palmer Luckey, accusato di aver finanziato spot contro Hillary Clinton.
Amerige scrive che questo atteggiamento non è accettabile «non solo per la nostra cultura interna, ma per la nostra sostenibilità come compagnia». Perché il mondo si aspetta da Facebook di essere una piattaforma imparziale, ma il Congresso, il presidente, e peggio ancora il pubblico «fuori dalle nostre mura» comincia a dubitarne.
L' autore del post conclude dicendo che non sa come risolvere il problema, ma ritiene sia utile parlarne apertamente. Perciò ha creato un gruppo chiamato «FB' ers for Political Diversity» («Utenti Fb per il pluralismo»), in cui è possibile discutere ogni idea, a condizione di non lanciare mai attacchi personali.
Al momento il gruppo ha attirato circa 100 membri, che sono una goccia rispetto agli oltre 25.000 dipendenti di Menlo Park, però ha sollevato un problema cruciale in un momento molto difficile. Due giorni fa, infatti, Trump ha accusato Facebook, Google e Twitter di censurare le opinioni dei conservatori, e ieri suo figlio Don junior ha detto al sito Axios che il padre potrebbe favorire la creazione di un social media alternativo per dare voce ai suoi sostenitori.
Don vorrebbe che qualche conservatore della Silicon Valley lo costruisse, e poi lui lo appoggerebbe, perché potrebbe diventare la piattaforma da cui lanciare la campagna presidenziale del 2020. Considerando che Trump su Twitter ha oltre 54 milioni di seguaci, se solo riuscisse a trasferirli tutti sul nuovo social gli garantirebbe la sopravvivenza. Diventerebbe la Fox tv della comunicazione digitale, in altre parole.
UDIENZA DI ZUCKERBERG AL SENATO
Il problema è serio per vari motivi. Il primo è che mercoledì al Congresso è in programma proprio l' audizione di alcuni colossi digitali, incluso Facebook che sarà rappresentato da Sheryl Sandberg, per discutere l' influenza sulle elezioni.
Zuckerberg ha sempre sostenuto che la sua piattaforma vuole restare uno strumento neutrale per dare voce a tutti, ma il caso delle interferenze russe lo ha costretto a bloccare decine di utenti: Trump forse la considera censura dei suoi sostenitori, ma per l' intelligence Usa era una misura necessaria a contrastare l' aggressione di una potenza straniera ostile.
La valanga della fake news, poi, pone anche il problema etico di vietare le notizie false, che possono avere effetti pericolosi non solo per la politica. Infine sarà anche vero che a Menlo Park prevale la cultura progressista, ma ciò avviene anche perché l' apertura mentale e la diversità etnica sono state chiavi essenziali del suo successo. Un rompicapo difficile da risolvere, conciliandolo naturalmente con l' obbligo di dare voce a tutte le opinioni.
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