DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per “Il Fatto Quotidiano”
Totò Riina ne è sicuro: “Anche se Berlusconi va in galera’’, sussurra il boss nel cortile di Opera, “non se la canta’’. Ma se Silvio svelasse i suoi segreti, chiede il regista Franco Maresco a Marcello Dell’Utri durante l’intervista contenuta nel film Belluscone, cosa verrebbe fuori? “Secondo me – risponde l’ex senatore del Pdl - delle cose tremende’’. Ad esempio? “La verità sulla morte di Mattei’’.
Davanti alle telecamere di Maresco, seduto su un trono tra fumi sulfurei, il senatore oggi detenuto non dice di più, perché, racconta il regista, l’improvviso guasto di un microfono mette fine all’intervista.
Restano quelle parole pesanti come pietre che suonano come un messaggio, diretto non si sa a chi. Forse non a Berlusconi, che all’epoca del sabotaggio dell’aereo di Enrico Mattei aveva solo 26 anni, e certamente non solo a lui.
Parole pronunciate in un film satirico sulla degenerazione di questo Paese nel ventennio berlusconiano che rilanciano, a distanza di 52 anni, il giallo della fine di Enrico Mattei, l’ex presidente dell’Eni precipitato con il suo aereo privato nelle campagne pavesi di Bascapè la notte tra il 27 e il 28 ottobre 1962, e lo ripropongono ancora una volta come il fulcro dei misteri italiani, un impasto perverso di politica, finanza e sistema criminale.
E se Riina cerca ancora una rivendicare a Cosa Nostra, in questo caso al boss Giuseppe Di Cristina (“minchia è stato minaccioso, minchia a Catania la bomba nell'aereo, gliel’ha messa lui, prima hanno sentito Di Cristina, spavaldiava in tutto...”) la responsabilità dell’attentato, oggi Dell’Utri, detenuto dopo la condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno appare convinto che Berlusconi ne conosce il segreto.
Perché? Si può provare a rispondere a questa domanda partendo dalla richiesta di archiviazione del pm di Pavia Vincenzo Calia, oggi procuratore aggiunto a Genova, che per primo ha indagato sulla morte di Enrico Mattei, giungendo alla conclusione, indubbia (e confermata dalle due sentenze del processo De Mauro), che l’aereo fu sabotato da una micro-carica di esplosivo piazzata sul cruscotto del Morane Saulnier, il bimotore precipitato; e subito dopo collega l’eliminazione del presidente dell’Eni alla scomparsa nel ’70 del giornalista de L’Ora Mauro De Mauro e ancora cinque anni dopo al pestaggio mortale dello scrittore Pier Paolo Pasolini.
Ma cosa lega i tre delitti? Il giornalista di Palermo e l’intellettuale degli ‘’Scritti Corsari’’, secondo il pm Calia, avevano quasi certamente scoperto la verità sul disastro aereo di Bascapé, quello che Fanfani definì “il primo gesto terroristico del nostro paese’’: e cioè che Mattei, l’unico capace di modificare gli equilibri politici internazionali con una politica petrolifera che avrebbe resto l’Italia indipendente dalla dittatura anglo-americana delle Sette Sorelle (i paesi produttori di petrolio) era rimasto vittima di un ‘’complotto tutto italiano’’.
L’indagine giudiziaria di Calia, infatti, oltre a raccogliere numerose prove a carico del ‘’sabotaggio’’ dell’ aereo privato di Mattei, fornisce innumerevoli indizi all’ipotesi che dietro l’eliminazione del presidente dell’Eni si celi un miscuglio di complicità istituzionali e depistaggi che tornano a ricompattarsi ogni volta che, anche a distanza di anni, quel segreto viene minacciato. Cosa che De Mauro aveva fatto collaborando alla sceneggiatura del film Il caso Mattei di Francesco Rosi, e che Pasolini aveva reiterato scrivendo Petrolio, il romanzo incompiuto sulla natura criminogena del potere in Italia. Una cosa è certa.
Dopo la morte del presidente dell’Eni, il suo posto viene preso dal futuro presidente della Montedison Eugenio Cefis, l’uomo che lo stesso Mattei aveva cacciato dall’ente petrolifero e che un appunto del Sismi descrive come “il fondatore della P2’’, predecessore di Gelli e di Ortolani nella loggia supersegreta di cui anche Berlusconi possiede una tessera: la numero 625. Alla luce degli approfondimenti giudiziari, la fine di Mattei è insomma un inconfessabile segreto che minaccia le istituzioni democratiche, dal 1962 al 1975, con un inesorabile gioco di ricatti incrociati.
Che c’entra Berlusconi? Agli atti della sua inchiesta Calia ha acquisito un rapporto della Guardia di Finanza firmato da Massimo Maria Berruti, poi assunto alla Fininvest ed eletto alla Camera per Forza Italia, secondo cui ''una delle società accomandanti della Edilnord centri residenziali, dell'avvocato Umberto Previti, padre di Cesare (già Edilnord sas di Silvio Berlusconi & C, una delle prime società del cavaliere di Arcore, con sede a Lugano) si chiama Cefinvest. E’ questo che intendeva dire Dell'Utri?
un giovane Mauro De Mauro jpeg
Non è la prima volta che l’ex patron di Publitalia parla della morte di Mattei. Lo ha fatto anche il 2 marzo del 2010, quando ha annunciato, a sorpresa, di aver ritrovato il capitolo Lampi sull’Eni, scomparso misteriosamente dalle carte del manoscritto di ‘’Petrolio’’. In quel capitolo, Pasolini ricostruiva i misteri legati all’uccisione di Mattei con un racconto che – schematizzato nelle pagine successive del libro- attribuiva la sua morte al suo successore.
Su quel capitolo Dell’Utri e’ apparso piuttosto laconico: “L’ho letto ma non posso ancora dire nulla - dichiarò - è uno scritto inquietante per l’Eni, parla di temi dell’azienda, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese’’. Come per magia, però, il capitolo si volatilizzò e lo stesso Dell’Utri dice di non aver mai piu rivisto l’uomo che glielo aveva mostrato su fogli di carta velina. Un altro mistero nel mistero. Che l’ex senatore, ora in cella a Parma dopo la condanna per concorso esterno in mafia, non ha mai voluto rivelare.
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