DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gian Antonio Stella per “il Corriere della sera”
«Grazie, Matteo». «Grazie, Matteo». «Grazie, Matteo». Manco fossero stati scarcerati dai pozzi della Cayenna coi pipistrelli vampiro, gli ex capigruppo, vicepresidenti del parlamento, deputati, onorevoli, ministri sfilano alla Leopolda ringraziando Matteo Renzi per averli liberati finalmente dal Partito Democratico. Prigionieri, ecco come si sentivano. Reclusi. Intrappolati. Chiusi dentro una vecchia ideologia, una vecchia ditta coi cardini arrugginiti, un partito dove tutto era odio, rissa, contrasto, litigio, spaccatura
Sia chiaro: i democratici salteranno su dicendo di avere solo difeso accanitamente i cari valori di una volta sconvolti dalla irruenza guascona e prepotente del giovanotto arrivato da Rignano e impostosi a Roma senza guardare in faccia nessuno e senza rispetto per la storia. Ma certo colpisce, alla Leopolda, la parola che più viene ritmata praticamente in ogni intervento: libertà, libertà, libertà.
E ha un bel dire, Ettore Rosato, che quello appena battezzato con un simbolo un po' nuovo e un po' no che si richiama sfacciatamente con la V alle ali del gabbiano dell'Italia dei Valori dipietrista, non è un «partito del leader» ma «un partito con un leader». Ovvio: questa deve essere la versione ufficiale. In realtà, a sentire un po' tutte le persone asfissiate in un'afa agostana sotto le volte dell'antica stazione fiorentina, il senso di questo battesimo festante con una folla che forse nessuno avrebbe potuto immaginare, la pensano come una signora bionda non più giovanissima ma pugnace che sintetizza: «Italia viva è proprio quella che chiamiamo la casa dei renziani». Tié.
MARIA ELENA BOSCHI ALLA LEOPOLDA 10
Certo, lo smalto del quarantenne che conquistò il paese guadagnandosi luccicanti copertine come quella dove stringeva a sé nonna Annamaria e nonna Maria promettendo agli italiani «rottamerò quei politici (non le mie nonne)», è un po' ammaccato. E non sarà facile, per lui, ripetere frasi come quelle di allora: «Ora che siamo alla vigilia delle primarie vedo il cambiamento possibile, davvero non ci siamo mai stati così vicini. Ma se perdo c'è la vita, fuori, ed è fantastica. Vorrei gridarlo a tutti i politici: uscite dal Palazzo, godetevi la vita».
MARIA ELENA BOSCHI ALLA LEOPOLDA 10
Dopo aver fatto l'opposto, però, può dire che un altro, al posto suo, sarebbe uscito tritato dagli eventi. E invece eccolo qua, coi primi sondaggi buoni e la convinzione che possano diventare più favorevoli. Un punto appare indiscutibile: i «suoi» sono innamorati quasi (quasi) come una volta. Quando faceva il guascone e dopo essersi imposto come sindaco di Firenze fece il bullo maramaldeggiando sugli avversari sconfitti: «Non ho vinto io perché ero un ganzo, è che gli altri erano fave».
LEOPOLDA 10 - MATTEO RENZI E ELENA BONETTI
C'è di tutto, tra la gente che la mattina si affolla intorno ai tavoli dell'ex stazione ferroviaria dove, se fosse possibile parlare e soprattutto ascoltare in mezzo al baccano indescrivibile di voci che si accatastano l'una sull'altra, si potrebbe davvero discutere dei temi più importanti. E così al pomeriggio, quando sfilano al microfono gli invitati. Sui quali spicca, toccando le corde di tutti, la testimonianza di una farmacista in carrozzina colpita dalla Sla. Una donna forte. Coraggiosa.
LEOPOLDA 10 - MATTEO RENZI E ELENA BONETTI
Che, con la voce rotta dall'emozione, incoraggia la politica a investire di più nella ricerca, l'unica che può offrire speranze a quanti soffrono e più ancora chiede, «quando sarà» un po' di rispetto per le scelte del fine vita. Occhi lucidi. Silenzio. Si riprende. C'è il giovane amministratore venuto a spiegare come hanno fatto lui e altri a battere la Lega in varie città della Lombardia e perfino a Varese. C'è il ragazzo arrivato dalla Puglia che spiega come lui fosse sempre stato del Partito democratico ma ringrazia Matteo «per aver messo fine al governo del bullismo ma anche per aver messo fine all'ipocrisia del Pd».
E un altro eccitatissimo appena rientrato dall'estero: «Ciao Leopolda! Ero a Praga. Stavo bene. Ma quando ho saputo che Renzi costruiva Italia viva ho preso il primo volo per tornare in Italia». C'è chi vuole lavorare e non «ricevere l'elemosina per stare sdraiato sul divano» e chi come il sindaco di Sasso Marconi Stefano Mazzetti esulta: «Oggi sono libero!».
È solo l'inizio e troppo entusiasmo finirà comunque per scontrarsi poi con la dura realtà quotidiana? Sicuro. Almeno oggi, però, i «Renzi boys» fanno spallucce. Ci penseran domani. Oggi si fa festa. Ridendo delle battute del leader («Avete sentito Grillo: bisogna togliere il voto agli anziani! La verità è che bisogna togliere il fiasco a lui!») e andando a rileggere quella poesia di Giovanni Pascoli che, dopo le querce e gli ulivi e le margherite di altre stagioni, ha ispirato come pianta simbolo la scelta del corbezzolo tricolore: «I bianchi fiori metti quando rosse/ hai già le bacche, e ricominci eterno,/ quasi per gli altri ma per te non fosse/ l'ozio del verno; / o verde albero italico, il tuo maggio/ è nella bruma: s' anche tutto muora,/ tu il giovanile gonfalon selvaggio/ spieghi alla bora» Oggi chiusura. Trionfo annunciato. E poi? Poi si vedrà.
RENZI ALLA LEOPOLDA 10LA LEOPOLDA 10LEOPOLDA 10 - MATTEO RENZI AGNESE LANDINI ALLA LEOPOLDA 10
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