DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Claudio Antonelli per “la Verità”
Ieri mattina il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha diffuso un report snello quanto greve. Al convegno della Corte dei conti ha spiegato che il «rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo potrebbe rapidamente portarsi su una traiettoria insostenibile». Il messaggio è diretto a Lega e 5 stelle, e all' idea condivisa di mettere l' asticella del deficit al 2%: ben 0,4 punti percentuali sopra l' idea originariamente caldeggiata dal ministro dell' Economia, Giovanni Tria.
Questo nonostante il dato di crescita del Pil sia in fase di rallentamento. Un modo per dire: occhio, la manovra la decide il Colle, e per conto di Sergio Mattarella agisce il ministro Tria. Ha fatto scandalo la diffusione di un audio del portavoce del premier Giuseppe Conte. Rocco Casalino ha attaccato rozzamente i dirigenti del Mef, a suo dire colpevoli di bloccare il reddito di cittadinanza.
Al di là dei toni (e soprattutto se l' audio è stato diffuso consapevolmente), il tema riporta la discussione politica dritta dritta al cosiddetto deep State. Non esiste un termine italiano per tradurre questa rete profonda che gestisce lo Stato indipendentemente o contro i partiti eletti. Molti suggeriscono di usare in italiano la parola «Quirinale». Mai come in questo momento esiste un «controgoverno» che ha in mano le leve di comando.
Che oppone alle idee politiche (oggi spesso confuse nelle ipotesi di realizzazione, soprattutto nei 5 stelle) i paletti della burocrazia delle leggi e della lentezza ministeriale. Tempo fa ci capitò di afferrare un ragionamento dell' unico vero commissario alla spending review in Italia, Enrico Bondi. Anch' egli, come gli altri e nonostante l' età e le capacità non riuscì a realizzare nulla. Motivo?
Se un capo di gabinetto decide che una cosa non è da realizzare, troverà il modo che le informazioni necessarie non arrivino mai sulla scrivania del titolare. Se non è riuscito a gestire la macchina un grande come Bondi, figuriamoci politici acerbi (e in alcuni casi impreparati) come quelli dell' attuale maggioranza. Quando sono state fatte le nomine a giugno, forse non hanno compreso quanto fosse estesa la rete del Quirinale.
Adesso se ne rendono conto. E non parliamo solo di Tria (che era considerato vicino a Paolo Savona) ma anche di Ignazio Visco, che - vale la pena segnalare - ieri è stato riabilitato dal Pd e dai renziani. Lo scorso ottobre era il male assoluto per via del crac Etruria, da ieri è il faro da seguire nella nebbia del bilancio pubblico. Il vero «deep State» però è composto da nomi che spesso gli elettori ignorano.
Tra gli uomini più potenti del presidente oggi c' è Ugo Zampetti. È colui che scandisce i tempi delle consultazioni davanti alle telecamere, ma soprattutto è il consigliere di fiducia di Mattarella. Da storico segretario generale della Camera, è diventato il 17 febbraio del 2015 segretario generale del Quirinale. Ha conservato tutte le relazioni degli ultimi 20 anni e le ha implementate. Basti pensare che l' attuale capo di gabinetto del Mef è Roberto Garofoli , che oltre ad aver ricoperto il medesimo incarico con Matteo Renzi e Gianni Letta ha lavorato con Filippo Patroni Griffi e ha gestito la commissione di contrasto alla corruzione alla quale partecipava anche Bernardo Giorgio Mattarella, il cui cognome riporta al Colle.
Ovviamente Garofoli è molto vicino a Zampetti come lo è il suo vice, Antonio Malaschini. Il dirigente è in pensione ma presta i suoi servizi per passione e come il consigliere di Mattarella è stato segretario generale in Parlamento. Il che spiega come il Mef sia un ambiente blindato e impermeabile. Fatto da grandi professionisti legati tra di loro da un background comune, anche culturale.
D'altronde, le scelte di Tria sono state tutte nell' onda della riconferma. Vale per il direttore generale del Tesoro e per le altre cariche. Anche al di fuori del Mef: un esempio su tutti, quelle in Cassa depositi e prestiti. Luigi Di Maio potrebbe però fare il medesimo ragionamento anche per il proprio dicastero. Vito Cozzoli è il capo di gabinetto del Mise. Ha un curriculum lunghissimo ed è stato consigliere parlamentare.
Ha dunque avuto modo di conoscere benissimo Zampetti e i due conservano ancora oggi un legame di stima reciproca. Immaginiamo che spesso si confrontino. Sempre al Mise lavora l' avvocato Francesco Fortuna, il quale da Di Maio ha ricevuto l' incarico di coordinatore dell' ufficio segreteria tecnica del capo di gabinetto. Fortuna ha partecipato all' ultimo concorso indetto dalla presidenza della Repubblica, piazzandosi ai primi posti.
Inutile dire che anche i vertici della Difesa sono molto vicini al Quirinale. L'osservazione è lapalissiana, visto che Mattarella è capo delle Forze armata, ma lo stesso capo di Stato è stato un influente ministro della Difesa, e molti dirigenti hanno lavorato con lui in passato. Un passaggio va dedicato pure all' ufficio legislativo del Quirinale, oggi guidato da Giancarlo Montedoro. Potentissimo quanto la ragioneria dello Stato e la protezione civile. Sono tutti in modo diverso centri spesa e quindi stanze dei bottoni.
la grande reteLa rete del deep State chiaramente non finisce qui. Anzi, assume forme complesse e spesso contorte. Basti pensare a Tito Boeri. Il numero uno dell' Inps è molto vicino al Quirinale e ai mandarini della Repubblica, eppure in questo momento sembra sostenere (apparentemente) il lavoro di Di Maio. I calcoli e gli schemi che sostengono il progetto di legge del taglio delle cosiddette pensioni d' oro sono suoi.
Boeri ha consentito l' operazione. Perché? Perché egli sa bene che la legge permetterà di remare a favore della legge Fornero. Sa che quota 100 smina la riforma del governo Monti, mentre il taglio alle pensioni d' oro blinda la Fornero, in quanto rende la sforbiciata retroattiva e in molti casi più penalizzante. Esattamente ciò che raccomanda l' Ocse, e quindi Mattarella. I 5 stelle se ne accorgeranno più avanti.
Ieri sera Di Maio su Facebook ha scritto che nella macchina dei ministeri «c'è però chi rema contro, una parte della burocrazia dei ministeri. È chiaro ed evidente che il sistema ha piazzato nei gangli fondamentali dello Stato dei servitori dei partiti e non dello stato. E questo mi preoccupa molto». È vero anche quanto ieri ha diramato il Mef: i dirigenti sono tecnici che forniscono risposte alle domande dei politici. Ma le riposte possono portare ad altre domande e attese, che sembrano quelle di Godot.
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