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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Alessandro Giuli per "Il Foglio"
Emanuele Macaluso ha un anno in più del vecchio amico Giorgio e, se solo lui glielo avesse chiesto per tempo, nell'aprile scorso, il suo consiglio sarebbe stato: "No, non accettare il ricatto della rielezione al Quirinale, non conviene a te e alla tua salute. Ti guadagnerai rampogne e altri guai".
Oggi che Napolitano agisce ancora da perfetto monarca costituzionale, nella palude delle intese ormai piccole e delle grandi intemperie politico-economiche, Macaluso dice al Foglio che il suo amico Giorgio non ha una buona ragione per farsi da parte subito, sebbene gli convenga sperare che questo stato d'eccezione si chiuda quanto prima.
Macaluso sopporta con bonomia l'aura di venerando, non ha alcun tratto d'inaccessibilità ma tollera poco l'equivoco doloso sul suo presunto ruolo di confidente (se non ventriloquo) quirinalizio. "Facciamo subito un paio di premesse metodologiche senza le quali non è bene iniziare la conversazione.
Punto primo: sto per dirti quel che penso io, come libero pensatore e senza vincoli che non attengano alla mia storia e solo a quella. Punto secondo: il presidente della Repubblica in otto anni non mi ha mai anticipato una sua decisione, appresi alla radio della sua possibile rielezione, ero contrario e i fatti mi hanno dato ragione".
Punto terzo, azzardiamo: potrebbe andarsene di qui a poco, Napolitano, una volta constatata la fine delle condizioni sulle quali poggiava l'esperimento del governo presidenziale d'emergenza: saltate le larghe intese con il passaggio del Cav. all'opposizione, impaludata l'iniziativa economica dell'esecutivo, delegittimato politicamente il Parlamento dalla sentenza della Consulta sul Porcellum, arrivato Renzi alla guida del Pd, non sarebbe opportuno varare una legge elettorale minimamente condivisa e poi liberi tutti?
Macaluso arriva al cuore del discorso muovendo dalla genealogia del Napolitano bis, un campo di battaglia politico nel quale non si contavano che vinti e dispersi, e che nel nome di re Giorgio ha prodotto un governo di necessità "contro il quale vi scagliate oggi voi del Foglio, con Beppe Grillo e quelli del Fatto, con Barbara Spinelli e con Repubblica".
Al netto della genealogia, oggi il petto di Macaluso dice questo: in punto di diritto costituzionale, "Napolitano potrà sciogliere le Camere quando non ci saranno più questo governo e una maggioranza che lo sostenga o ne sostenga uno alternativo. A meno che non abbiate l'avventatezza di pretendere che lui dica a Enrico Letta di dimettersi".
Ci avventiamo: Napolitano ha già dimostrato di saper interpretare la propria funzione fino ai limiti estremi delle sue prerogative, se possibile allargandoli nella terra vergine d'una nuova Costituzione materiale già semi presidenzialista. Ergo: se ammettesse, non vogliamo dire il fallimento, ma almeno la sopraggiunta obsolescenza della missione comune a lui e a Letta, se giudicasse esaurito il suo mandato e quello del governo, a quel punto il presidente del Consiglio dovrebbe prenderne atto.
"Ma non è lui che deve farlo - risponde Macaluso - devono farlo il capo del Partito democratico, Matteo Renzi, e Angelino Alfano: tolgano loro la fiducia a Letta e avrete le elezioni. Oppure c'è un'altra via". Continuare così. "No. Si può fare come dice Renzi ma accelerando ancora di più i tempi. Vale a dire: approvare subito una nuova legge elettorale, ridurre il numero dei parlamentari, abolire il bicameralismo, varare un minimo di provvedimenti di natura economica. Si può fare tutto in pochi mesi, credi a me che ho esperienza quarantennale di cose politiche, e poi tutti al voto".
Chiave di volta del ragionamento: "La maggioranza delle larghe intese non c'è più, è vero, ma se ne debbono creare altre sui punti specifici cui ho appena accennato, lo ha fatto capire anche Renzi. Spero vada così, e mi auguro che il prima possibile Napolitano possa dimettersi dalla presidenza della Repubblica, non appena si sarà insediato un nuovo Parlamento". Finirà così? "Rileggetevi bene le sue parole".
Le parole cui allude Macaluso sono quelle che Giorgio Napolitano ha pronunciato dopo la rielezione. "Lui è ancora lì, al Quirinale, soltanto per verificare che questa legislatura faccia una nuova legge elettorale e poche ma precise riforme. Non può essere il capo dello stato a chiedere elezioni subito, smentirebbe se stesso. Napolitano sa che le larghe intese sono finite ma sa pure che altre larghe maggioranze possono coagularsi sulle riforme".
Dobbiamo confidare in Renzi? "Come sai, non sono iscritto al Pd e ho rivolto molte critiche a questo partito. Però oggi c'è un nuovo segretario, anzi un capo che si dice sia un decisionista, ritengo che grazie a lui tempi e contenuti delle riforme possano avanzare speditamente.
Renzi è ambizioso, ha fretta di salire a Palazzo Chigi e il modo migliore per ottenere questo è imporre tempi rapidissimi all'agenda del governo. Ripeto: se davvero le cose vuoi farle presto, in Parlamento è possibile, anche a costo di far lavorare le Camere di notte". E qui arriviamo appunto al crepuscolo di Enrico Letta. Lui non avrà fretta né voglia di accorciare le sue aspettative di sopravvivenza politica.
Macaluso non la pensa così. "Se è intelligente, deve essere lui per primo a muoversi per intestarsi alcune riforme. Potrebbe perfino uscirne meglio di Renzi. Sbaglia, invece, se pensa che allungando il brodo si allungherà la sua vita politica". In coda c'è il veleno degli ultrà anti napolitaniani, l'incalzare dei mozzorecchi, l'amorevole disillusione del Foglio nei confronti dell'esperimento quirinalizio azzardato, malgré soi, da un presidente amico per la nostra ditta; e c'è la folle vicenda di Silvio Berlusconi.
Dice Macaluso: "Sia a destra sia a sinistra hanno tutti urlato âviva Napolitano' fintantoché credevano potesse corrispondere alle loro pretese. La sinistra, quella che oggi con Barbara Spinelli dice a Renzi di affrettarsi a chiudere con il governo Letta, ce l'ha con Napolitano perché non ha messo subito alle corde Berlusconi.
E Berlusconi attacca ingeneroso il presidente e gli dà di golpista perché non ha inseguito i suoi funambolismi e le sue bugie (comprese quelle sulla grazia, tra pretese di motu proprio e altre contraddizioni da repubblica delle banane); ma Napolitano ha comunque cercato di coltivare un rapporto con il partito berlusconiano, prima che il Pdl si scindesse, deludendo coloro che intimavano di chiudere ogni rapporto con il âpartito del delinquente'.
Ecco che cosa sta pagando Giorgio". Speriamo finisca presto. "Prima possibile, come ho detto, anzitutto nel suo interesse. In primavera o in estate potremmo già essere pronti". Per votare.
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