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Emanuele Lauria per "La Repubblica"
Il suo no è fermo. Categorico. Quei 25 mila euro, che il Pd ha chiesto a tutti gli eletti in Parlamento, proprio non vuole sapere di pagarli. E il senatore Corradino Mineo motiva così la scelta: «Per accettare la candidatura ho lasciato la Rai e una retribuzione più alta dell'attuale ». à uno dei passaggi della lettera che il giornalista, ex direttore di Rainews 24, ha inviato all'amministrazione del partito in Sicilia. La risposta alla richiesta di versare un «contributo di solidarietà » cui è tenuto, per regolamento, chi è inserito nelle liste in posizione utile per l'elezione.
Quando è troppo è troppo, per Mineo. Che ricorda di aver versato nel 2013 già 14 mila euro al Pd e di averne spesi 24 mila «per l'attività in Sicilia». Nella sua missiva, il senatore - capolista alle Politiche 2013 - ricorda pure di «aver dovuto pagare una multa da 900 euro al Comune di Valderice per l'affissione irregolare di manifesti» e di dover sopportare un canone da 800 euro al mese «per l'affitto di un appartamento a Palermo».
Troppo, anche per un parlamentare che guadagna 13 mila euro netti, più 1.650 euro come rimborso spese. Anche perché Mineo, in Rai, aveva appunto una retribuzione più alta. L'ascesa a Palazzo Madama non è stata conveniente, insomma. Almeno sul piano economico. «Ho rinunciato a 60 mila euro - dice il senatore - . E non ho fatto un favore a nessuno: mi hanno pregato per farmi candidare. Poi ho scoperto che dovevo pagare una specie di pizzo per essere messo in posizione utile. Ma scherziamo?
Io pago, e volentieri, per progetti visibili, non per finanziare le autoblù del segretario o le assunzioni di comodo nel partito. Se avessi saputo prima di questo mercimonio, avrei rifiutato il posto in lista. Purtroppo avevano già organizzato la conferenza stampa... ». Il caso è esploso nel bel mezzo della pesante crisi finanziaria del Pd siciliano che, creditore di 500 mila euro nei confronti dei parlamentari che non versano le quote, è stato costretto ad avviare le procedure di licenziamento per 13 impiegati.
L'ex presidente siciliano del collegio dei garanti, Giacomo Torrisi, rammenta a Mineo che «il contributo di solidarietà serve anche a pagare il personale che rischia il posto e non si trova nell'angosciante dilemma - ironizza Torrisi - di poter scegliere fra un lavoro e una candidatura in Parlamento». La questione, ora, è sul tavolo dei garanti nazionali.
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