RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Valentina Santarpia per corriere.it
Oltre trenta parlamentari italiani erano pronti a partire per l’Ucraina ma la Farnesina li ha bloccati. È stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a scrivere ai presidenti di Camera e Senato chiedendo di fermare la missione organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. L’ultima parola ad ogni modo non è ancora detta perché, come spiega il segretario Gianpiero Cofano, «siamo sempre in contatto con la Farnesina e ci rendiamo conto della situazione, ma dobbiamo valutare se sia necessario andare comunque».
La proposta era partita dalla Comunità lo scorso 8 marzo: con una lettera si invitavano i parlamentari a prendere parte a una delegazione pronta a partire per l’Ucraina, con l’obiettivo «di essere al fianco della popolazione e creare uno spazio di evacuazione dei civili ucraini intrappolati sotto il fuoco dell’esercito russo», in particolare per provare a raggiungere «un gruppo di trenta bambini orfani per evacuarli».
MARIA ELISABETTA CASELLATI ROBERTO FICO
«Pur comprendendo le buone intenzioni dell’iniziativa, con una lettera del Capo dell’Unità di Crisi, abbiamo ricordato agli organizzatori l’estrema pericolosità della situazione nell’intero territorio dell’Ucraina, Paese martoriato dalla guerra e verso il quale la Farnesina sconsiglia viaggi a qualsiasi titolo», scrive il ministro Di Maio ai capigruppo di Camera e Senato e a Fico e Casellati invitandoli a farsi da portavoce presso i parlamentari.
Di Maio precisa che è particolarmente sconsigliata la partenza ad «un gruppo importante e visibile di parlamentari e giornalisti, che possono rappresentare un obiettivo sensibile e al tempo stesso generare un meccanismo di emulazione». La preoccupazione è che «nell’attuale contesto la loro presenza potrebbe essere facilmente strumentalizzata a scopo bellico o di disinformazione, con conseguenze pesanti per il nostro stesso interesse nazionale».
E c’è anche il rischio che una simile missione possa «arrecare grave pregiudizio ai cittadini italiani e stranieri tuttora intrappolati nel Paese». Questo non significa che l’Italia non darà il suo contributo, chiarisce il ministro degli Esteri: «Tramite l’Unità di Crisi abbiamo assicurato alla Comunità Giovanni XXIII la disponibilità a fornire ogni assistenza per sviluppare, in sicurezza, altre iniziative umanitarie e di assistenza, anche appoggiandosi alla nostra ambasciata». Ma per ora, è la convinzione di Di Maio, meglio non partire.
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