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Federico Rampini per "la Repubblica"
«La rabbia era il suo sentimento preferito. Ha voluto andarsene da questo mondo puntando il dito medio alzato contro tutti». L'ultimo sberleffo, Gore Vidal l'ha voluto riservare ai suoi familiari. Diseredando i parenti, che si sono visti negare un patrimonio valutato a 37 milioni di dollari, più tutti i diritti d'autore prossimi venturi.
Una fonte di reddito non trascurabile: il grande scrittore americano, scomparso nel luglio 2012 all'età di 86 anni, ha prodotto 25 romanzi, 14 opere teatrali, 26 saggi, alcuni dei quali continuano ad essere dei "long-seller". Ma adesso sull'eredità Vidal scoppia una battaglia, rivela il New York Times, in un lungo reportage dove osserva come «lui stesso, che amava lo scontro, si divertirebbe a osservare quel che accade attorno al suo testamento».
La beffa finale di Vidal, un anticonformista che passò la sua vita a contestare l'establishment e la politica americana, è contenuta nelle sue ultime volontà . L'autore decise di correggere il testamento un anno prima della morte, nel 2011. Lasciando tutto all'università di Harvard. Scelta tutt'altro che rara negli Stati Uniti, dove molti benestanti sono generosi di lasciti con la propria alma mater, l'università dove hanno preso laurea o dottorato.
Ma il particolare sconcertante nel caso di Vidal, è che lui non si laureò a
Harvard. Non si laureò affatto. Quella lacuna nella propria biografia lo tormentava: anche quando era ormai un autore di successo e un intellettuale pubblico, il fatto di non essersi laureato era per lui una macchia e un cruccio. Inoltre è curioso che abbia voluto essere così generoso con una università che lui aveva più volte criticato, considerandola un bastione del conformismo accademico e troppo "allineata" con gli interessi dell'establishment americano.
Un editor di Vanity Fair che lavorò a lungo al suo fianco, ha ricordato al New York Times che Vidal fu pieno di queste contraddizioni: «Iconoclasta, progressista radicale, scatenato contro l'establishment, però pronto a vantarsi di frequentare la principessa Margaret al castello reale dei Windsor». I suoi eccessi da dandy patrizio di estrema sinistra ne avevano fatto un personaggio delle cronache mondane anche in Italia, dove per molti anni visse nella sua villa La Rondinaia a Ravello.
Ma di fronte all'ultima stravaganza alcuni familiari si sono ribellati. Il testamento è stato impugnato davanti al tribunale di Los Angeles, dove la prossima udienza è fissata per il 22 novembre (curiosa coincidenza: nel 50esimo anniversario dell'assassinio di John Kennedy, personaggio a cui Vidal consacrò una delle sue sceneggiature teatrali più celebri, The Best Man).
La tesi dei legali dei familiari: Vidal era incapace di intendere e di volere quando rifece il testamento. Suo nipote Burr Steers, anche lui scrittore, sceneggiatore e regista cinematografico, descrive gli ultimi anni di vita di Vidal come una discesa agli inferi, un declino spaventoso tra alcolismo e demenza senile. La sua droga si chiamava Macallan 12, lo scotch di puro malto che preferiva: «Quando finiva di lavorare, cominciava a bere in quantità epiche, fino a crollare nell'incoscienza».
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