DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
- P.A: OK COMMISSIONE SENATO, PRIMO SÌ A RIFORMA MADIA
(ANSA) Arrivo il primo sì alla riforma della Pubblica amministrazione. La commissione Affari costituzionali del Senato ha infatti concluso l'esame e approvato il testo, in gran parte rivisto, dopo sette mesi dall'avvio. Tra le novità la stretta sulle assenze nella P.a e la scure sulle società partecipate. Il ddl Madia è così pronto per approdare in Aula.
- P.A: DIVENTARE DIRIGENTI, OLTRE CONCORSO ANCHE ESAME
(ANSA) - Oltre al concorso per diventare dirigenti a tempo indeterminato sarà necessario anche superare un altro esame, dopo i primi anni di servizio. La novità, inserita nella delega P.A, ha appena avuto il via libera della commissione Affari Costituzionali del Senato.
- LA PA CAMBIA, PIÙ DIGITALE E CENTRALIZZATA
(ANSA) - Ecco come dovrebbe cambiare lo Stato, stando a quanto uscito dalla commissione Affari Costituzionali del Senato, chiamata a dare il primo sì al ddl Madia. Ne dovrebbe uscire un paese digitalizzato, un'amministrazione snella meno tentacolare, ma più centralizzata.
- UNO STATUTO E UN NUOVO CAPO PER UNA P.A. DIGITALE. Arriva la 'carta della cittadinanza digitale', con il Governo delegato a definire il livello minimo di qualità dei servizi online delle pubbliche amministrazioni. Il progetto è ambizioso soprattutto quando si parla di assicurare l'accesso a internet negli uffici pubblici, dalla scuole alle asl. Affinché tutto ciò non resti sulla carta nasce un nuovo capo, un dirigente incaricato di traghettare le amministrazioni alla svolta digitale, con tutte le le conseguenze che ne derivano sul fronte dell'organizzazione della gestione del personale (basti pensare che si pongono soglie minime per il telelavoro). D'altra parte tutto ciò dovrebbe anche far risparmiare e quindi il capo hi-tech potrebbe anche avere le sembianze di un 'mini-commissario' alla spending review.
cena renzi blair orlando boschi madia 1
- STOP A VETI, LUNGAGGINI E ALTRI CAVILLI BUROCRATICI. Ampio ricorso alla regola del 'silenzio-assenso' tra le amministrazioni. In caso di contese su nulla osta e altri via libera, sarà il premier a decidere, dopo un passaggio in Cdm. Ed è fissato anche un limite di tempo per ottenere il sì, sempre in caso di atti da cofirmare: massimo 30 giorni. Un altro baluardo contro la burocrazia è rappresentato dall'elenco preciso, sarà il governo a stilarlo, delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva. Rispondono sempre a questa logica le misure volte a 'sbloccare' la conferenza dei servizi.
- SCURE SULLE PREFETTURE, TUTTO LO STATO IN UN SOLO UFFICIO. Ora in Italia c'è una prefettura per Provincia non sarà più così anche se ci vorrà tempo: si va verso un taglio netto che potrebbe portare anche a un loro dimezzamento, di certo quel che ne rimarrà andrà a finire nell'Ufficio territoriale dello Stato, punto di contatto unico tra amministrazione periferica e cittadini, in cui confluiranno tutte le diramazioni della P.A. centrale, dalle sovraintendenze alle sedi della ragioneria. La sforbiciata non sarà comunque insensibile a questioni legate alla criminalità, alla densità abitativa o al fenomeno delle immigrazioni. Si farà anche piazza pulita degli uffici dei ministeri che replicano funzioni svolte da Authority. In generale si prevede la soppressione di tutti gli enti inutili o in rosso.
- POTERI A PALAZZO CHIGI, DA VIGILANZA SU AGENZIE A NOMINE. Nel rispetto delle leggi e della Costituzione, anzi a fini della loro piena attuazione, il parlamento delega l'esecutivo a precisare le funzioni di palazzo Chigi per il mantenimento dell'unita' di indirizzo. Un rafforzamento della collegialità quindi che si ritrova anche nelle nomine di competenza diretta o indiretta, del Governo o dei singoli ministri, in modo che le scelte passino per il Cdm anche quando l'atto formale spetta al singolo dicastero. La delega riguarda pure la definizione delle competenze in materia di vigilanza sulle agenzie governative nazionali, tra cui ci sarebbero quelle fiscali (come le Entrate).
- ADDIO FORESTALE, DA 4 A 5 CORPI. RESTA NODO 'PROVINCIALE'. Per ora si parla solo di "eventuale" assorbimento della Forestale negli altri Corpi, con le funzioni di tutela ambientale e alimentare che resterebbero intatte. Ma più che una possibilità sembra una certezza, viste anche le dichiarazioni del premier Matteo Renzi e della ministro della P.A, Marianna Madia. Da cinque corpi nazionali si passa quindi a quattro (restano Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Penitenziaria). Rimane invece da capire il destino della polizia provinciale.
- TAGLIO A MUNICIPALIZZATE E CAMERE DI COMMERCIO. Razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche, con la definizione di limiti per la costituzione di società, l'assunzione e loro il mantenimento. Possibilità di piani di rientro se i bilanci risultano in disavanzo ed eventuale commissariamento. La dieta imposta è di quelle che, se rispettate, porta a un dimagrimento drastico. Altrettanto rigido è il programma indirizzato alle camere di commercio, con un sostanziale dimezzamento del loro numero.
- GHIGLIOTTINA SUI DECRETI MINISTERIALI. Una forbice che mira a sbrogliare la matassa di rinvii a provvedimenti attuativi, con l'obiettivo di fare ordine e di sbloccare leggi rimaste in sospeso. Tutto passa per una delega al Governo, chiamato a fare una cernita andando a guardare alle disposizioni degli ultimi tre anni. La scure tocca decreti ministeriali, dpcm e regolamenti, mentre restano esclusi i decreti legislativi.
- LICENZIAMENTI FACILI, STRETTA SU ASSENZE CON POTERI A INPS. Quando scatta un'azione disciplinare contro un dipendente non potranno più passare 100 giorni, e soprattutto non si potrà più concludere tutto con un nulla di fatto, altrimenti a rimetterci sarà il dirigente responsabile. Il procedimento dovrà essere portato senza escludere il licenziamento. Quanto alla diatriba sull'articolo 18 per gli statali, non c'è nulla di scritto e questo per il governo vuol dire che la reintegra resta. Su un punto però non si transige: niente più finti malati. Per centrare l'obiettivo le funzioni di controllo e le relative risorse passano dalle Asl all'Inps.
- DIRIGENTI LICENZIABILI E A TEMPO. Un solo ruolo, niente più fasce, incarichi di massimo tre anni rinnovabili una sola volta, superamento degli automatismi di carriera e tetti agli stipendi. La dirigenza pubblica cambia, si interviene sull'accesso (il concorso non basta più, serve anche un esame) e sull'uscita: chi non riceve incarichi dopo un certo periodo diventerà licenziabile. Un accento anche sulla responsabilità, i dirigenti sono i soli a dover rispondere della gestione.
- ARRIVA IL TAGLIO DELLA STATALE LA BOSCHI TUTOR DELLA MADIA
Fausto Carioti per “Libero quotidiano”
Versione soft: un ministro sulla cresta dell’onda (Maria Elena Boschi, chi altri?) approfitta della inconsistenza della collega (Marianna Madia, e qui in effetti i nomi possibili erano tanti) e della vicinanza al premier per allargare la propria sfera di influenza a scapito dell’altra, facendo ciò che quella non riesce a fare. È la politica, bellezze. Versione hard: è appena iniziata la faida tarantiniana tra i fedelissimi di Matteo Renzi e l’ancient régime del Pd. Primo anello a saltare, la ministra ex veltroniana, incidentalmente priva da qualche tempo dell’alto sostegno di Giorgio Napolitano, suocero mancato.
Altre vittime seguiranno: la nascita del partito della Nazione impone adeguati sacrifici di sangue. Di sicuro la riforma della Pubblica amministrazione, che doveva essere il fiore all’occhiello della Madia, è stata commissariata dalla collega-rivale, nella forma e nella sostanza. Ormai la Boschi, vero surrogato del premier, parla del provvedimento come se fosse roba sua.
maria elena boschi e marianna madia
Ennesimo palcoscenico, il forum di Cernobbio, tre giorni fa. Nei conciliaboli con gli imprenditori la Boschi ha assicurato che la riforma del pubblico impiego uscirà dalla palude e si farà in tempi rapidi, perché adesso il dossier è nelle sue mani. Che è come dire nelle mani di Renzi: Deus vult, Dio lo vuole. Per comprendere il capitolo “sostanza” occorre invece addentrarsi nei tecnicismi del lavoro fatto in questi giorni in commissione Affari costituzionali, dove oggi si finirà di scrivere il testo del disegno di legge destinato a sbarcare in aula.
Ultimo esempio, l’emendamento del relatore Giorgio Pagliari, senatore del Pd, che autorizza il governo a emanare decreti che cancellano o modificano i provvedimenti attuativi dei ministeri entrati in vigore dal 2012. Una norma, recita il testo, introdotta «al fine di semplificare il sistema normativo e i procedimenti amministrativi», ma che di fatto sposta il baricentro della riforma dal tavolo della Madia a quello dello Boschi. I decreti in questione saranno infatti varati su proposta del presidente del Consiglio d’intesa con il ministro per le Riforme. Cioè, appunto, da Renzi e dalla Boschi.
Non pervenuta la Madia. Come nella canzone di Paolo Conte: descansate niña, che continuo io. La Madia non paga solo l’incapacità di portare avanti la riforma. Da semplice parlamentare era riuscita a sbagliare ministro: doveva incontrare Enrico Giovannini, responsabile del Lavoro, e lo confuse con Flavio Zanonato, titolare dello Sviluppo economico.
Diventata ministro, non ha smesso di combinare disastri con gli incarichi. C’è la sua firma, ad esempio, sulla nomina di Alessandra Poggiani a direttore dell’Agenzia Italia Digitale, decisa a luglio proprio «su proposta del Ministro per la Semplificazione e la Funzione pubblica». L’Agenzia dovrebbe «entrare nella piena operatività nelle prossime settimane», disse la Poggiani a ottobre. Non è mai successo. Articoli apparsi su Italia Oggi hanno subito sollevato dubbi sul suo curriculum, che hanno prodotto interrogazioni e interpellanze parlamentari.
Quella che ha come primo firmatario il grillino Luigi Di Maio sostiene che il ministro «avrebbe nominato direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, in assenza di una graduatoria formale, un candidato privo dei requisiti» di legge, «non essendo presente nel fascicolo di selezione alcun provvedimento che certifichi l’equipollenza del titolo di studio ottenuto all’estero». Sempre Di Maio scrive che la nomina della Poggiani è oggetto di una denuncia alla Corte dei Conti e alla procura della Repubblica.
La Poggiani si è difesa sostenendo la regolarità del titolo di studio, ma il governo non ha mai messo la faccia sul suo curriculum e la stessa Madia si è guardata bene dal rispondere all’interrogazione di Di Maio. Brutta botta per Renzi, anche perché rimediata su un nervo sensibile come quello della digitalizzazione. Quanto alla Poggiani, si è appena dimessa accampando non meglio precisate ragioni personali. Non prima, però, di avere rilasciato un’intervista velenosetta alla rivista Wired: «Non mi sono sentita sostenuta. Forse il presidente del Consiglio ha chiaro quanto sia importante questa partita, ma gli altri senz’altro no».
La manager internazionale che avrebbe dovuto innescare la rivoluzione digitale della Pubblica amministrazione è finita così a cercare un posto da consigliere regionale in Veneto (lei, romana) in una lista satellite del Pd. Il governo adesso sta cercando un nuovo direttore per l’Agenzia. L’unica certezza che hanno, a palazzo Chigi, è che non sarà la Madia a sceglierlo.
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