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Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
Sono le cinque e mezzo del pomeriggio, Enrico Letta (come mezzo gruppo dirigente del Pd, del resto) ascolta le parole di Giuseppe Conte. E non si tranquillizza. Per niente: «Sono preoccupato per gli effetti di una potenziale deflagrazione dei gruppi parlamentari dei Cinque Stelle nell' elezione del presidente della Repubblica. Così si complicherebbe la vicenda del Quirinale. Si darebbe un assist alla destra».
Già, non sono le regionali calabresi a impensierire il leader del Partito democratico. E nemmeno le elezioni amministrative, dal momento che i grillini hanno deciso di correre sia a Napoli che a Bologna per un candidato del Pd. Esattamente ciò che voleva Letta :i dem sono «la guida» della coalizione anti-destra che verrà.
I suoi timori riguardano un' altra partita, quella del Quirinale, quella che conta sette anni e vale per questa e per la prossima legislatura. Il segretario dem non ama lasciare nulla (o, meglio, troppo) al caso. Sa bene che quella è la partita con la P maiuscola.
Sognava, per l' elezione del capo dello Stato, una maggioranza Ursula che prefigurasse i contendenti delle prossime elezioni: togliere Forza Italia al centrodestra sarebbe un' operazione vincente. Che però presuppone una falange armata: Pd e Cinque Stelle uniti, Italia viva e Leu di complemento. Ma il fatto è che il Movimento è spaccato, e tale rimarrà a prescindere dall' esito del braccio di ferro tra Conte e Grillo.
ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA
E questo, affermano i parlamentari dem, la dice lunga sul Movimento: «Non hanno capito che la partita più importante è sul Colle». Per questa ragione Enrico Letta, pur tenendo fermo il principio di non ingerenza, auspica un happy end per i Cinque Stelle: «Io spero che trovino un accordo sotto il segno dell' unità e della responsabilità». E ancora: «È importante - dice il segretario pd - che i 5 Stelle si chiariscano una volta per tutte. Il fattore tempo è sempre più dirimente perché se le fibrillazioni trascinano ancora i 5 Stelle nella loro lotta interna, a farne le spese è la stabilità del sistema nel suo complesso». E quindi il governo Draghi. La cui agenda il Partito democratico ha deciso di sposare.
Quello che il segretario proprio non si augura è i Cinque Stelle si dividano. Ne ragiona così con alcuni parlamentari: «Una scissione o una crisi permanente del Movimento aiuterebbe solo la destra che è, comunque divisa». Per questa ragione Letta decide di andare avanti nel suo progetto a prescindere dai 5 Stelle, «che tanto prima o poi arriveranno», sostiene un autorevole esponente dem. «Prima dobbiamo dare un' identità al Pd, questo è il nostro obiettivo», esorta Letta. Ed è la sua missione, senza se e senza ma, e anche senza i 5 Stelle alla peggio.
Per il resto il Pd, e Letta ancora più del suo partito, preferisce non addentrarsi nei meandri grillini. Piuttosto il segretario pe nsa al futuro. E ripete: «Rafforziamo l' identutà del partito, costruiamo un campo largo con le altre forze del centrosinistra e poi dialoghiamo con i 5 Stelle, ma finché non sappiamo chi avrà la leadership siamo cauti». Tanto cauti che oramai da giorni Letta parla più con Luigi Di Maio che con Conte...
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