DAGOREPORT – NEL NOME DEL FIGLIUOLO: MELONI IMPONE IL GENERALE ALLA VICEDIREZIONE DELL’AISE.…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
mariagiovanna maglie nel giorno del suo compleanno
Chi sono gli euroinomani anzi gli €uroinomani? Nel libro di Alessandro Montanari del quale consiglio vivamente la lettura (€uroinomani, Uno editore), il giudizio è spietato. Dieci anni di crisi economica sembrano aver distrutto il mito positivo dell’Europa, alimentando l’insofferenza verso Bruxelles, la rigidità dei trattati e la soffocante leadership tedesca. I partiti populisti e sovranisti sono arrivati in Italia a raccogliere il 50% dei consensi, governano, nello sgomento degli altri, e stando ai sondaggi hanno superato il 60% trionfalmente.
Bene, e’ in buona parte merito degli “€uroinomani”., come Alessandro Montanari, brillante autore televisivo, già compare di Gianluigi Paragone in quel laboratorio di fusione pentaleghista che fu La Gabbia, definisce tutti i politici, gli economisti e i giornalisti che per anni si sono rifiutati di riconoscere l’oggettiva follia dell’euro, hanno pervicacemente negato il sostanziale fallimento dell’austerità espansiva, e incensato acriticamente la globalizzazione come soluzione di tutti i problemi. Non hanno capito che sarebbe arrivata in Inghilterra la Brexit, negli Stati Uniti la vittoria di Trump, in Italia la bocciatura clamorosa del referendum per cambiare la Costituzione, e poi il voto del 4 marzo.
EUROINOMANI ALESSANDRO MONTANARI
Si aggirano oggi infastiditi delle scelte degli elettori, e se il popolo ha deciso di cambiare il corso che loro volevano dare alla storia, lo chiamano populismo, col sopracciglio inarcato in disappunto e disapprovazione .
Non uno sguardo autocritico alle ragioni della rivolta popolare contro una élite insopportabilmente ego referenziale e con la faccia tosta di presentarsi come intellighenzia socialista: la disuguaglianza crescente, l’impoverimento del lavoro, la finanziarizzazione dell’economia, le delocalizzazioni predatorie, le migrazioni di massa usate come umiliazione delle identità nazionali e creazione di nuovi schiavi.
L'Unione Europea nel libro di Alessandro Montanari è diventata lo specchio del peggio, di cattiva coscienza, di buro/ tecnocrazia lontana anni luce dal mondo reale e dalla vita quotidiana delle persone.
Che in quota agli euroinomani però si potesse annoverare oggi Silvio Berlusconi, è una notizia. Ma come, quello del cucù, le scherzose corna durante le fotografie di gruppo ai vertici, quello che stava al telefono con Erdogan e si faceva aspettare, quello che chiamo’ Schultz kapo’, che ha sempre contestato la Banca Centrale europea, tentato di forzare le regole, Imposto una politica personale, trattato direttamente con tutto e tutti, in un'anticipazione in piccolo dello stile di Trump?
Quello che la Merkel ha fatto fuori nel 2011 assieme a Sarkozy e ai commissarioni europei, regia di Giorgio Napolitano, come lui ha denunciato in continuazione e come numerosi dei protagonisti dell'epoca hanno ammesso, dall'ex segretario obamiano al tesoro Usa all'ex Premier socialista spagnolo? Quello che ha sempre sostenuto che alla guerra con Gheddafi lo hanno obbligato e incastrato, e che da lì derivano tutti i guai degli sbarchi di migranti, visto che quella era ormai un dittatore in pensione e rispettava tutti gli accordi presi? Quello amico intimo di Vladimir Putin, alla faccia delle corti europee, in dacia e a passeggio in mezzo alla neve col colbacco di pelliccia pregiata?
SILVIO BERLUSCONI ANTONIO TAJANI
Si, proprio quel Silvio Berlusconi, sempre inviso a Berlino, a Bruxelles, a Parigi, e via dicendo, perché sempre a modo suo ha fatto, si mette a scrivere al Corriere della Sera che è inutile andare a battere i pugni, ad alzare la voce o a mostrare i muscoli in Europa, perché non si fa e perché non è utile. Spende anche parole di apprezzamento per Angela Merkel, e lo fa proprio ora che la Merkel è stretta nella morsa della sua Grosse koalition tra i duri della Baviera e i socialdemocratici riottosi alleati.
Chi glielo fa fare, proprio lui che ha sempre sentito prima degli altri gli umori degli italiani e che ora vive tutta la difficoltà di dover cedere il passo all'avanzata trionfale di Matteo Salvini? Bastano promesse di riabilitazione e di candidatura europea, sono vere le chiacchiere sulla creazione di una Netflix continentale?
Da ieri chi glielo fa fare ha ufficialmente un nome e un cognome, Antonio Tajani, neo nominato vicepresidente di Forza Italia.
Tajani, Presidente del Parlamento europeo, e’ l'esempio perfetto di €uroinomane, basta leggere l'intervista rilasciata al settimanale Panorama questa settimana alla vigilia dell'investitura, o seguire le dichiarazioni tra lo sgomento, l'indignato, il rabbioso, intorno alle prese di posizione del premier Conte e dei suoi ministri.
angela merkel silvio berlusconi
L'uomo è così, nei pochi mesi dell'ultimo governo Berlusconi in cui fu ministro delle politiche comunitarie, Anna Maria Bernini, che era più outspoken di oggi, gli ricordava che cominciavano tutti e due per la P, Il Ppe, Partito Popolare Europeo, e il Pdl, come si chiamava allora Forza Italia con gli altri partiti, ma che lui era iscritto al secondo, non direttamente al primo.
Niente da fare, per Tajani gli alleati giusti sono Francia e Germania anche oggi. Inutile ricordargli che almeno dal 2011 ci è stata dichiarata una “guerra fredda” che minaccia la nostra sicurezza nazionale o che tra le nazioni inadempienti degli accordi su rifugiati prima viene la Francia, poi i Paesi di Visegrad.
Difficile anche sarebbe convincere Antonio Tajani che sono altri ormai i leader in ascesa e che Macron non ha più alleati essendo venuta meno la regola di supinità e subalternità del governo italiano. Ma anche che il centrismo di Angela Merkel e’ al tramonto, e il centro-destra europeo ha l'occasione di cambiare pelle e seguire altri esempi, a partire da quello del tanto vituperato Sebastian Kurz in Austria.
salvini meloni e berlusconi in conferenza stampa
L'uomo non è fatto così. Preferisce indicare a Matteo Salvini e alla Lega che hanno stipulato un contratto contro natura andando al governo con i 5 stelle. Ma non gli aveva dato l'ok il patriarca Berlusconi? Se lo dimenticano sempre tutti.
Nelle sue terre di origine, tra Ferentino e Frosinone, Tajani non è amato perché, sostengono i militanti di Forza Italia, impone, come ha fatto anche nell'ultima tornata elettorale, i suoi amici personali sui personaggi che invece sarebbero in grado di trascinare voti. Risultato che dove comanda lui, nonostante l'aria che tira, vince il centro-sinistra, e che nel centro-destra l'esodo verso la Lega e’ di quelli che richiedono transenne.
Non va meglio a Bruxelles. A Natale è abitudine che i capo delegazione offrano un pranzo aI dipendenti, ma lui ha liquidato l'uso con un brusco “non sono un ente di beneficenza”. Pare che gliel’ abbiano giurata, come gliel'hanno giurata gli interpreti e traduttori in sciopero, ai quali non ha dato la minima attenzione, pur sapendo che sono un motore del funzionamento dell'Unione.
Lascia tutto a quanto pare in mano al suo segretario generale, tedesco,Velle, e i corridoi di Bruxelles giurano a voce anche abbastanza alta che tutto questo amore per la Germania avrebbe come scopo quello di diventare spitzenkandidat del Ppe.
Deve essere per queste ragioni che quella boccaccia di Vittorio Feltri in un Tweet fulminante lo ha definito il neo incaricato becchino di Forza Italia. Un €uroinomane.
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