don francesco soddu

''MAI PIU’ UN CASO 'DICIOTTI''': INTERVISTA AL DIRETTORE DELLA CARITAS DON FRANCESCO SODDU - ''LA CHIESA SI È MESSA A DISPOSIZIONE PER SALVAGUARDARE LA VITA UMANA. LA COSIDDETTA 'FUGA' DA ROCCA DI PAPA? NOI ABBIAMO L'OBBLIGO DI SEGNALARE A QUESTURA E PREFETTURA, E COSÌ ABBIAMO FATTO'' - '' QUELLO DEI LAVORATORI STRANIERI È UN VERO E PROPRIO ESERCITO. IL 74% DEI DOMESTICI, LA MAGGIORANZA DEGLI AMBULANTI. CRESCONO DI ANNO IN ANNO ANCHE TRA PESCATORI, PASTORI E BOSCAIOLI (SONO IL 40%)''

 

Gabriella e Antonio Sassone per Dagospia

 

“Una situazione così particolare ci auguriamo tutti non si ripeta mai più”. Prende le distanze dall’operazione “Diciotti” la Chiesa italiana per bocca del suo neo direttore don Francesco Soddu, 52 anni, un cagliaritano formato alla facoltà teologica dell’Isola. Lo afferma in questa intervista nello stesso giorno in cui la Caritas, il braccio assistenziale della Chiesa cattolica, progetta e annuncia una nuova linea per far fronte al più grande problema della nostra epoca quale è quello dell’emigrazione, affrontato contemporaneamente in termini politici dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la commemorazione del predecessore Oscar Luigi Scalfaro e dal premier Conte al Senato.

 

 

DON FRANCESCO SODDU

Quale è la vostra interpretazione sugli sviluppi della cosiddetta fuga da Rocca di Papa dei Migranti?

 

In una situazione così particolare che ci auguriamo tutti non si ripeta mai più, la Chiesa italiana, d’intesa con il Santo Padre, si è messa a disposizione affinché potesse essere salvaguardata la dignità umana. Noi siamo sempre a disposizione affinché la verità, il servizio agli ultimi e la carità evangelica siano manifestate. Lungi da noi l’idea di volerci sostituire allo Stato. La vicenda era diventata imbarazzante a livello umanitario e non solo. Ma nella misura in cui siamo presenti, vogliamo in maniera sussidiaria operare affinché le persone siano rispettate nella loro dignità.

 

Tutti siamo consapevoli che le persone che arrivano qui, soprattutto gli eritrei, hanno il desiderio manifesto di non restare in Italia. E poi, è sbagliato parlare di fuga, non si tratta di detenuti. Nei protocolli e nelle linee d’intesa con il Viminale è previsto che qualora una di queste persone si dovesse allontanare volontariamente dal centro in cui è ospitata, venga segnalata alle autorità competenti, Questura e Prefettura. E così abbiamo fatto. Il problema va risolto a livello politico.

 

Il 28 settembre, ormai imminente, sarà illustrato e diffuso il nuovo rapporto CARITAS: quali sono le linee guida? Su quali criteri si basa?

 

MENSA CARITAS

Il Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes 2018, verterà sul tema “Un nuovo linguaggio per la migrazione”. Mira a fotografare visioni, apporti ed auspici della Chiesa rispetto alle migrazioni che nell’ultimo anno e mezzo hanno coinvolto la Penisola. Di questi tempi appare difficile non farsi coinvolgere in discussioni sul tema. Ci sentiamo continuamente interrogati e la tentazione di appiattirsi su posizioni comuni e banali è tanta, ma è il coraggio della fede che ci deve spingere a parlare di questa nuova umanità che arriva dall’altra parte del mare e ci chiede aiuto, assistenza, protezione. Un’umanità diversa, nuova, che non conosciamo e della quale per questo abbiamo paura, ma che è molto più simile a noi di quanto pensiamo. Il colore della pelle può essere diverso, ma quello del cuore è uguale per tutti. Ogni migrante è una storia e una vita che s’intreccia con la nostra.

 

La Chiesa – dal Santo Padre alle diocesi italiane – adotterà una diversa strategia?

 

Cosa vuole che siano 100 migranti a fronte dei 26mila che abbiamo già accolto attraverso canali umanitari e varie iniziative? La Chiesa italiana, da anni, è in prima linea e continuerà a cercare di fare quel che può concretamente. Rimane comunque vero che è necessario un impegno costante per non fermarsi a risposte eccezionali come questa della Diciotti e di supplenza legata all'emergenza. Come dice il Papa l’attenzione verso chi ha maggiormente bisogno deve accompagnare la vita quotidiana. Certo è che accoglienza e condivisione non sono valori che si possono imporre.

DON FRANCESCO SODDU

 

Per contrastare il rischio di nuove barbarie, nelle relazioni fra i popoli, nei rapporti fra fedi diverse, nel venir meno di un’idea comune sulla dignità umana anche all’interno delle nostre città, possiamo però e dobbiamo riaffermare il primato della persona e dello sviluppo integrale dell’uomo, di ogni uomo. Le comunità locali, grazie anche alle iniziative progettuali della Chiesa, stanno ulteriormente valorizzando la dimensione “educante”, con un rinnovato investimento nella formazione. Un secondo aspetto molto positivo è l’attivazione o l’incremento di alleanze sul territorio grazie alle quali, oltre che a dare risposte concrete e sempre più qualificate, si riesce a concorrere alla realizzazione di quelle azioni corali, che in ambito ecclesiale compattano ulteriormente la comunione.

 

Forse bisogna considerare le cosiddette fughe – o immigrazioni via terra e via mare – dai vari Paesi dell’Africa in modo analitico e non fare di tutti l’erba un fascio?

 

Certamente, proprio per questo è necessaria una conoscenza specifica delle situazioni nei singoli Paesi di provenienza dei migranti. Come testimonia l’iniziativa “Liberi di partire, liberi di restare” promossa dalla Conferenza episcopale italiana, l’impegno della Chiesa italiana vuole far crescere la consapevolezza delle storie di chi fugge, per sperimentare percorsi di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti che arrivano tra noi. Sappiamo molto bene che cosa si sta perpetrando in molti dei Paesi da cui queste persone fuggono, dove crescono, violenze e ingiustizie. Molti paesi occidentali chiudono gli occhi e alcuni proseguono nella loro politica di imperialismo. Nei volti di chi riesce a raggiungere le nostre coste leggiamo sofferenza e morte, umiliazioni, ma anche sogni, desiderio di costruirsi un futuro. Al tempo stesso, la loro storia ci ricorda come sia loro negato il diritto di rimanere nella loro terra, violata in diversi modi. Ed è proprio questa la sfida più grande da vincere.

 

 

MENSA CARITAS

Chi ha interesse, nei Paesi sviluppati, di mettere le mani sull’Africa, o almeno su alcuni territori della medesima?

 

Il fenomeno dei migranti che tanto spaventa le opinioni pubbliche europee è un fenomeno che in fondo noi stessi produciamo. Un solo dato: sui 30 milioni di ettari di terra fertile accaparrata in tutto il mondo dal cosiddetto "land grabbing" - accaparramento di terreni agricoli per interessi economici e finanziari stranieri - circa la metà sta in Africa. Un singolo contratto con una società degli Emirati Arabi Uniti relativo alla concessione di 600.000 ettari di terre coltivabili ha provocato lo spostamento di ben 500.000 contadini che hanno perso così i loro mezzi di sostentamento. L’Africa viene quindi sistematicamente depredata delle sue persone, delle sue terre e delle sue ricchezze naturali.

 

 

Non sono gli stessi Paesi africani, o almeno alcuni, a impedire che i loro sudditi lascino i la nazione si trasferiscono altrove?

 

mondo migliore rocca di papa

Può accadere e a volte può essere anche un atteggiamento indotto, perché di fatto, promettere aiuti in cambio del contrasto delle partenze significa finanziare i governi affinché usino le maniere forti per impedire l’emigrazione dei loro giovani cittadini alla ricerca di un futuro migliore, oppure fermino il transito di migranti e persone in cerca di asilo provenienti da altri paesi: l’Unione europea ha recentemente premiato il Niger proprio per questo discutibile motivo.

 

 

Le nazioni progredite traggono vantaggi dall’immigrazione?

 

Probabilmente tutti i Paesi più sviluppati traggono profitto da un neo-colonialismo sottile e non immediatamente evidente, con la creazione di nuove povertà e schiavitù: la delocalizzazione delle imprese con lo sfruttamento del lavoro a basso costo e senza sicurezze sociali e ambientali.

 

il cardinale krajewski a pranzo nel centro di accoglienza di rocca di papa

Senza contare il traffico di armi, la tratta di donne e di minori a fine di prostituzione e sfruttamento, il turismo sessuale, lo sviluppo di “paradisi fiscali”, le politiche inique sulla proprietà intellettuale dei farmaci, le politiche antisindacali, …Inoltre non vanno sottovalutate le ricadute ambientali, laddove il trasferimento degli impianti di produzione o la decisione di appaltarla in altri Paesi, sono stati favoriti da legislazioni nazionali più permissive da questo punto di vista.

 

 

Quale economia – occidentale o meno – ha visto accrescere la sua economia con l’apporto degli immigrati?

 

Un po’ tutte le economie avanzate. Gli studi sull’argomento mostrano che, in una prima fase, lo sviluppo fa aumentare la propensione a emigrare, perché cresce il numero delle persone che dispongono delle risorse per partire. Le aspirazioni a un maggior benessere aumentano prima e più rapidamente delle opportunità locali di realizzarle. Solo in un secondo tempo le migrazioni rallentano, finché a un certo punto il fenomeno s’inverte: il raggiunto benessere fa sì che i paesi che in precedenza erano luoghi di origine di emigranti diventino luoghi di approdo di immigrati. Così è avvenuto in Italia, ma abbiamo impiegato un secolo a invertire il segno dei movimenti migratori, dalla prevalenza di quelli in uscita al primato di quelli in entrata.

I MIGRANTI SBARCANO DALLA DICIOTTI

 

 

Ma gli immigrati potranno veramente portare vantaggio all’economia italiana già asfittica?

 

Quello dei lavoratori stranieri è un vero e proprio esercito. Il loro fortino è protetto dalle mura di casa: tra i domestici gli immigrati sono infatti ben il 74%. Non solo. Tra i venditori ambulanti, gli stranieri superano gli italiani e il loro peso cresce di anno in anno anche tra pescatori, pastori e boscaioli (sono il 40%). E gli italiani? "Si sono spostati verso professioni più qualificate, liberando le fasce produttive più basse".

 

Un esempio: nei campi i migranti fanno i braccianti, ma quasi il 90% degli agricoltori specializzati è italiano. I contribuenti stranieri presenti in Italia sono 2,3 milioni, pari al 7,5% del totale, e – secondo l’ultimo studio della Fondazione Leone Moressa - pagano 7,2 miliardi di euro di Irpef, con un aumento del 6,4% in un anno. Non solo. Dal 2010 al 2016 l’Irpef degli stranieri è aumentato del 13,4%, mentre il gettito degli italiani è diminuito dell’1,6%.

diciottidonne diciottimondo migliore centro di accoglienza rocca di papa

 

laura boldrini a bordo della diciottimigranti a bordo della diciotti