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Selvaggia Lucarelli per "Libero"
l passaggio di testimone nella politica italiana hanno finito per raccontarlo con rara efficacia gli occhi femminili. Quelli vitrei, sbarrati, immobili di Mara Carfagna, la ministra giovane e avvenente con scarno curriculum e l'etichetta della favorita appiccicata addosso e ora quelli umidi, scossi, incorniciati da rughe sottili di Elsa Fornero, il nuovo ministro del welfare. Lacrime che hanno sorpreso, coinvolto e dato linfa a dibattiti, assai più di quelle di una qualsiasi Madonnina di gesso, le lacrime della Madonna del Fornero.
Lacrime che sono l'istantanea emblematica del corto circuito in atto, in un anno, il 2011, che in fatto di singulti sarà ricordato per essere stato il primo della storia in cui la neo eletta Miss Italia, con la sua coroncina di diamanti in testa, non ha versato mezza lacrima e il neo eletto ministro del lavoro, con la sua corona di spine conficcate nella coscienza rigorosa, ha versato lacrime calde.
Della serie: è tempo di piangere per le cose serie. Per le fasce deboli, non per le fasce di Miss Rocchetta. E in quel suo momento di smarrimento, non si può non averla amata almeno un istante, la Madonna del Fornero. Per l'umanità , il moto sincero, la fragilità di chi sa che sta chiedendo uno sforzo immane alle classi più svantaggiate, con la parola "sacrificio" che le si blocca in gola come uno spicchio di mela mandato giù troppo in fretta.
Poi però il momento empatico è passato e mi sono trovata a partorire il secondo pensiero maschilista della mia esistenza (il primo è stato quando ho ascoltato l'intervista a Terry De Nicolò e non posso sintetizzarlo se non in bische malfamate dopo le due di notte). Le lacrime se le doveva tenere per la replica de "Il paziente inglese", la Madonna del Fornero. Per il matrimonio della primogenita. Per l'intervista all'homeless. Per le immagini del terremoto in Turchia, per la risposta sgarbata del marito o per il colore della tinta sbagliato.
Insomma, per tutte quelle profonde e cretine ragioni per cui le donne sanno essere le creature fastidiose e meravigliose che sono. Ma le lacrime, in quella conferenza stampa, Elsa se le doveva risparmiare. Doveva cercare un pensiero felice, che so, le orecchie del ministro Giarda tanto per dirne una, e dissimulare quella sensibilità femminile che tanto ci aiuta e tanto ci frega.
Lo so che non era facile. Al pensiero di doversi rinchiudere il giorno dopo in una stanzetta con i sindacati anche Hulk Hogan si sarebbe messo a frignare come una signorina, ma doveva trattenersi per noi donne, la Fornero. Perché dopo i neutrini della Gelmini, le autoreggenti della Brambilla e l'occhio sbarrato di chi ha visto in faccia l'assassino un attimo prima di morire della Carfagna, è il momento di far vedere chi siamo. E perché in un paese in cui rispetto a molti stati europei la presenza femminile nella politica è scarsa e fragile, abbiamo ancora tanto da dimostrare. Badate bene. Non sto dicendo che è giusto.
Sto dicendo che in questo momento non possiamo permettercelo, di scoprire il fianco, di fare la figura di quelle che non hanno la spina dorsale per sedere su certe poltrone. E non dobbiamo in alcun modo fornire pretesti per argomenti maschilisti a questo paese ancora profondamente maschilista, in cui le donne che rivestono ruoli di responsabilità sono poche, guardate con sospetto e pagate meno degli uomini. La lacrima della Fornero, per tanti uomini anche evoluti, è ancora debolezza, non sensibilità , partecipazione, empatia. Figuriamoci per quelli involuti, per cui una donna che frigna è la solita donnetta isterica, teatrale, capricciosa, volubile, uterina, al primo giorno di mestruo o nell'ultimo della menopausa.
O una che non vede un uomo dai patti lateranensi (e qui gli uomini mi ringraziassero perchè ho trovato una frase aulica per un concetto tanto vetusto quanto volgare che loro esprimono in modo assai meno lirico). Guardate la Merkel. La falcata è quella del granatiere di Sardegna. Sarkozy ha sempre l'aria di quello che non oserebbe contraddirla neppure se lei gli ordinasse di buttar giù la Torre Eiffel e di piazzare un baracchino di wurstel e crauti al suo posto. Minaccia la Grecia, sghignazza in faccia al nostro (ex) premier, insomma, un bulldozer.
Poi magari la sera Angela si toglie il tailleur grigio topo, si siede con i nipotini sul divano e quando s'apre la busta a C'è posta per te piange come una fontana, ma gli uomini non lo sospetteranno mai. E le donne tedesche, io lo so, le saranno grate. C'è poi un'altra considerazione da fare. Ci sono momenti in cui la guida, donna o uomo che sia, deve apparire granitica. Infondere sicurezza, serenità , fermezza. Io non lo vorrei uno psicologo che piange quando gli racconto che il papà è scappato con una cubana che avevo tre anni.
Non vorrei la maestra che perde la pazienza con mio figlio e neppure un pilota d'aereo che frigna nel bel mezzo di una turbolenza. Sarebbero umani, certo, ma nei momenti critici, servono riferimenti incrollabili. Per chiudere, due parole anche sul premier, perché se la Fornero ha perso un'occasione per mostrarsi solida e coriacea, Monti ne ha persa un'altra: quella di sembrare un po' più umano e un po' meno megadirettore galattico con poltrone in pelle umana e acquario con i pensionati. Non aveva nulla da perdere lui, nel mostrarsi sensibile. È un uomo.
Lo sapeva bene Giovanni Paolo II che se quel famoso Se sbalio mi corrigerete l'avesse pronunciato con la stessa faccia con cui Monti ha detto alla Fornero in lacrime: «Se sbaglio correggimi, commuoviti ma correggimi», quel giorno, in Piazza San Pietro, avrebbe visto i pellegrini darsi alla fuga come durante un bombardamento aereo. Insomma, siamo passati dalle conferenze stampa che sembravano il Bagaglino a quelle che sembrano Cechov. Ora però la Fornero, alla prossima, ci prometta di sfoderare il suo sorriso migliore. Non gliela dia la soddisfazione di piangere agli uomini. E soprattutto, non ci faccia correre un rischio serissimo: che Monti ci metta l'Ici pure sulla prima lacrima.
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