DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Pietro Di Leo per Il Tempo
Un Licio Gelli per nulla auto commiserante e ancora arguto nonostante l’età. È quello che emerge dal libro Loggia P2. Una storia unica (Acar Edizioni). Autore è Mirko Crocoli, giornalista che ha incontrato frequentemente il Venerabile negli ultimi due anni della sua vita, ultimi giorni compresi. Scoprendolo ancora molto attivo e dedito a ricevere gente.
UN GIOVANE LICIO GELLI verdini berlusconiRENZI VERDINI BERLUSCONI
«Un bel via vai», racconta Crocoli, «l’agenda giornaliera sembrava ricca di impegni». Molte anche le telefonate di «persone tutt’ora influenti». Crocoli ricorda che una volta Gelli, dopo aver buttato giù, gli confessò che di là della cornetta c’era «un Governatore Regionale, un nome molto noto». «Ci sentiamo spesso – gli rivelò - siamo buoni amici e di tanto in tanto mi chiede un consiglio».
Quel che esce dal libro è un ritratto degli ultimi settant’anni di storia, nato dalle parole di un uomo dipinto dalla cronaca come Alfa e Omega dei complotti più recenti. Ne proponiamo alcuni passaggi.
P2, Gladio e l’«Anello»
licio gelli licio jediVILLA WANDA DI LICIO GELLI
«La segretezza della Loggia era lecita, legittima e approvata dai vertici, così come l’intero sistema massonico», spiega Gelli. La finalità? La ricostruisce Crocoli, interpretando la testimonianza del Venerabile: «MI diceva che era mero scopo politico, in un periodo in cui il pericolo dell’Unione Sovietica e l’ascesa del Comunismo in terra d’Italia era serio e realmente concreto”»
Stando alla narrazione di Gelli, poi, la P2 non era la sola organizzazione di questo tipo: «Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello». L’Anello? Già. Viene definito «un’organizzazione quasi sconosciuta, una sorta di servizio segreto parallelo e clandestino, possibile anello di congiunzione tra i servizi segreti e la società civile».
L’uccisione di Moro
«Il tentato compromesso con il Pci lo ha ucciso!», rivela Gelli, «e non solo per volontà delle BR ma anche perché probabilmente l’accordo italiano infastidiva sia Washington che Mosca». Tuttavia riconosce che Cossiga tentò all’ultimo di salvarlo, ostacolato dalle diverse correnti della Dc.
La cena di Berlusconi
Crocoli riporta il racconto di Gelli sull’ingresso nella P2 del Cavaliere: «L’iniziazione è avvenuta a Roma, in via dei Condotti, nei 500 metri quadri di sede capitolina. A cerimonia conclusa, la piacevole serata proseguì con una cena intima in uno dei famosi locali della Capitale a cui parteciparono dai 5 ai 6 commensali, il giornalista (...) in primis».
Dalla Chiesa abbandonato
Anche il generale, ucciso a Palermo nell’82 dove era Prefetto, apparteneva agli elenchi della P2. Gelli lo ricorda così: «Spadolini (all’epoca dell’assassinio premier n.d.r) lo ha mandato a morire da solo in Sicilia, senza un minimo di appoggio delle nostre istituzioni… quell’omicidio poteva essere evitato».
Tra Craxi e il Garofano.
Anche l’apogeo del Psi è affrontato da Gelli. Crocoli ne riporta la conferma del suo appoggio, «tramite alcuni istituti di Credito vicini a Propaganda 2, nei confronti delle casse deboli e in rosso del Partito Socialista. Era l’Epoca di Silvano Larini e del ‘conto protezione’”. Quanto a Craxi, Gelli lo ricorda così: «Qualsiasi cosa fatta per l’amico Bettino è stata ben fatta poiché era un partito che attirava gli interessi di molti e poteva contare su un bacino elettorale significativo».
P3 e P4, Bisignani e Verdini
Sulle presunte organizzazioni simili alla P2, oggetto negli ultimi anni di inchieste giudiziarie, Gelli è chiaro: «nessuna consequenzialità con la P2 e nessuna Super Loggia è mai più esistita dopo la mia». Sui protagonisti di queste vicende, rivela solo di aver «indirizzato un giovanissimo Bisignani alla corte dell’onorevole Stammati». Quanto a Denis Verdini, il giudizio è lapidario: «Non posso dire che mi stia simpatico, anzi, tutt’altro. È la più grossa delusione che mi ha dato Silvio Berlusconi».
2. TOGHE E GREMBIULINI - LICIO GELLI E LA SUA GRANDE PASSIONE PER I MAGISTRATI - LA SUA RICETTA PER LA GIUSTIZIA? STIPENDI PIÙ ALTI - “COME PRETENDERE IMPARZIALITÀ DA MAGISTRATI FRUSTRATI, COMPLESSATI E PAGATI MALISSIMO”
Pietro De Leo per Il Tempo
Ampi passaggi di «Loggia P2. Una storia unica» (il libro del giornalista Mirko Crocoli edito da Acar Edizioni ndr ) sono dedicati all’analisi che fa Licio Gelli sulla Magistratura. «La politica – dice - non ascolta. Fa orecchi da mercante. Troppe volte abbiamo assistito al vergognoso teatrino tra i PM e gli organi giudicanti (…) Spesso – continua Gelli - l’accusa rappresentata da un magistrato parla, va a cena, si diverte o perfino fa l’amore con il Giudice dello stesso processo. La controparte della difesa, in questo assurdo contesto, parte sicuramente svantaggiata».
Separazione delle carriere, una necessità
«Se fosse per me e per il mio piano R (piano di rinascita democratica ndr ) che non hanno voluto ascoltare - proponeva Gelli - Magistrati e Giudici li obbligherei a farli lavorare in tutt’altri palazzi, senza mai incontrarsi per nessuna ragione né conoscersi».
Giustizia e politica, un rapporto perverso
Nel libro, poi, compare anche un’analisi, scritta dal Venerabile tempo addietro, sul sistema giudiziario e i rapporti tra magistratura e politica. Una disamina che, a distanza di anni, risulta ancora attuale. «Le crisi di governo – osservava Gelli - avvengono al di fuori del Parlamento, che non riesce a legiferare ed è diventato un mercato d’affari, dove si fa tutto tranne quanto stabilito dalla Costituzione. Mancando il legislatore, ecco allora un altro potere, la Magistratura, prenderne il posto con arroganza, non limitandosi più ad applicare le leggi, ma sostituendosi ad esse».
Faziosità e protagonismo dei magistrati
«I nostri magistrati, sempre fatte le debite eccezioni – argomentava Gelli - sono ammalati di protagonismo, guidano una giustizia non uguale per tutti, ma troppo spesso faziosa in chiave politica come in chiave amministrativa. E si prestano a blitz di parte, dietro ordini di fazioni politiche, arrestando cittadini innocenti che avranno giustizia dopo decenni, o imbastendo polveroni per demonizzare questo o quel personaggio, questa o quella istituzione e riuscendo quasi sempre nell’intento».
Gli errori della casta arrogante
«Quanti sono - si chiedeva Gelli - gli uomini e gli enti rovinati dalla furia di certi magistrati e dal loro protagonismo? Gli italiani, rendendosi conto di questo potere assoluto affidato ad una casta intoccabile, avevano votato, con un referendum, a stragrande maggioranza la responsabilità civile del giudice in caso di errore grave. Ebbene, i cittadini sono stati raggirati ancora una volta e tra mille fumisterie è passata una legge che contraddice il senso del referendum e dà ai magistrati ancora più potere e ancora più immunità». Il Venerabile poi ragionava: «Se un chirurgo sbaglia un intervento, viene condannato a pagare anche duramente (…) Proprio noi dobbiamo mantenere una casta arrogante, senza controllo alcuno, che può modificare gli equilibri politici e sociali, provocare danni irrimediabili, senza doverne rispondere allo Stato e a tutti i cittadini?»
Csm da spazzare via
Gelli definiva l’organo di autogoverno della magistratura «anch’esso totalmente lottizzato e politicizzato,con uomini indicati dai partiti e che dei partiti devono fare l’interesse. Un organo che andrebbe spazzato via (…)». Una diagnosi spietata, quella di Gelli, che però si premura di offrire anche la terapia.
La soluzione? Ai magistrati stipendi più alti
«Per curare i mali della giustizia - spiegava - bisogna che i magistrati siano estranei alla politica e ai partiti. Se qualcuno di essi vuole militare in una fazione, prima deve andarsene dalla magistratura o esserne cacciato. I magistrati devono essere persone oneste e dignitose». Strumento indispensabile per raggiungere l’obiettivo, però, è che «lo Stato dia compensi giusti a uomini che debbono gestire tanta responsabilità, e copra tutte le disfunzioni di organizzazione, di strutture, di personale, in modo seriamente adeguato.
Come pretendere imparzialità da certi magistrati frustrati e complessati, pagati malissimo, senza nemmeno una macchina da scrivere o un cancelliere e con davanti la tentazione della bustarella del singolo potente o addirittura la connivenza con organizzazioni criminali? Quella del magistrato è sì una missione - concludeva il Venerabile - ma deve essere sostenuta con forza da uno stato che, attualmente, spende meno per la Giustizia di quanto non spenda in bilancio per la Rai/Tv».
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