DAGOREPORT - A.A.A. ATTENZIONE ALLA MONETA: RITORNA MINACCIOSA SULLA SCENA GEOPOLITICA DEL MONDO -…
Fabrizio Caccia per il “Corriere della Sera”
Quinta sezione, reparto Primi Ingressi, Regina Coeli: in una cella singola di dodici metri quadrati sta ormai da otto giorni Massimo Carminati. «Più spavaldo di Fabrizio Corona», racconta un agente che ha conosciuto entrambi.
Quando si è trovato davanti al pubblico ministero Paolo Ielo, subito dopo l’arresto, Carminati l’aveva guardato in faccia con un sorriso freddo, senza tradire emozioni: «Era chiaro che un giorno ci saremmo dovuti incontrare, dottore», gli aveva detto. Poi silenzio.
Questa mattina alle undici vedrà il suo avvocato, Giosuè Naso. Quindi finalmente giovedì — dopo dieci giorni passati in isolamento, senza giornali e televisione — saranno ammessi alle visite la compagna Alessia Marini e il figlio Andrea, per cui è preoccupato.
«I carabinieri mi hanno arrestato davanti a lui con i mitra spianati, mentre potevano farlo in cento altri modi e questo proprio non mi va giù», ha detto Carminati al suo legale. Per il resto, il presunto re di Mafia Capitale dorme e mangia pochissimo, «passa le ore a guardare la finestra, oltre le sbarre, pensieroso». Eppoi «rifiuta quasi tutto il cibo che gli diamo — racconta ancora l’agente — non parla con nessuno e si rilassa soltanto durante l’ora d’aria».
Carminati ha appena finito di leggere le migliaia di pagine dell’ordinanza di custodia cautelare e adesso s’è stancato, dice l’avvocato Naso, che stamane perciò gli porterà qualche libro dei suoi preferiti, «Delitto e castigo» oppure «Suburra» che ha già letto e parla di lui. Ma a Regina Coeli ci sono anche altri detenuti di Mafia Capitale: Buzzi, Testa, Lacopo, Brugia. Li hanno messi lontani uno dall’altro, in sezioni diverse e su diversi piani della struttura penitenziaria.
In questi giorni di festa non li ha visti neppure padre Vittorio Trani, il cappellano: «Hanno il divieto d’incontro e dunque pure d’incontrarsi a messa...», spiega. Carminati, a proposito, non l’ha visto pregare nessuno: «Lui confida solo in me», taglia corto il legale.
2. CARMINATI VANTAVA CONOSCENZE PERFINO AL QUIRNALE
Rita Cavallaro per “Libero Quotidiano”
MafiaCapitale voleva allungare i tentacoli anche al Colle. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta che ha portato in carcere l’ex Nar Massimo Carminati e il suo clan. A far riferimento a un incontro con una persona al Quirinale è l’uomo delle coop rosse Salvatore Buzzi, braccio imprenditoriale del cecato. Il suo consorzio Eriches 29, nel 2013, si era aggiudicato l’appalto per la gestione del Cara di Castelnuovo di Porto.
La Prefettura di Roma, però, voleva integrazioni al progetto e giustificativi dettagliati dei costi. Il Nero e i suoi uomini temevano di perdere l’affare. E la mattina del 19 settembre il ras delle coop chiama Carminati, per informarlo «che sabato avrebbe incontrato una persona al Quirinale in relazione all'audizione in Prefettura sul Cara », si legge.
SALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNO
Il clan ha bisogno di una pedina forte, perché Buzzi è convinto che la cooperativa Auxilium, una concorrente, «abbia l’appoggio del vice ministro dell’Interno Bubbico »per unacomune origine lucana. Al Nero la questione non va giù: «Noi siamo diventati onesti e gli altri so' diventati disonesti».
Nonostante Luca Odevaine, già vicecapo di gabinetto di Veltroni e membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al Viminale, sia riuscito a riferire al gruppo informazioni riservate dalla Prefettura, alla fine, dopo l’intervento del Tar del Lazio nel 2014, il clan perde l’affare.
Erano molteplici, comunque, i contatti del cecato & Co con le istituzioni di primissimo piano. È sempre Odevaine, l’11 settembre di quell’anno, a chiamare Tiziano Zuccolo, camerlengo dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, per chiedergli «novità dal Vicariato» per un intervento sollecitato «in favore di una società riconducibile al gruppo Pulcini».
Zuccolo risponde di aver «deciso di fare un passaggio alto, ma proprio alto». Insomma, Mafia Capitale è il filo nero che collega colletti bianchi,amministratori pubblici e famiglie criminali che si dividono la città. Emblematiche le intercettazioni per gli affari al campo rom di Castel Romano, la cui “vigilanza”, per evitare sommosse tra gli abitanti,viene affidata a Luciano Casamonica, il boss del clan degli zingari, per 20mila euro al mese.
CARLO PUCCI - RICCARDO BRUGIA - FABRIZIO TESTA
«Ma come mediatore t’eri portato sempre Massimo (Carminati, ndr), domanda Angelo Scozzafava, ex direttore del dipartimento Servizi sociali del Campidoglio sotto Alemanno, a Buzzi. «No, m’ero portato Casamonica Luciano », risponde.
«Ah, vabbe’, Lucianino è un grande mediatore», dice Scozzafava. Intanto oggi riprendono gli interrogatori degli arrestati ai domiciliari e nei prossimi giorni scatteranno nuove manette. Ora i Palazzi tremano.
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