LETTA FA IL DURO E SILVIO LA COLOMBA – DA UNA CRISI, POTREBBE SBUCARE UN GOVERNO DI LETTA CON I DISSIDENTI GRILLINI E FUORUSCITI PDL GUIDATI DA ALFANO

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Francesco Bei per La Repubblica

A dispetto della maschera neo dorotea che ha indossato fin dal primo giorno del suo incarico di governo, l'Enrico Letta che ieri sera ha accolto Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi ha tirato fuori le zanne.

«Queste fibrillazioni - è il senso delle discorso fatto dal premier al Cavaliere - le paga tutto il paese, lo spread sta risalendo anche perché gli investitori scommettono sulla crisi di governo: a questo punto io voglio un sostegno pieno, altrimenti andare avanti non ha senso». Un ragionamento duro, con parole nette, perché alla vigilia del consiglio europeo di domani Letta non vuole finire vittima del fuoco "amico".

Nella strategia del capo del governo l'importante è scavallare l'estate, poi tutto dovrebbe essere più semplice. Come ha spiegato a Mario Monti, incontrato due giorni fa, «la mia scommessa è arrivare a settembre: a quel punto potremo sederci tutti insieme e stendere un vero programma per la nuova fase che si aprirà grazie ai margini di flessibilità che avremo conquistato in Europa».

Ma, a sorpresa, quello che il premier si è trovato di fronte è stato un Berlusconi in versione ultramoderata. Molto lontano dai toni bellicosi di certa propaganda Pdl. Sarà perché era accompagnato da due colombe come Angelino Alfano e Gianni Letta, il Cavaliere ("briffato" per due ore da Capezzone sui temi economici) non ha affatto minacciato la crisi di governo o lanciato ultimatum su Iva e Imu.

«È stato un incontro teso a costruire - riferisce una fonte vicina Berlusconi al termine della cena - , abbiamo cercato dei punti di convergenza per dar seguito agli impegni su Iva, Imu e strategia europea». Toni molto diversi da quelli risuonati all'ora di pranzo a palazzo Grazioli durante il vertice del Pdl. Una riunione che ha confermato la divisione del partito fra moderati e incendiari.

Alla presenza di Berlusconi, dei capigruppo e dello stato maggiore del partito, Denis Verdini e Daniela Santanché si sono infatti schierati per la crisi di governo a luglio. Ma altrettanto radicalmente Alfano (con il supporto inaspettato di Renato Brunetta) ha guidato il fronte delle colombe sulla linea della prudenza. Indeciso sul da farsi, Berlusconi ha lasciato per ora tutte le porte aperte. Certo, di fronte a Enrico Letta il leader del Pdl ha alzato la voce, eccome, quando si è arrivati a toccare il punto dolente della condanna a Milano al processo Ruby.

Non ce l'aveva tanto con i giudici, quanto con gli alleati: «Nessuno del Pd mi ha difeso, eppure facciamo parte della stessa maggioranza!». Una requisitoria che, durante il vertice a via del Plebiscito, aveva coinvolto anche il capo dello Stato: «Napolitano è rimasto alla finestra, non ha fatto o detto nulla per difendermi». E tuttavia, a parte la solidarietà umana, nell'incontro a palazzo Chigi Berlusconi non ha ottenuto nulla da Letta. Nessuna garanzia di salvacondotto
«(«tanto - osserva un lettiano - in Parlamento non passerebbe nulla») e nemmeno uno scudo politico: «Il nostro è un governo di servizio al paese e non si occupa di vicende giudiziarie. La nostra missione è l'economia e il lavoro: stiamo sul pezzo».

Uno stato d'animo che il ministro Dario Franceschini definisce «atarassico » e risolve con uno scioglilingua: «Facciamo quel che dobbiamo fare, finché ce lo fanno fare. Che altro dobbiamo fare?». Oltretutto la convinzione diffusa nel Pd e tra i ministri del governo Letta è che, al di là della rabbia per la sentenza e della pressione dei falchi Pdl, alla fine il Cavaliere non farà nulla. Non avendo carte forti in mano, si limiterà ad alzare la voce. Anche perché, come fa notare il ministro Andrea Orlando, «qualsiasi altro scenario per lui è pieno di incognite e, alla fine, peggiore di questo».

Minacciare la crisi di governo? E con quale scopo? La questione la inquadra Pier Ferdinando Casini, conversando con Anna Finocchiaro in un corridoio del Senato: «Voi del Pd state usando Renzi come spauracchio elettorale. Se infatti Berlusconi va allo scontro diretto con Renzi perde di brutto, la sa anche lui. Ma non è detto che si vada a elezioni anticipate, anzi. È più probabile che Napolitano rimandi il governo di fronte alle Camere. A quel punto anche la solidarietà del Pdl nei confronti di Berlusconi sarebbe messa alla prova».

E questo sarebbe lo scenario peggiore per il Cavaliere: lo spettro di un governo diverso, con dentro grillini e scissionisti Pdl, pronto a votare la sua decadenza da parlamentare.

 

ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONILetta e Berlusconi Mario Monti Angelino Alfano gianniletta Capezzone DENIS VERDINI DANIELA SANTANCHE DARIO FRANCESCHINI MATTEO RENZI