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matteo renzi pier carlo padoan
Il giorno dopo la manovra da 36 miliardi, l’umore di Pier Carlo Padoan è nero come dopo l’ultimo Juve-Roma. E stiamo parlando di un grandissimo tifoso giallorosso. Il ministro dell’Economia, nella conferenza stampa di ieri sera, si è limitato a dare le risposte più tecniche su precisa indicazione del premier Renzi, ma sembrava che passasse di lì per caso.
matteo renzi pier carlo padoan
Del resto, raramente un ministro del Tesoro ha messo così poco di suo in una manovra finanziaria. Padoan è stato in Lussemburgo fino a martedì sera mentre Renzi annunciava a sorpresa agli industriali lombardi il taglio dell’Irap e, dicono, il ministro del Tesoro lo apprendeva dalle agenzie di stampa. Gran parte del lavoro è stato fatto a Palazzo Chigi con la collaborazione di una parte della Ragioneria generale dello Stato. E il risultato pare che non sia piaciuto affatto a Padoan.
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In particolare, il timore del ministro voluto dal Quirinale – finora stranamente silente – è che sul fronte delle coperture si sia corso qualche rischio di troppo. Quei 15 miliardi di Spending review, visti da via XX Settembre, sono un’enormità e a più di un tecnico del Tesoro sembrano addirittura il triplo di quanto è realisticamente possibile tagliare. Se i conti poi non dovessero tornare, con cifre del genere, si rischierebbe di sforare sul fatidico 3%, con tutto quel che ne consegue.
Ma Padoan è descritto come molto “tiepido” anche su altri fronti della manovra. Non sarebbe convinto degli interventi sulle assunzioni da defiscalizzare e non vede di buon occhio, anche se è a costo zero, la trovata del Tfr in busta paga.
Nel complesso, al Tesoro il sospetto è che sia una manovra molto “generosa”. Che tradotto fuori da ogni cautela significa: ottima per chi deve andare a elezioni in primavera
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