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Fabrizio Dragosei per "Il Corriere della Sera"
Edward Snowden era ieri sera nella zona transiti dell'aeroporto Sheremetyevo senza visto da ben più delle 24 ore concesse dalle autorità russe, secondo quanto afferma il sito Internet dello stesso aeroporto. Ma il presidente russo Vladimir Putin che ha sciolto ieri il mistero sul destino dell'uomo ricercato dagli Stati Uniti, afferma che il suo paese non ha nulla a che fare con l'ex contractor della National Security Agency americana.
«E' una persona libera, non ha commesso reati in Russia, è un passeggero in transito e come tale non ha bisogno di visto né di altri documenti», ha detto Putin ai giornalisti durante una sua visita in Finlandia. Gli Stati Uniti non sembrano però accettare la spiegazione del presidente russo al quale chiedono invece di arrestare Snowden per consegnarlo a loro, «in amicizia», come ha sostenuto il segretario di stato John Kerry.
Il fatto, ricordato da Putin, che non esiste un trattato di estradizione tra i due paesi non dovrebbe essere posto come un ostacolo: «Chiediamo semplicemente agli amici russi di rispettare la circostanza che un partner, un altro membro del gruppo dei cinque paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha presentato una normale richiesta in base ai sistemi legali vigenti». Un pressing assai intenso, al quale ha partecipato anche il capo dell'Fbi (da tempo sta collaborando con l'Fsb russo nella lotta al terrorismo) che in questi giorni ha più volte telefonato ai suoi interlocutori a Mosca.
Kerry ha ricordato come negli ultimi anni il suo paese abbia consegnato sette ricercati alla Russia, pur in assenza di quell'accordo sull'estradizione citato da Putin. Si tratta, probabilmente, di altrettanti prigionieri di Guantanamo di nazionalità russa, catturati in Afghanistan e che Mosca ricercava come terroristi. Per far capire che a giudizio del suo governo Snowden non è un paladino della libertà in lotta contro strutture di spionaggio troppo invadenti, Kerry non ha esitato a sostenere che le sue azioni potranno portare «alla morte di diverse persone». E' anche possibile che gli Stati Uniti «vengano attaccati perché i terroristi possono ora conoscere i sistemi per proteggersi».
Così, grazie alle ammissioni di Putin, sappiamo che l'informatico fuggito da Hong Kong non ha mai lasciato il terminal dell'aeroporto, è vissuto tra passeggeri in transito che spesso si accampano nei corridoi in attesa di un volo economico per le destinazioni più esotiche servite dall'Aeroflot.
Lì dentro c'è un albergo, ma non pare che Snowden abbia preso una delle stanze a capsula su modello giapponese. Ci sono bar, ristoranti e pub irlandesi (assai popolari in tutta la Russia), oltre a salette vip dove però l'uomo non è stato visto dai tanti giornalisti a caccia. Potrebbe invece trovarsi in una parte del terminal riservata a delegazioni ufficiali in transito, dove si accede solo col consenso delle autorità russe.
Dalle dichiarazioni di Putin sembrerebbe che la zona transiti sia una specie di terra di nessuno, come il ponte di Glienicke alla periferia di Berlino dove sovietici e americani si scambiavano le spie. La zona transiti è invece parte integrante del territorio russo. E' solo che per consuetudine e comodità lì non si controllano i documenti e non si chiede il visto. Ma qualsiasi atto o reato che avviene è di pertinenza delle autorità di polizia e di quelle d'immigrazione.
Putin ha anche smentito recisamente che i servizi segreti si stiano lavorando Snowden (anche se certamente vorrebbero) e ha fatto capire chiaramente che la Russia vorrebbe liberarsi rapidamente dell'ospite: «prima sceglie la destinazione finale e meglio è per lui e per noi». E ha poi aggiunto: «della questione si occupino i capi della Fbi e del Fsb».
Anche l'Ecuador (e forse l'Islanda) si muove con estrema cautela nell'esaminare la possibilità di concedere asilo politico. Più tempo passa e più forti diventano le carte in mano all'amministrazione Usa, visto che le pressioni esercitabili sull'interlocutore sono di diversa natura. Hong Kong che ha fatto partire Snowden senza passaporto ma con un documento provvisorio ecuadoregno è, ad esempio, in attesa di una decisione americana sull'abolizione del visto per i suoi cittadini.
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