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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Marco Ferrando per "Il Sole 24 Ore"
Il futuro dell'industria italiana dell'auto in Italia e il ruolo di Fiat-Chrysler, le relazioni sindacali che spesso finiscono in tribunale, gli ammortizzatori sociali. E poi, soprattutto, l'Europa, ovvero la necessità che i problemi di sovracapacità produttiva del Vecchio continente siano affrontati a livello comunitario, magari facendo leva sulla credibilità di cui dispone in Europa l'ex commissario Mario Monti.
Una scaletta vera e propria non c'è, ma con ogni probabilità saranno questi i punti all'ordine del giorno del faccia a faccia che sabato vedrà protagonisti il premier e Sergio Marchionne, in quello che si preannuncia come un incontro molto più politico che industriale. A meno che, e in Fiat nessuno se la sente di escluderlo, lo stesso Marchionne non opti per un annuncio, cominciando ad alzare il velo su quel piano prodotti e stabilimenti atteso per il 30 ottobre, insieme ai conti del terzo trimestre.
Intorno al Lingotto (ma anche dentro), è su quel che resta del piano Fabbrica Italia che - naturalmente - si concentrano le maggiori aspettative, perché è su questo documento, preannunciato a fine luglio dallo stesso Marchionne, che sarà scritto nero su bianco quali e quante auto si fabbricheranno negli stabilimenti italiani. Al momento però il documento non è ancora pronto: mancano i primi dati di vendita della 500L, sul mercato dal prossimo fine settimana, i riscontri sulle nuove versioni della Panda che saranno presentate al salone di Parigi e le immatricolazioni di settembre, ma soprattutto - e il suo entourage l'ha ormai compreso - è abitudine di Sergio Marchionne cambiare fino all'ultimo i suoi piani.
Proprio per questo non è matematicamente escluso che l'ad scelga il tavolo di Palazzo Chigi per un annuncio legato a quegli stessi piani di sviluppo del gruppo, un annuncio che - si ragiona al Lingotto - difficilmente potrebbe essere di segno negativo, viste le recenti dichiarazioni di Marchionne e magari potrebbe riguardare Mirafiori, che per Fiat resta uno stabilimento simbolo che per funzionare necessita di almeno due modelli in produzione.
Esclusa la richiesta esplicita di aiuti o incentivi, improbabile un riferimento alle ambizioni tedesche sull'Alfa Romeo («Lo riteniamo un marchio interessante, non è un segreto», ha dichiarato ieri un portavoce della casa di Wolfsburg), è invece certo che si affronteranno le grandi questioni politiche che incombono su Fiat ma più in generale sul destino dell'automotive in Italia.
Da un lato, c'è il tema degli ammortizzatori sociali, e in particolare alla Cig straordinaria che il gruppo sta utilizzando negli stabilimenti di Mirafiori, Pomigliano e dell'ex Bertone di Grugliasco in scadenza nel 2013: per evitare i licenziamenti servirà quindi la cassa in deroga, un versante su cui il governo, pur in una situazione di risorse scarse, potrebbe muoversi, in presenza di precisi impegni da parte del gruppo sullo sviluppo di nuovi progetti. Temi, questi, di competenza dei ministri Fornero e Passera, mentre sarà ribadita direttamente al premier la necessità di un governo europeo per la gestione della crisi dell'auto, con un piano concordato di riduzione della capacità produttiva: per Marchionne è un tema prioritario ma gli appelli finora sono rimasti inascoltati. E Fiat sa bene che se a rilanciarli fosse proprio Mario Monti potrebbero ricevere un'altra accoglienza a Bruxelles.
Intanto ieri Fitch ha confermato il rating a lungo termine di Fiat a BB con outlook negativo. La decisione, si legge in una nota, riflette la previsione che il gruppo riuscirà a gestire l'erosione della cassa nei prossimi anni, grazie alle performance stabili in Brasile e di altre divisioni che limiteranno l'impatto erosivo in Europa.
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