RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 6
1. GRILLO HA MINACCIATO DI MAIO DI SCOMUNICARLO (E SFILARGLI IL SIMBOLO DEL M5S) SE NON LA SMETTE DI MENARE SUL GOVERNO COL PD (CHE LUI HA VOLUTO)
2. I SOSPETTI INCROCIATI TRA GLI ALLEATI
Alessandro Trocino e Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Altro che tregua. Nel giorno in cui i mediatori, da Conte a Franceschini, da Gualtieri a Bonafede, fanno il massimo sforzo per placare le tensioni che dilaniano la maggioranza, Renzi strappa sulla manovra e torna la tensione tra Pd e 5 Stelle. Se il Nazareno continua a temere che il Movimento voglia mettere fine al governo giallorosso, da ambienti vicini a Di Maio trapela la preoccupazione opposta.
E cioè che siano i dem a tramare per la fine anticipata della legislatura. Il timore è che alcuni parlamentari del Pd stiano alimentando la rivolta dei gruppi M5S in vista del «d-day» del 26 gennaio, quando un' eventuale sconfitta di Bonaccini in Emilia-Romagna potrebbe provocare «la catastrofe».
LUIGI DI MAIO ROBERTO GUALTIERI
La grande paura è che il Pd voglia approfittare della solitudine di Di Maio, osteggiato da gran parte dei gruppi e non più sostenuto da molti fedelissimi, per preparare un ribaltone e un cambio di leadership. Si parla di «terrorismo psicologico», di tentativo di fare «terra bruciata» intorno al capo politico M5S. Ma anche della tentazione dem di far saltare tutto e approfittare della crisi di consensi del Movimento per andare alle urne.
luigi di maio dario franceschini
Questo è il clima. Eppure Giuseppe Conte non ha rinunciato a trasformare l' alleanza giallorossa in un «progetto politico di ampio respiro», tanto che Dario Franceschini ne parla a Porta a Porta : «Serve costruire un campo contro la destra estrema. E siamo competitivi solo se stiamo insieme».
Stufi dei continui rilanci di Di Maio e delle sparate di Renzi, i dem hanno deciso di cambiare passo. «Se i 5 Stelle non la smettono, iniziamo anche noi a bastonare», è il nuovo motto del Nazareno. Non solo i dirigenti del Pd hanno accelerato sulla legge elettorale, ma hanno chiesto al premier di trovare una sintesi sui tanti dossier aperti. E così, nelle stesse ore in cui si cercava una tregua sulla prescrizione, Conte chiamava a Palazzo Chigi i ministri economici per spegnere l' ultimo incendio: Renzi che vuole cancellare la voce plastic tax. Un' uscita che viene accolta con qualche ironia in casa Pd: «Alza i toni perché è precipitato al 10% di gradimento. E ricordiamoci che Di Pietro cadde dopo un' inchiesta sulle sue case».
alfonso bonafede, luigi di maio e giuseppe conte
La narrazione di Renzi paladino anti-tasse viene smentita, sia pure con toni soft, da Palazzo Chigi, che fa notare come «sul tema ci sia sintonia totale». Il premier, del resto, lo aveva promesso già diverse settimane fa. Nonostante il nulla di fatto del vertice, alle 20.30 Conte non pare preoccupato per la tenuta della maggioranza. «I partiti, a cominciare da M5S e Italia viva, non hanno interesse ad andare al voto» è il ragionamento del premier.
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 5
Le dichiarazioni pubbliche di Di Maio sulla prescrizione hanno sorpreso molti. Parole concilianti, quasi affabili: «Non vedo motivo di alimentare tensioni inutili nel governo».
Il leader M5S, nelle parti del dottor Jekyll, si stupisce «dei toni duri usati negli ultimi giorni da parte di qualcuno». E sembra spalancare le porte sulla prescrizione: «Ogni buona proposta è ben accetta». Molti interpretano l' improvvisa conversione al buonismo come l' effetto di una telefonata che Di Maio avrebbe ricevuto da Beppe Grillo. Una chiamata non benevola, per rimproverarlo aspramente dei toni troppo duri sul governo e per minacciarne la defenestrazione.
La telefonata, resa nota dal sito Dagospia, viene smentita alla velocità della luce dalla comunicazione 5 Stelle. Ma dentro il Movimento sono in molti a pensare che sia vera («Lo sanno tutti che Grillo è stufo delle sparate di Di Maio») e che spieghi l' improvvisa «conversione» del capo politico.
Dalle sue parti lo chiamano invece «attendismo». Il ministro degli Esteri si sarebbe messo soltanto in pausa: «Il Pd ha detto che ci fa delle proposte, vediamole. Purché sia chiaro che non possono essere una nuova riforma Orlando». Quanto al salva-Stati, Di Maio incassa il rinvio come una vittoria: «Avete visto? Alla fine si è andati sulla strada che avevo indicato io». Anche se, molto probabilmente, di modifiche al Mes non ce ne saranno.
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