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MADONNA INCITA LA FOLLA IN DIRETTA TV DAVANTI A MILIONI DI PERSONE: ''FACCIAMO SALTARE IN ARIA LA CASA BIANCA, CAZZO!'' (VIDEO), E FINISCE INDAGATA INDAGATA DAL SECRET SERVICE - NON MANCAVA NESSUNO: HELEN MIRREN, JULIA ROBERTS, SCARLETT JOHANSSON, CHER, YOKO ONO, VECCHIE FEMMINISTE COME GLORIA STEINEM, JOHN KERRY E MICHAEL MOORE - TRUMP DISSE ''I GRAB THEM BY THE PUSSY'' (LE PRENDO PER LA FICA), LE DONNE DI MEZZO MONDO URLANO: ''RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE FICHE''

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VIDEO - MADONNA: ''FACCIAMO SALTARE IN ARIA LA CASA BIANCA, CAZZO!''

 

 

LA RIVOLTA DELLE DONNE MEZZO MILIONE CONTRO DONALD "L' AMERICA SIAMO NOI"

Anna Lombardi per ''la Repubblica''

 

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James e Kuvida si sono spinti fin sotto il National Museum of American Indians, all' angolo di Independence Avenue, cuore della protesta, insieme al loro bebè di 4 mesi: «Un giorno gli racconteremo che era il più giovane contestatore della Marcia». Una classe di liceali, maschi e femmine arrivati da Delmar, Delaware, con le loro insegnanti, avanza in fila indiana afferrandosi a un lungo cordone rosa per non perdersi. Le ragazze della Cornell, i cappelli rossi e blu col nome dell' università, si tengono invece per mano. Yen, 50 anni, musulmana del Vermont, indossa un velo rosa e un cartello al collo: «Uniti resistiamo ».

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Capitol Hill è invasa di gente fin dalle prime ore del mattino.

 

«Siamo arrivati fin qui da tutto l' America - spiega Rebecca Walters, 35 anni, di Seattle - per dire a Donald Trump, nel primo giorno di presidenza, che ci opporranno con ogni mezzo alla sua politica reazionaria e misogina ». Impossibile contarli: «Siamo 500 mila». «No, molti di più». Di sicuro, nel mondo, sono almeno 2 milioni e mezzo le persone che hanno affollato le manifestazioni "sorelle" organizzate in 600 città, da New York a Miami, da Londra a Berlino fino a Roma.

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A Washington l' intero Mall, la zona che va dal Campidoglio alla Casa Bianca, è un tappeto di "Pussy Hat", il cappello della protesta, indossati da uomini, donne, bambini. Come quello che porta David Clausburg, 58 anni, arrivato da Boston in treno: «Sono qui per mia moglie, morta di cancro: lei avrebbe voluto esserci ».

 

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Quando l' attrice America Ferrera, la protagonista della serie Ugly Betty, sale sul palco, sono da poco passate le 10: «Il Presidente non è l' America. Noi siamo l' America» dice. E la piazza esplode in un boato. «Dobbiamo riprenderci la politica», arringa le amiche Jennifer Glover, arrivata da New York con le sue bambine. Sulla carrozzina di Annika, la più piccola, c' è un cartello: «Futuro Presidente».

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Dal palco l' icona femminista Gloria Steinem fa lo stesso tipo d' invito: «Scambiatevi i numeri di telefono, datevi appuntamento a domani. Non lasciate passare questo momento». Le fa eco il regista Michael Moore: «Presentatevi alle elezioni: siete voi che dovete essere eletti. In politica c' è bisogno di giovani, di donne». E l' attrice Scarlett Johansson: «Presidente Trump io vorrei anche sostenerla. Ma prima Lei deve sostenere noi: come donne».

 

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Poco prima di mezzogiorno John Kerry, segretario di Stato fino all' altro ieri, si fa largo fra la folla, il cane al guinzaglio e la figlia Alexandra sotto braccio. Apparentemente senza scorta, non sorride e non si presta alle richieste di selfie della gente: che gli fa comunque largo fra gli ap- plausi. Su Twitter rimbalza il saluto di Hillary Clinton: «Questa marcia in difesa dei nostri valori è più importante che mai».

 

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Adriana, che è afro-americana, e la sua amica Cindy, hanno 19 anni e arrivano dal Maryland: «È la prima volta che partecipiamo a una manifestazione. Non sarà l' ultima. Ci sono troppi diritti in pericolo da difendere». Un gruppo di medici, il camice bianco addosso, chiede che tutti s' impegnino in difesa della riforma sanitaria. Li applaude Angela Derril, 50 anni, un cartello al collo: "Obama mi ha salvato la vita". «Avevo bisogno di un trapianto: senza l' Obamacare non me lo sarei potuto permettere».

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Sono le due del pomeriggio quando la marcia comincia a muoversi, le organizzatrici Carmen Perez, Tamika Mallory, Linda Sarsour e Bob Bland in testa.

 

La gente è così tanta che Pennsylvania Avenue non riesce a contenerla. Sul palco intanto sale Madonna: «Il bene non ha vinto queste elezioni. Ma questo è l' inizio di una nuova storia. Sai che ti dico Trump: F you!». La parolaccia in diretta tv imbarazza i network che tagliano la diretta. «Grazie, grazie, grazie» si commuove Barbara Pruvit, 80 anni. «Sono bisnonna, non avrei mai creduto di dover ancora scendere in piazza per i diritti degli emarginati. Ma credetemi: alla mia età non posso più sbagliarmi. Tutta questa gente farà il mondo migliore».

 

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"CON I NOSTRI CAPPELLI CANCELLIAMO IL SESSISMO"

Anna Lombardi per ''la Repubblica''

 

«Voglio fare un cappello per la mia bambola uguale a quello che mamma ha fatto per me. Porto anche la bambola alla manifestazione».

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Scarlett, 10 anni, era corsa dopo la scuola al Knitty City - il negozio di lane sulla 79evesima strada a Manhattan dove si tengono lezioni di maglia - accompagnata dalla mamma Cecilia Helgesen, i Pussy hat ben calati sulla testa. Lo spazio di questo paradiso della lana, un arcobaleno di mohair, angora e cachemere, nei giorni scorsi era affollatissimo.

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Nell' ultimo mese, intorno a due tavoli almeno 30 donne hanno lavorato a maglia cappelli con le orecchie di gatto che sono diventati i simboli delle manifestazione che ieri ha invaso Washington. «Il Pussy hat è la risposta a quell' orrenda frase di Trump, il "grab a pussy" del video- scandalo di qualche tempo fa - spiega Nancy Ricci, 44 anni, una delle insegnanti di maglia di questo luogo che in poco tempo ha visto il numero di donne che hanno scelto di tornare a maneggiare i ferri aumentare vertiginosamente - con i cappelli ci riappropriamo di una parola che indica volgarmente una parte del nostro corpo e con le orecchie di gatto lo riportiamo all' innocenza del suo significato letterale: micina. È anche un omaggio alle Pussy Riot odiate da Putin, grande amico del nuovo presidente ».

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L' idea, subito diventata virale, arriva dalla California, lanciata dalla sceneggiatrice Krista Suh e dalla sua amica architetta Jayna Zweiman. Il successo del sito da loro creato, PussyHatProject.com con le istruzioni per realizzare i cappelli, è stato immediato: almeno 100mila quelli realizzati. Le regole sono semplici: il cappello va fatto a mano e deve essere rigorosamente donato.

 

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«Non tocco i ferri da quant' ero ragazza» lamenta Katy Turow, 58 anni, che vorrebbe acquistarlo. La convincono a restare: «È terapeutico» spiega Idee Simon, psicologa in pensione. «Quando Trump ha vinto ci siamo sentite impotenti. Lavorare a un progetto concreto ci fa reagire a quel senso di frustrazione».

 

A lavorare insieme ci sono donne di ogni provenienza ed età. Quando arriva Kay Gardiner, l' eccitazione tocca il suo apice. È una delle massime autorità della maglia in America, autrice di libri e di un blog seguitissimo: «È meraviglioso che così tante donne stiano riscoprendo la loro forza attraverso una tecnica antica. I cappelli dicono che alla politica di Trump noi non cediamo. Anzi, rialziamo la testa».

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