AFFAN-KIEV! - QUEL PEZZO DI PUTIN DI YANUKOVICH, MESSO ALLE STRETTE DAL SUO POPOLO, PROVA A RICATTARE L’EUROPA: “FIRMIAMO L’ACCORDO, SE L’UE CI DÀ 20 MILIARDI”

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Fabrizio Dragosei per "Il Corriere della Sera"

Dopo una notte che aveva fatto temere il peggio, l'Ucraina sembra aver imboccato la strada delle trattative per cercare di rimettere in piedi l'intesa con l'Unione Europea fortemente voluta dai manifestanti che occupano permanentemente il centro di Kiev. Il presidente Viktor Yanukovich che era stato tentato dal ricorso al pugno di ferro ha ieri affermato che non ci sarà alcun uso della forza contro dimostrazioni pacifiche e ha invitato l'opposizione a non porre ultimatum.

Queste infatti chiedono le dimissioni del governo e la liberazione di tutti gli arrestati come condizione per sedersi al tavolo del dialogo. Le diplomazie e i responsabili degli organismi finanziari internazionali sono intanto al lavoro per trovare una via d'uscita «tecnica», assieme alla rappresentante europea Catherine Ashton e alla vice segretario di Stato americana Victoria Nuland.

Il problema principale è che l'Ucraina è in una crisi economica profonda e in tutti questi anni non ha fatto nulla per ridurre i suoi consumi energetici e smarcarsi così dalla Russia che le fornisce il gas.

Il primo ministro Mykola Azarov ha sparato ieri la cifra di 20 miliardi di euro che sarebbero necessari al Paese per ammodernare le sue industrie. L'Europa ha offerto assistenza molto più limitata, ma ha sempre sostenuto che l'accordo di associazione porterebbe investimenti e benefici di vario tipo, in grado di compensare le perdite. In ogni caso, però, il Paese dovrebbe fare la sua parte, come chiede anche il Fondo Monetario Internazionale.

I tentativi delle forze anti-sommossa di sgombrare le vie della capitale sembravano dover scatenare un bagno di sangue. Poi la situazione si è tranquillizzata, anche grazie alle pressioni internazionali. Ieri sera il Dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere che sono al vaglio tutte le opzioni politiche, sanzioni comprese, se l'Ucraina non rispetterà il diritto di protesta.

Intanto l'Ue è in contatto con le varie organizzazioni finanziarie per fare il punto sui possibili aiuti: l'Fmi ma anche la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti e quella per lo Sviluppo e la Ricostruzione. Non si tratta di mettere assieme un pacchetto da 20 miliardi di euro ma di offrire al governo ucraino un ventaglio di misure per far partire altri investimenti.

Nessuno in Ucraina muore dalla voglia di entrare nell'unione commerciale con la Russia, nemmeno Yanukovich. Ma allo stesso modo nessun politico a Kiev ha finora affrontato la questione della ristrutturazione dell'industria ucraina e della riduzione dei consumi energetici. Il gas che arriva dalla Russia a caro prezzo viene poi ceduto agli utenti domestici e alle industrie a prezzi politici. E questo nessun Paese se lo può permettere, tantomeno l'Ucraina. Certo, se si andasse all'accordo con Mosca con una riduzione del 50% del prezzo del metano, tutto sarebbe più semplice nell'immediato. Ma in ogni caso non ci sarebbero ristrutturazioni industriali e il Paese finirebbe per dipendere sempre di più dal potente vicino.

 

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