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Enrico Franceschini per "la Repubblica"
I ricchi d'Inghilterra non sono mai stati così ricchi: nella classifica annuale pubblicata ieri dal Sunday Times raggiungono complessivamente quota 414 miliardi di sterline, più del record precedente stabilito nel 2008, prima del grande crac finanziario globale. Ma tutti gli altri sono trascinati in basso dalla più lunga depressione economica dell'ultimo secolo.
L'uomo che l'altro giorno si è barricato in una scuola guida di Tottenham Court road, minacciando di farsi saltare in aria perché non aveva «più niente da perdere», non era un pazzo o almeno non solo un pazzo: era anche un disoccupato. Alla fine la polizia lo ha convinto ad arrendersi, ma il suo gesto è sembrato il termometro di una disperazione più ampia.
Non a caso è arrivato all'indomani dell'annuncio che la Gran Bretagna è di nuovo in recessione: da sei mesi l'economia nazionale si restringe anziché crescere. à il temuto "double dip", il doppio tuffo nella crisi, quella odierna dopo quella 2008-'09.
Due recessioni di seguito: non succedeva dal 1975. Di colpo, nell'anno che doveva essere di Londra, nel 2012 del Giubileo di Diamante della regina (sessant'anni sul trono, da festeggiare in maggio con una regata sul Tamigi) e delle Olimpiadi (a luglio e agosto), la capitale appare ferita, incerta, spaventata: rivede all'orizzonte lo spettro del "grande scontento" degli anni Settanta. à trascorso appena un decennio da "London calling", la canzone dei Clash diventata lo slogan dell'era del blairismo: ma Londra non "chiama" più allo stesso modo.
Negli anni di Blair e della sua "Cool Britannia", la metropoli attorno al Big Ben era la terra del bengodi: la Borsa tirava, il valore delle case si moltiplicava, tutti si arricchivano. O così pareva. Oggi il settore finanziario, che rappresenta il 29 per cento del pil britannico, è quello calato di più negli ultimi due trimestri. Le banche non assumono, il settore dei servizi annaspa, le costruzioni frenano. Prima andava tutto liscio.
Adesso va tutto storto. Code di ore al controllo passaporti dell'aeroporto di Heathrow: l'effetto dei tagli al bilancio, che riducono il personale, col risultato è che gli stranieri entrano a Londra in un'atmosfera da Terzo Mondo, un bivacco. Giungono oscuri presagi: l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, leader spirituale della Chiesa anglicana, si dimette. Si è mai visto un "Papa" dimettersi? E perché poi? Lo spiega in un articolo su Prospect, raffinata rivista progressista, scagliando condanne sull'avidità del capitalismo rapace di Londra: «Lo ammoniva già la Bibbia, la City commercia in anime di uomini».
L'Antico Testamento, in verità , non si riferiva allo Square Mile, il miglio quadrato più ricco della terra, sede della London Stock Exchange e delle principali banche, ammette l'arcivescovo: bensì a una "city" del passato, l'antica Babilonia. «Ma il paragone regge», sostiene Williams, «perché Londra è una moderna Babilonia in cui commercio e profitto guidano qualsiasi considerazione e tutto è in vendita, anche le coscienze».
à presto per pronosticare il declino della moderna Babilonia. I Giochi Olimpici metteranno in scena uno spettacolo globale, attirando su Londra gli occhi del mondo. La regina Elisabetta garantirà il solito show inappuntabile per le celebrazioni del Giubileo. E i turisti che sciamano fra Piccadilly e Trafalgar, tra cui un milione di italiani nell'ultimo anno, non notano certo una città sfregiata dalla crisi. «Ma solo perché il centro di Londra è il parco giochi dei ricchi», osserva Ken Livingstone, detto il "Rosso" per le posizioni politiche negli otto anni in cui è stato sindaco fino al 2008, ora con l'ambizione di ridiventarlo nelle elezioni amministrative di giovedì. I sondaggi dicono che sarà battuto dal sindaco uscente, il conservatore Boris Johnson, ma non perché il messaggio di Livingstone sia debole: perché è debole il messaggero, la gente vuole facce nuove, il 67enne Ken ha governato abbastanza.
Tuttavia il modello di città divisa in "haves" e "haves not", chi ha e chi non ha, non disgusta solo l'ex sindaco di sinistra. «Tra il 1992 e il 2008, qui le rette delle scuole private sono cresciute dell'82 per cento», commenta Martin Stephen, preside di St. Paul, seconda scuola privata più esclusiva del regno (dopo Eton). Il costo ha raggiunto 26mila sterline l'anno, 30mila euro, che moltiplicati per l'intero corso scolastico significano su per giù mezzo milione di euro per educare un figlio fino alla soglia dell'università .
Due figli uguale un milione di euro: c'è gente che si vende la casa (anzi: le case, chi le ha) per pagare la retta scolastica, tenuto conto che le scuole pubbliche inglesi sono un disastro e solo le private spalancano l'autostrada verso carriera, denaro, successo. «Sono figlio di un medico di provincia che ha potuto mandare i suoi tre figli a buone scuole senza rovinarsi», ammette suo malgrado il preside di St. Paul. «Oggi uno come mio padre non sarebbe più in grado di farlo. C'è qualcosa che non va in un sistema simile».
Immaginate di volare su Londra. Non vedrete, naturalmente, un panorama depresso. Sulla riva sud del Tamigi è quasi finito lo Shard, la Scheggia, il grattacielo più alto d'Europa, disegnato da Renzo Piano. A nord del fiume, l'area di Stratford, un tempo deposito di rifiuti urbani,è risorta come base del nuovo Parco Olimpico e dopo i Giochi dovrebbe venire "gentrificata", creando una Londra 2 di benessere nell'East End dei poveri immigrati. Davanti ai club privati di Pall Mall e ai night di Mayfair, il sabato sera, si fermano limousine da cui scendono donne da favola al braccio di uomini ricchi e potenti.
Ma si è inceppata la formula di città capace di essere contemporaneamente trendy e generosa, terra delle (pari) opportunità per tutti, quasi una succursale europea dell'American Dream, che aveva funzionato negli anni del blairismo. à una Londra sempre più diseguale e scettica, quella che si prepara alla lunga estate del Giubileo e dei Giochi, augurandosi di non vederla turbata da incidenti come il terrorismo del 2005 (i kamikaze nel metrò, il giorno dopo l'assegnazione a Londra delle Olimpiadi) o una rivolta urbana come quella dell'estate scorsa.
à una metropoli che, con la scusa o giustificazione del terrorismo, si prepara ad approvare nuove norme per sorvegliare tutte le email e i siti visitati su internet, nella più vasta invasione della privacy mai sperimentata in uno stato democratico, facendo evocare il Grande Fratello di Orwell ai difensori dei diritti umani. à la città di una politica sporcata dagli scandali delle "cene in vendita" con il premier David Cameron a Downing street e dalle intercettazioni illecite dei tabloid di Rupert Murdoch, che con Cameron faceva segretamente combutta mescolando affari e potere.
«Se anche io non fossi eletto sindaco, Cameron perderà le prossime elezioni», scommette Ken Livingstone, «e le vincerà di nuovo un laburista, Ed Miliband, un leader autenticamente di sinistra, non annacquato come era Blair». Di certo c'è che i Tories, dopo due anni al potere, precipitano nei sondaggi. Quando Londra era "cool", viceversa, era "cool" anche l'inquilino di Downing street.
Forse ha ragione China Mieville, scrittore inglese socialista di fantascienza, autore di un feroce j'accuse contro Londra pubblicato dal New York Times il mese scorso. «C'è in giro una sensazione di amarezza», dice Mieville, «di attesa del caos, di voglia di cambiamento». L'uomo impazzito che gettava computer dalla finestra a Tottenham Court road potrebbe esserne un sintomo.
Nello stesso giorno, per coincidenza, i quotidiani londinesi riportavano la notizia che nel 2011 la filiale londinese della Goldman Sachs ha pagato soltanto 4 milioni di sterline di tasse su 2 miliardi di sterline di profitti: non un'evasione delle imposte, bensì una scappatoia legale. «Non abbiamo fatto un patto con Faust», tuona il reverendo Williams, «abbiamo fatto un patto con Frankenstein». Un mostro ancora più brutto del demonio, sottintende l'arcivescovo di Canterbury, perché creato dagli uomini, con le loro mani.
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