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Maurizio Stefanini per “Libero quotidiano”
Trent' anni di carcere: è la minaccia che pesa su Jordi Turull, candidato alla Presidenza della Generalitat della Catalogna. Pablo Llarena, gip del Tribunale Supremo spagnolo, lo ha formalmente incriminato per ribellione e rinviato a giudizio, chiedendone l' arresto, e per malversazione di denaro pubblico, in relazione alla spesa per organizzare il referendum indipendentista del primo ottobre scorso.
È richiesta di arresto anche per Carme Forcadell, ex-presidente del Parlament, per Raül Romeva, Josep Rull e Dolors Bassa ex-Consellers (=ministri) del Govern di Barcellona e per Marta Rovira, segretario del partito indipendentista Sinistra Repubblicana di Catalogna. A richiedere che finiscano dentro non solo la Procura e l' Avvocatura dello stato ma anche il gruppo di estrema destra spagnolo Vox, ammesso dal tribunale quale «accusa popolare».
Rischiano trent' anni anche quattro leader indipendentisti, già in carcere prevenivo a Madrid da quattro mesi: l' ex vicepresidente della Generalitat Oriol Junqueras, l' ex-Conseller Joquim Forn e i due leader della società civile Jordi Sánchez Picanyol e Jordi Cuixart: presidenti rispettivamente della Assemblea Nazionale Catalana e di Òmnium Cultural. E rischiano la condanna a trent' anni anche l' ex-presidente della Generalitat Carles Puidgemont e gli ex-Consellers Raül Romeva, Clara Ponsatí, Josep Rull, Toni Comín e Dolors Bassa. Ma Puigdemont e Comín si trovano in esilio in Belgio, mentre Clara Ponsatí si è rifugiata a Londra.
In esilio da ieri mattina anche Marta Rovira. Invece di presentarsi in tribunale è partita per la Svizzera, dopo aver lasciato una lettera in cui ha denunciato come la sua libertà di espressione sia stata «limitata da minacce giudiziarie arbitrarie e censurata da corti che intimidiscono applicando senza freno criteri politici».
«Ho una bimba, Ines. Le mamme sanno quanto le voglio bene. L' esilio mi permetterà di farle da madre, e lei lo merita, molto». Il 19 febbraio 2018 le era stata accordata la libertà su cauzione. Prima di lasciare la Spagna, la Rovira ha rinunciato al suo seggio a favore di un altro candidato.
ATTI ANTIDEMOCRATICI
«Un attacco allo Stato» e «di una gravità senza precedenti all' interno di una democrazia» è il giudizio di Llarena sul referendum del primo ottobre: secondo lui organizzato malgrado «i gravi rischi di violenze». Inoltre Llarena ha rinviato a giudizio Anna Gabriel, ex leader della lista di estrema sinistra indipendentista Candidatura di Unità Popolare (Cup), esule in Svizzera. Per lei l' accusa è di semplice «disobbedienza»: come per i cinque ex-membri dell' Ufficio di Presidenza del Parlament Lluís Corominas, Lluís Guinó, Anna Simó, Ramona Barrufet e Joan Josep Nuet. Llarena ha anche imposto il pagamento di 2,1 milioni di euro a tutti gli ex-membri del Govern, corrispondente al danaro pubblico speso per il referendum.
La botta non interviene a caso. L' altro ieri il Parlament ha votato per eleggere il nuovo presidente della Generalitat, e Turull ha mancato l' elezione per via delle divisioni nel fronte indipendentista. In teoria, infatti, su 135 deputati gli indipendentisti ne avrebbero 70.
Due deputati sono però esuli in Belgio e non possono votare: lo stesso Puigdemont e Comín, che è della Sinistra Repubblicana di Catalogna.
REPUBBLICANI DIVISI
Puntando a ottenere un' investitura prima di possibili guai legali Turull ha sfumato sulla difesa della repubblica autoproclamata, facendo così arrabbiare la Cup, che si è astenuta. Risultato: i 64 voti per Turull sono stati soverchiati dai 65 di Ciudadanos, socialisti, popolari e Podemos.
È stata dunque convocata per oggi una seconda seduta, in cui basterebbe la maggioranza relativa. Ma per gli indipendentisti ci sarebbe sempre la necessità di una rinuncia dei due esuli, in modo da arrivare alla fatidica quota 66.
Oltre alla necessità che Turull sia a piede libero.
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