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DAGOREPORT – IN UN MESE, TRUMP HA MACIULLATO L’ORDINE MONDIALE: RIABILITATO PUTIN, ISOLATA LA CINA…
1. MAFIA CAPITALE, FRODE SUL GASOLIO - ARRESTATI 3 MILITARI DELLA MARINA
Grazia Longo per “la Stampa”
La notizia in superficie è l’arresto di 6 persone, più quattro indagati, per una truffa da 8 milioni, con il coinvolgimento di 6 ufficiali e sottufficiali della Marina militare e un imprenditore legato al clan di Mafia Capitale.
Ma ciò che emerge tra le righe dell’ordinanza del gip Alessandro Arturi è ancora più allarmante: l’imbroglio è stato così enorme da scatenare «diversi interrogativi e un diffuso atteggiamento di prudenza e quasi iniziale scetticismo nella valutazione degli elementi».
Anche nei confronti dei «centri di poteri istituzionali». È quindi probabile che le indagini del Nucleo tributario della guardia di finanza avranno presto nuovi sviluppi e nuovi arresti. Il sistema scoperto dalle Fiamme Gialle, sull’onda dell’inchiesta dei carabinieri del Ros, era più che collaudato e ha causato una frode all’erario di quasi 8 milioni di euro.
Con la complicità della catena di comando - 6 ufficiali e sottufficiali della Marina, di cui 3 in manette, gli altri denunciati - sono stati falsamente fatturati 11 milioni di gasolio destinato al porto siciliano di Augusta attraverso la nave cisterna Victor I. Un’imbarcazione fantasma, considerato che è naufragata nell’oceano Atlantico nel 2013.
Il gip di Roma evidenzia che le verifiche avvenivano con un’«inammissibile superficialità e sciatteria (nella migliore delle ipotesi) di un meccanismo generale di regolamentazione del rapporto tra l’amministrazione militare e la ditta fornitrice… contrassegnato da sorprendenti accenti di approssimazione e indeterminatezza nella quantificazione del fabbisogno energetico…». Il carburante veniva fornito - solo sulla carta - da una ditta danese che si avvaleva della collaborazione di due società italiane.
Sulle possibili responsabilità di altre persone il gip precisa: «Si intravede una realtà assai più articolata e complessa perché appare chiaro che la concreta praticabilità del programma criminale ideato… sottende l’ineludibile realizzazione di passaggi preliminari involgenti responsabilità, quantomeno sotto il profilo contabile, di altri soggetti e centri di potere istituzionali, allo stato non attinti dalla presente indagine».
La Marina Militare intende costituirsi parte civile. E il ministro dell’Interno, Angelino Alfano annuncia che il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha nominato la Commissione d’indagine incaricata dell’attività di accesso e accertamento al Comune di Roma Capitale, composta dal prefetto Marilisa Magno, dal viceprefetto Enza Caporale e da Massimiliano Bardani, dirigente del Ministero dell’Economia.
Nel frattempo Gianmarco Chiocci, direttore de «Il Tempo» è stato indagato per favoreggiamento. In un’intercettazione Salvatore Buzzi, braccio operativo di Carminati, lo avverte «di aver ricevuto notizie in merito alle indagini in corso su di lui dal direttore Chiocci». Il quale replica: «Sono tranquillissimo, un giornalista perbene, a disposizione degli inquirenti».
2. SLITTA LA FRIZIONE GIUSTIZIALISTA
Da “il Foglio”
Ora che nel gran fascicolo su “er Cecato”, “Diabolik”, “Spezzapollici” e “Marione” entra un altro classico delle mandrakate, cioè le false fatturazioni di gasolio, a Mafia Capitale non manca più nulla: per il circo mediatico sono assicurate settimane di intercettazioni atte a collegare tutti i misteri nazionali (“E Carminati parlava di Ustica”); all’opinione pubblica forgiata dal Giornalista Unico in base alle dritte del Procuratore Unico, l’idea che unico sia pure il magna magna nel quale tutto si tiene. Si tiene che perfino il premier Matteo Renzi si pieghi al pacchetto anticorruzione, un altro evergreen, che rimette nelle mani della magistratura gli strumenti che si dovevano ricondurre alla responsabilità della politica e dell’amministrazione.
Superprocuratori, supercommissari, giudici al posto degli assessori, prefetti al posto dei sindaci, misure emergenziali (“colpiremo gli eredi!”), come ovvio già criticate dai magistrati stessi, quando già c’erano lo zar anticorruzione e l’assessore capitolino alla Trasparenza: il tutto per giustificare l’assioma di un Cupolone mafioso che fa rivoltare nelle tombe le vittime della mafia vera, che uccideva e metteva bombe dalla latitanza, mentre questi si scambiano sms dai Parioli e Ponte Milvio.
Insistiamo: non può dirsi mafia muovere bustarelle e occuparsi delle primarie del Partito democratico, a fronte di un giro d’affari romano che, per la sola Metro C, vale cinque miliardi. Il tutto per evitare di mettere le mani là dove si dovrebbe, cioè privatizzare le municipalizzate, sostituire sindaci e funzionari inetti – negli Stati Uniti si lasciano fallire Detroit e il Missouri – e piantarla con l’eterna favola dell’emergenza.
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