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Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
Anche quando responsabili politici e funzionari europei lasciano Bruxelles per trascorrere le vacanze nel proprio Paese, alcuni cellulari restano accesi. E così chi lavora a stretto contatto con Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione, spiega come viene giudicata la nuova offensiva europea di Matteo Renzi.
«Certo, anche se il premier italiano ultimamente è molto aggressivo - spiegano diversi funzionari Ue di rango - sappiamo che non ha dimenticato che su diversi dossier, ad esempio le banche, ha bisogno dell’Europa e per questo l’approccio di Juncker resta lo stesso: lavoriamo insieme ma non ci lasciamo innervosire o influenzare nel nostro ruolo di guardiano imparziale dei Trattati. Anche se spesso questo a Renzi non piace».
Grande calma, ma anche sufficienza. Il premier italiano alza i toni? «Lo fa per avere consensi in patria, ma a dire il vero non ha molti alleati tra i governi e non preoccupa particolarmente l’Europa, al contrario del nuovo governo polacco».
Eppure, seppur dissimulato, un certo grado di irritazione a Bruxelles verso l’Italia c’è. Juncker lo ha spiegato ad alcuni pontieri prima di Natale. Stima Renzi e tutti i leader sostengono la sua capacità di tenere a bada i populisti in Italia, però i ripetuti attacchi a Bruxelles stanno inquinando i rapporti quando invece «abbiamo fatto molto per aiutarlo su conti e migranti». Anche con i presidenti del Consiglio europeo e del Parlamento, Tusk e Schultz, la qualità delle relazioni è ai minimi.
Oltretutto la Commissione è composta da un presidente del Ppe, Juncker, e da commissari espressione del partito socialista e di quello popolare che ogni giorni si scontrano e trovano una sintesi a cavallo tra politica e tecnica sui vari temi. Ma con i toni ormai esasperati, anche il lavoro degli “alleati” dell’Italia diventa difficile.
Ne sono consapevoli anche Renzi e il suo staff, ma è il momento di rischiare: i toni sono saliti perché i prossimi mesi saranno decisivi per molti dossier delicati come la manovra 2016 - sub iudice fino a primavera - il caso banche, l’Ilva, il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina e i migranti. Finora il premier ha saputo usare la politica per ottenere molto in Europa e un atteggiamento aggressivo potrebbe pagare, ma anche guastare tutto.
Rivelatoria una frase pronunciata qualche giorno fa da uno stretto collaboratore del commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici: «A causa del clima politico questa volta potremmo non riuscire a fermare i falchi determinati a bocciare la manovra e a commissariare l’Italia con una procedura sul deficit».
pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149
Il punto è che dopo gli attacchi di Parigi Renzi ha alzato il deficit 2016 al 2,4% per spese in sicurezza. Se dopo lunghe trattative a novembre l’Italia aveva la garanzia informale di un ok in primavera al 2,2% (già 13 miliardi di flessibilità), ora anche al Tesoro sanno che la partita è in salita e la preoccupazione è alta. Oltretutto diversi ministri europei, capeggiati da Schaeuble, premono affinché la Commissione sia dura.
Altro dossier a rischio, le banche. Dopo gli scontri su Tercas e sul salva-banche, ora i fari sono sulla bad bank chiamata ad alleggerire gli istituti italiani dai crediti deteriorati: il negoziato è incagliato per ragioni tecniche, le tensioni politiche non aiutano e a Roma è giunta voce che la Commissione sta verificando se sia il caso di prepararsi a offrire un aiuto al sistema italiano tramite il Fondo salva-stati (Esm) come avvenuto nel 2012 con Spagna e Cipro.
Che questo avvenga è del tutto improbabile (Tesoro e Bankitalia garantiscono che anche in caso di mancato accordo sulla bad bank i crediti deteriorati non rappresentano più un rischio sistemico), ma il solo fatto che a Bruxelles riflettano su questa possibilità, e molti governi presterebbero volentieri soccorso all’Italia per poi controllarla in stile troika, fa capire il livello della tensione.
E non sempre scaricare le colpe sugli altri paga a Bruxelles, visto che se è vero che nella Ue regna un approccio tedesco in economia, non è un mistero che spesso l’Italia prepara male i dossier, anche quelli più delicati. E con i partner le cose non vanno meglio: i rapporti tra Renzi e Hollande non godono di grande salute mentre la Merkel, attaccata apertamente dal premier italiano, secondo gli osservatori si sta comportando come sempre in questi casi: ha invitato Renzi a Berlino per stemperare le tensioni ma poi, a freddo, non esiterà a colpire.
Tutti rischi noti a Roma, dove per dare più spessore all’offensiva politica del governo si lavora a lungo termine sul cambiamento delle regole Ue. In stretto contatto con Renzi il sottosegretario Sandro Gozi tesse i rapporti con tutte le Cancellerie in vista di Roma 2017 affinché la cerimonia al Campidoglio per i 60 anni del Trattato di Roma diventi l’occasione per rilanciare l’Unione. Cambiamento dei trattati, è la parola d’ordine. Due sono i capitoli sui quali l’Italia è al lavoro: Europa della crescita e dell’occupazione ed Europa della sicurezza, dei diritti e della cultura.
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