LETTA SCARICA GIUSEPPONA IDEM IN DUE MINUTI - È L’ENNESIMA SCONFITTA DELLA SOCIETÀ CIVILE PRESTATA ALLA POLITICA

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Alessandra Arachi per il "Corriere della Sera"

Non deve essere facile per chi è abituato a combattere ostacoli fisici e nemici in carne ossa, doversi arrendere ad un bombardamento di notizie che fluttuano fra l'etere e la carta, senza soluzione di continuità. Josefa Idem ha dovuto trovarsi davanti lo sguardo gentile di Enrico Letta per capire che era arrivato il momento di fermarsi. Per realizzare che la battaglia politica non è una gara olimpionica.

Quando alle cinque meno un quarto di ieri pomeriggio è arrivata a Palazzo Chigi aveva già saputo che per raggiungere la stanza di Enrico Letta avrebbe fatto meglio ad usare l'ingresso posteriore del palazzo, dove poteva entrare in automobile e dribblare così i giornalisti che, minuto dopo minuto, continuavano ad affollare il palazzo del governo, aspettando proprio lei. Ma non per applaudirla, questa volta.

Questa volta la stella delle olimpiadi Josefa Idem è salita dalla scala posteriore per scappare dalla stampa. Il presidente del Consiglio non l'ha fatta aspettare.

Alle cinque meno un quarto in punto Enrico Letta ha abbandonato la riunione con l'Anci per andare da lei, la campionessa di canoa che proprio lui aveva voluto mettere nel governo come paladina dello Sport e delle Pari opportunità. Lei era arrivata da lui con il desiderio di dimostrargli la sua onestà, desiderosa di non darla vinta a quella che in questi giorni non ha mai esitato a definire «una montatura mediatica».

Lo aveva ripetuto tante volte poche ore prima di salire sopra un aereo che dalla sua Germania la riportasse a Roma per incontrare in grande emergenza il capo del suo governo italiano: «Sono tranquillissima. Ho fiducia che potrò spiegare tutto a Enrico Letta. Mostrargli tutte le mie carte e fargli capire che non sono disonesta, che questa è tutta una montatura che passa sopra la mia persona».

Enrico Letta è stato ad ascoltarla paziente e partecipe. Josefa Idem gli ha spiegato tutto: l'Ici, l'Imu, gli abusi edilizi, la palestra, il lavoro di suo marito. Tante cattiverie. Qualche verità. Si può mollare tutto per qualche errore di piccola entità, comune a tanti cittadini?

Il premier non ha risposto. Non a questa domanda. Non era questa la domanda da farsi, in quel momento. Anche pubblicamente Enrico Letta ribadirà subito dopo la fiducia per l'onestà di una ministra che aveva voluto nel suo governo anche per la sua integrità morale. Ma il punto era un altro.

Ieri il presidente del Consiglio Letta ha dovuto spiegarlo per bene a Josefa Idem: il problema adesso è che, evidentemente, non hai più la serenità per portare avanti un incarico così delicato come lo è quello di guidare un dicastero. La campionessa olimpica lo ha ascoltato, con attenzione.

Del resto lo aveva detto proprio lei, per prima: la persona Josefa non ne può più di tutte queste ingiurie e di questo linciaggio mediatico. Non avrebbe fatto alcuna fatica a mollare, la persona. Era la ministra che teneva duro per non darla vinta ai nemici. Enrico Letta le ha fatto capire che la storia non funzionava così.

Che negli ultimi giorni le vicende avevano davvero travolto Josefa Idem, che la sua serenità si era perciò smarrita in troppi tentativi di difendersi da un nemico tentacolare ed inafferrabile come inafferrabile può essere soltanto il vortice dell'informazione. Josefa non ha fatto alcuna obiezione.

Ha salutato Enrico Letta dopo poco più di un'ora di colloquio, ha lasciato Palazzo Chigi sempre uscendo con l'automobile dalla porta posteriore e ha raggiunto il suo dicastero, a poche decine di metri di distanza. Si è chiusa nel suo ufficio, in silenzio. Ha pensato, riflettuto. E dopo circa un'ora e mezza ha vergato di suo pugno il comunicato delle sue dimissioni.

Subito dopo è stato Enrico Letta a far seguire i suoi comunicati. Uno lo ha scritto tutto per lei: «Spero che sia salvaguardata la sua vita privata e quella della sua famiglia. A Josefa ho espresso il più sincero ringraziamento per questi cinquanta giorni di lavoro comune nei quali ha avuto modo di dimostrare qualità politiche e amministrative che al governo del Paese sarebbero state utilissime».

 

 

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