RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Chiara Sarra per il Giornale
"Voglio andare avanti, non tornare indietro". Mentre prosegue la "tregua armata" tra gli alleati di governo, Matteo Salvini lancia il suo ultimatum ai 5 Stelle.
"Non accetterò più di stare al governo con chi dice no a tutto, dall'autonomia alle strade. Abbiamo bisogno di sì dalla Franciacorta al sud", ha spiegato il ministro dell'Interno dal palco della festa della Lega di Adro (Brescia), "Voglio andare avanti, non tornare indietro - ha proseguito Salvini - Non abbiamo bisogno della decrescita felice. Penso alla scelta fatta sul nucleare: oggi tornerei indietro...".
Il vicepremier leghista ha ribadito di essere pronto a lasciare la poltrona: "Vengo da 36 ore in cui mi sono ossigenato il cervello rimanendo con i miei figli", ha detto, "Qualunque scelta prenderò nei prossimi giorni la prenderò per i miei figli e per il futuro degli italiani. Senza pensare a poltrone o ministeri. Agli alleati dico o si va avanti o non si prosegue".
In particolare Salvini ha parlato dell'autonomia: "Saranno quelli del Sud a beneficiare dell'autonomia. Io lo voglio unire questo Paese", ha detto, "Siamo forti perchè siamo diversi. All'estero non lo capiscono. I campanili ci hanno fatto grandi. Ieri mi hanno beccato con la maglietta del Brescia il numero 23 di Morosini e vado orgoglioso della diversità e della voglia di competitività. Il federalismo è l'unico modo di aiutare e governare il nostro Paese. Non possiamo appiattire tutto. Abbiamo il dovere di difendere la diversità".
E sulla manovra economica e l'incontro che ha irritato Di Maio e i suoi ha ribadito: "Vogliamo coraggio. O la facciamo insieme o la Lega la farà da sola".
«ABBIAMO ASPETTATO ANCHE TROPPO» SALVINI TENTATO, AL VOTO DA SOLO
Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
Nello scontro violentissimo tra i governatori leghisti e il premier Conte, Matteo Salvini non ci vuole mettere bocca. Per evitare di essere coinvolto in una tenzone pericolosa per il governo o per far fare il lavoro sporco ai presidenti di Regione? Comunque sia, il tempo del redde rationem si avvicina e la Lega è pronta a tutto. C' è una pressione fortissima da parte dei dirigenti locali per tornare al voto, ma c' è stato anche un confronto vivacissimo, per usare un eufemismo, tra Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini, sullo stesso tema.
Il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, si sa, è favorevole a staccare la spina. Ma è passato da un atteggiamento passivo, di indolenza istituzionale, a uno più bellicoso. Giorgetti ha affrontato di petto Salvini e gli ha chiesto esplicitamente di darci un taglio. Il vicepremier tergiversa. Non che sia del tutto contrario. Preferirebbe resistere e andare al voto nell' aprile del 2020. Se non riuscisse a portare a casa la flat tax, quello sarebbe il pretesto migliore per rompere tutto. Però la pazienza sta finendo, come ha spiegato ieri sera dal palco di Adro, durissimo: «Abbiamo aspettato anche troppo.
Chi in Europa sta con Macron e Merkel in Italia non può stare con la Lega. Noi stiamo con gli italiani». E ancora: «Qualunque scelta prenderò nei prossimi giorni la prenderò per i miei figli e per il futuro degli italiani. Senza pensare a poltrone o ministeri. Non accetterò più di stare al governo con chi dice no a tutto, dall' autonomia alle strade.
Non abbiamo bisogno della decrescita felice. Penso alla scelta fatta sul nucleare: oggi tornerei indietro».
Quanto all' autonomia, dice: «Agli alleati dico o si va avanti o non si prosegue».
Minacce anche sulla manovra economica: «Vogliamo coraggio. O la facciamo insieme o la Lega la farà da sola». E ancora: «O arrivano tanti sì o non abbiamo tempo da perdere. Non siamo attaccati alle poltrone».
Il ritorno all' ovile del centrodestra non lo entusiasma, anzi viene del tutto escluso al momento. E l' idea di ritrovarsi in una qualunque altra coalizione, figuriamoci con i 5 Stelle, è vista come un fastidio, perché come spiegano in diversi leghisti, gli alleati sono sempre stati una palla al piede che impedisce alla Lega di raggiungere gli obiettivi identitari, a cominciare dall' autonomia.
A far muovere le lancette nella direzione di una crisi ci sono i sondaggi. L' ultimo, pubblicato dal Corriere della Sera , dà la Lega al 36 per cento. La vicenda dei rubli non ha avuto alcun effetto.
CONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA
Anzi, ha fatto crescere Salvini. Ma non è tutto. Perché da sondaggi interni e analisi fatte fare ad hoc , risulta che il partito di Salvini, se si andasse al voto ora, potrebbe spiccare il salto e arrivare a sfiorare il 40 per cento. «Andiamo a governare finalmente da soli», gongola un dirigente vicino a Salvini.
Scenario tutto da verificare. Ma la tentazione è forte.
Quel che è certo è che Salvini, se la crisi precipitasse e si andasse a votare, farebbe una campagna elettorale in splendida solitudine. Sparando contro il Pd «di Bibbiano», ma anche contro i 5 Stelle. Non solo. La Lega farebbe saltare la riduzione dei parlamentari, accontentando così deputati e senatori uscenti, tutti rieletti o quasi.
Sullo sfondo di tutto, resta il Russiagate. È vero che per ora non ha avuto effetti concreti. Ma la questione è tutt' altro che chiusa e lo showdown di mercoledì, al Senato, non sarà indolore.
Resta da capire se il passo successivo sarà la rottura o no. Il più tranquillo sul tema, tra i 5 Stelle, è il sottosegretario Stefano Buffagni, che da giorni va ripetendo ai colleghi: «I leghisti abbaiano ma non mordono».
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