DAGOREPORT - LA MAGGIORANZA VIAGGIA COSÌ “COMPATTA” (MELONI DIXIT) CHE È FINITA SU UN BINARIO…
1. DOMANI IL VOTO DEL CSM CHE RISCHIA DI ESSERE UN REFERENDUM SU DAVIGO
Francesco Grignetti per ''la Stampa''
È tempo di rinnovo delle cariche al Consiglio superiore della magistratura. I novemila togati italiani votano domani e lunedì per eleggere 16 rappresentanti; a seguire, subito dopo toccherebbe al Parlamento per altri 8, però la politica è in alto mare. E per l' insediamento del nuovo Csm si dovrà attendere l' autunno.
Nel frattempo, le quattro correnti della magistratura si dilaniano. Ma guai a prendere troppo sul serio le guerre di parole. Le correnti hanno raggiunto un accordo di fondo, qualcuno direbbe un solenne «inciucio»: ognuna ha presentato un solo candidato per la categoria dei pubblici ministeri, e siccome i posti in palio sono quattro, questi candidati hanno l' elezione garantita.
NINO DI MATTEO CON DI BATTISTA
Per i dieci posti della magistratura giudicante, la battaglia invece è più aperta. Ma alla fine, la vera disfida, l' unica che appassioni fuori dal perimetro della professione giudiziaria, riguarda il candidato Piercamillo Davigo, il Dottor Sottile della magistratura, già punta di diamante nel Pool di Mani Pulite, lingua pungente, amatissimo dal mondo grillino . Confida un magistrato candidato, che preferisce non essere citato: «Diciamola tutta: questa elezione si è trasformata in un referendum pro o contro Davigo. Tutto il resto non conta».
Ecco, Davigo. Si batte per un posto in rappresentanza dei magistrati di Cassazione.
Considerando che si dà per sicura l' elezione del rappresentante di Unicost, Carmelo Celentano, gli occhi dell' intera magistratura sono puntati sullo scontro personalissimo tra lui e la leader di Magistratura democratica, Rita Sanlorenzo; due candidati e una sola poltrona a disposizione. Destra contro sinistra. Ed è come se, fatte le debite proporzioni, i magistrati fossero chiamati a scegliere tra un Matteo Salvini e un Maurizio Martina.
Qualcuno pronostica che l' ondata del populismo, dopo la politica, possa sconvolgere gli equilibri anche dentro la magistratura italiana e cioè che la corrente davighiana, Autonomia&Indipendenza, possa stravincere. Indubbiamente i leader di questa area, da Davigo a Nino Di Matteo, godono di enorme visibilità mediatica.
Ma davvero un' elezione di questo genere può risentire del clima populista che imperversa nel Paese? Piuttosto c' entra una delusione di molti giudici verso la sinistra organizzata, sia in politica, sia in magistratura. E i numeri in effetti dicono che la corrente A&I, nata come scissione della destrorsa Magistratura Indipendente, negli ultimi anni è molto cresciuta. Ora vanta 200 iscritti. e nel 2015 ha raccolto 1300 voti.
Nel frattempo alcuni cavalli di battaglia di Davigo sono diventati patrimonio comune dell' intera magistratura, vedi una prescrizione che si blocchi dopo un primo grado di giudizio, oppure l' idea che si possa disincentivare la corsa all' appello con la cosiddetta «reformatio in pejus», che significa il pericolo per il cittadino di uscire dal secondo grado con una sentenza più pesante di quella impugnata.
Resta ai davighiani solo un' ultima bandiera, che incontra molto favore in Cassazione, meno nel resto del corpo della magistratura: l' aumento dell' età pensionabile da 70 a 72 anni (come volle Renzi). Non sfugge però che proprio lui, il «cattivista» in toga, abbia 68 anni e che rischia, se il governo giallo-verde non rivedesse l' età pensionabile per i togati, di non poter garantire i quattro anni di mandato al Csm.
giovanni legnini, sergio mattarella, paola piraccini, alfonso bonafede
«Molto difficile, però, che le polemiche dell' ultim' ora, possano incidere sul voto del Csm», prevede un ex del Consiglio. «I magistrati ormai in cuor loro hanno fatto le loro scelte». Però è anche vero che l' uscita a gamba tesa del leghista Morrone può risvegliare un certo orgoglio di corrente a sinistra.
Per la prima volta, comunque, i magistrati potranno seguire lo spoglio delle «loro» elezioni» via web, accedendo alla rete protetta della Cassazione. «Lo facciamo per trasparenza. E per evitare i soliti assembramenti tra i colleghi, più che comprensibili per carità...», spiegava il primo presidente della Cassaz ione, Giovanni Mammone.
alfonso bonafede giovanni legnini
2. GUARDASIGILLI IN IMBARAZZO PER IL FATTORE LEGA IL PERCORSO A OSTACOLI SUL PROGRAMMA GIUSTIZIA
Giovanni Bianconi per il ''Corriere della Sera''
In attesa di provare ad attuare il contratto di governo che promette di «rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all' organo di autogoverno della magistratura», il ministro pentastellato della Giustizia Alfonso Bonafede si ritrova il giovane sottosegretario leghista Jacopo Morrone che, davanti ai giovani magistrati, si augura che le toghe si liberino presto delle correnti, «in particolare quelle di sinistra». L' ha detto in una sede istituzionale dov' era intervenuto in luogo del Guardasigilli, a due giorni dalle elezioni per il rinnovo del Csm, nelle quali sono in lizza i candidati dei quattro gruppi (le correnti, per l' appunto) in cui si divide l' Associazione nazionale magistrati.
Un' interferenza che ricorda quanto accadde quattro anni fa quando un altro sottosegretario alla Giustizia - Cosimo Ferri, giudice in aspettativa, oggi parlamentare del Pd - mandò un sms elettorale per sostenere due candidati della sua corrente, puntualmente eletti. Ne nacque un caso, qualche esponente grillino chiese le dimissioni di Ferri, l' allora premier Renzi promise di intervenire ma non se ne fece nulla. Anche stavolta, di fronte all' uscita di Morrone, molti reclamano conseguenze, che probabilmente non arriveranno. Di certo è un altro episodio che imbarazza Bonafede, già provato dal «ciclone Salvini» che ha investito i giudici della Cassazione.
Dopo l' attacco del vice-premier leghista il ministro della Giustizia ha messo in guardia dal ritorno a toni e linguaggi da seconda Repubblica, cioè dall' interpretare e commentare le sentenze delle convenienze politiche. Le parole del sottosegretario Morrone - che ha provato a sostenere di aver parlato a titolo personale, ma di personale non può esserci nulla in un intervento istituzionale - sono un altro passo in quella direzione, perché attaccando le "toghe rosse" l' esponente del governo è andato ben oltre la pur legittima critica al correntismo e a ciò che di negativo ha portato con sé.
Nei primi incontri con avvocati e magistrati, compresi i vertici della Cassazione, Bonafede ha suscitato una buona impressione nei suoi interlocutori, proprio parlando un linguaggio diverso da quello delle campagne elettorali. Ma avendo in casa (nel governo e ora anche al ministero) l' alleato leghista che va nella direzione opposta, quello sforzo costruttivo rischia di risultare vano.
Di qui il consapevole impaccio, di cui è sintomo pure il comunicato con cui ieri sera ha rilanciato il metodo del dialogo contro le forzature altrui, e l' ulteriore difficoltà per chi è chiamato a trattare una materia che di per sé provoca continue e inevitabili ricadute politiche (basti pensare all' ultima inchiesta romana che ha coinvolto anche Cinque Stelle e Lega, o all' arresto di ieri di un governatore regionale del Pd). Le riforme annunciate dal nuovo Guardasigilli sono certamente ambiziose, a prescindere dall' essere più o meno condivisibili; affrontarle con queste premesse può renderle ancora più difficoltose.
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