FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Era convinto di riuscire facilmente a diventare il prossimo governatore dello Stato di New York ergendosi a giustiziere del maiale nazionale, Harvey Weinstein, ma c'è sempre qualcuno più puro che ti epura o, adattato al caso delle molestie sessuali e del “me too” che non risparmia nessuno, c'è sempre qualcosa di porco che ti sporca, piccoli segreti privati inconfessabili, trasformati in pubblici vizi.
Attori, registi, giornalisti, politici, decine di icone cadute dal piedistallo costruito in tanti anni in poche ore, quelli non ancora investiti di accuse sono terrorizzati e pronti a qualsiasi concessione politically correct.
Ora tocca al potente Attorney General di New York, Eric Schneiderman, uno che con grande zelo dovuto e popolare ha messo sotto accusa Harvey Weinstein e lo sta mandando in galera, un democratico con ambizioni politiche, favorito nella successione al governatore Cuomo, che stasera gli ha chiesto di dimettersi scaricandolo immediatamente, un altro finito sputtanato sulle pagine del New Yorker, a cura del giornalista e killer di molestatori, Ronan Farrow, figlio di Mia.
E se il pasticcio non vi sembra sufficiente, sappiate che Donald Trump, vecchio nemico dell’ Attorney dello Stato di New York, lo aveva detto con un Tweet nel 2013 che il tipo era un pericoloso maiale.
“Weiner is gone, Spitzer is gone - next will be lightweight A.G. Eric Schneiderman. Is he a crook? Wait and see, worse than Spitzer or Weiner”. Ovvero, fatti fuori Weiner e Spitzer, (politici democratici di belle speranze, beccati uno ad adescare ragazzine on-line, l’altro a frequentare prostitute), il prossimo sarà il peso leggero, l’Attorney General Eric Schneiderman.
È un truffatore? Aspettate e vedrete, peggio di Spitzer e Weiner.
Pura intuizione, o sapeva qualcosa con 5 anni di anticipo sugli scoop l'allora solo imprenditore miliardario di New York?
Tutto è accaduto nella giornata di ieri lunedì, quando è uscito il New Yorker raccontando in una lunga storia che quattro donne, due delle quali ci hanno messo la faccia e il nome e il cognome, accusano Schneiderman di averle picchiate, frustate, costrette a sesso estremo, e minacciate di morte se l'avessero lasciato.
Proprio lui che sta attualmente perseguendo con tutta la forza del suo ufficio penalmente e civilmente Harvey Weinstein, tanto che si era sparsa la voce di un imminente arresto, ha ricevuto ora la stessa accusa a mezzo stampa, che diventa subito condanna, di "nonconsensual physical violence.", violenze fisiche non consensuali.
Intendiamoci, non si tratta di ragazze o donne costrette con ricatto, Michelle Manning Barish è stata per due anni dal 2013 al 2015 legata sentimentalmente al magistrato, ma lo accusa ora di averla schiaffeggiata con forza sul volto e sulle orecchie, aver simulato strangolamenti e averla regolarmente definita "fucking whore.", una fottuta puttana, pretendendo di essere chiamato da lei Master, padrone.
Tanya Selvaratnam, una scrittrice, si è intrattenuta con Schneiderman dal 2016 al 2017 e alle accuse già dette aggiunge che le sputava addosso, che il sesso violento con botte e strangolamenti e insulti era l'unico che conosceva e praticava. Definisce il suo ex come un misogino e un sadico sessuale, dice che la minacciava di intercettare le sue telefonate e di farla seguire, conclude spiegando che vederlo trionfare come eroe del “me too” le ha provocato nausea e disgusto. “È peggio di Jekyll e Hyde, bisognava sputtanarlo”. E “ fare una marmellata di una donna forte era il suo scopo principale”.
Le signore si sono messe in contatto l'una con l'altra e hanno fatto un club delle ex che tutto insieme lo ha denunciato, alla stampa invece che alle autorità, perché ne temevano l'influenza.
Schneiderman si è difeso come ha potuto con una dichiarazione ufficiale nella quale dice che qualsiasi comportamento lui abbia avuto nella vita sessuale privata è stato consensuale, che non ha mai aggredito nessuno e non ha mai superato la linea di un no.
Poi si e’ dimesso, come d’obbligo, visto che nei mesi scorsi aveva utilizzato spregiudicatamente l'onda del politically correct, dato sempre ragione alle accuse delle vittime, dichiarato a tutto spiano contro Donald Trump accusandolo di essere un molestatore di donne. Come paladino delle vittime e braccio giudiziario del Movimento “metoo”, stava costruendo la campagna elettorale imminente a governatore democratico dello Stato, invocare il garantismo ora che è accusato di abusi ricatti e minacce di morte da 4 donne, suona impossibile.
Tra i dettagli più ironici campeggiano le accuse di essere un ubriacone e un consumatore di pillole per la depressione che faceva ordinare anche alle amanti per averne di più a disposizione, di avere l'abitudine di prendere in giro le stesse cause progressista e liberal per le quali pubblicamente si batteva, definendo ad esempio dei losers, perdenti, gli attivisti contro le armi. Alla fine il poveretto suscita compassione.
Non una voce a sua difesa, nessuno pensa di poterselo permettere. E infatti il governatore gli ha detto che nessuno e’ al di sopra della legge, che farà partire una seria indagine, che per intanto si deve togliere dai piedi e dare le dimissioni.
Meno di un mese fa, il.16 aprile, Schneiderman aveva pubblicamente lodato con un tweet le inchieste giornalistiche e i reportage del New Yorker e del New York Times sull'intera vicenda di Weinstein, e non solo.
"Without the reporting of the @nytimes and the @newyorker—and the brave women and men who spoke up about the sexual harassment they endured at the hands of powerful men—there would not be the critical national reckoning underway. A well-deserved honor." Senza il lavoro di New York Times e New Yorker, e senza gli uomini e le donne coraggiosi che hanno denunciato i ricatti sessuali che avevano sopportato per mano di uomini potenti, non ci sarebbe stata la resa dei conti nazionale ormai in atto. Onore al merito.
Ecco, appunto.
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