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Carlo Bertini Federico Capurso per la Stampa
La pistola è carica ed è posata sul tavolo: se servirà Nicola Zingaretti intende usarla perché «non è possibile che un partito di sinistra non faccia nulla per non far chiudere la più grande fabbrica del sud», spiegano i suoi uomini. L' arma è l' emendamento al decreto fiscale a prima firma Graziano Delrio, che il capogruppo del Pd ha già fatto scrivere, pronto per esser depositato.
Contiene quanto già previsto dal cosiddetto «lodo Provenzano», il ministro per il Mezzogiorno, ovvero una norma soft, non solo per Mittal, ma erga omnes, «una tutela legale complessiva per tutte le aziende che fanno ambientalizzazione». Per tutte le industrie impegnate in bonifiche ambientali.
Una conditio "sine qua non" per negoziare ancora con Mittal. «La maggioranza deve sostenere chi tratta», avverte Zingaretti. Ma necessaria comunque con chiunque voglia presentare manifestazioni di interesse all' Ex Ilva: tanto più se è vero - come si vocifera tra i senatori Dem - che il premier Conte stia esplorando un sentiero stretto di verifica su eventuali altri soggetti interessati, che non sono quelli citati in questi giorni. Comunque sia, il Pd vuole fare trasformare questo sullo scudo soft in una battaglia politica senza arretrare.
Facendo mettere in votazione l' emendamento Delrio, accogliendo i voti anche di Lega e centrodestra, oltre a quelli di Pd, Italia Viva, e di una parte di grillini favorevoli. Ma un voto che spaccasse i 5stelle sarebbe un vulnus tale da mettere a rischio il governo. Che dimostrerebbe di non avere una maggioranza. Una mossa per mettere all' angolo i grillini. «Ma anche se il problema sono i 5 mila esuberi, non possiamo dare un alibi a Mittal», spiega Delrio.
E anche se un decreto con la tutela legale sarebbe più sicuro perché non passerebbe per le forche caudine del parlamento, in quanto immediatamente esecutivo, il punto è che non ci sono i numeri allo stato per fare un decreto legge ex novo. In consiglio dei ministri verrebbe bocciato da Di Maio e dai suoi.
«Se il Pd presenta questo emendamento è un problema per il governo», avverte Di Maio. Convinto che questo scontro interno alla maggioranza possa tornare utile a sedare il malcontento del suo gruppo parlamentare. Ne ha parlato durante una riunione con i direttivi di Camera e Senato e in un vertice con lo stato maggiore del Movimento. E la strategia, fissata al termine della giornata da Di Maio, è chiara: «Possiamo ricompattare il Movimento intorno alla battaglia sull' Ilva, dicendo no allo scudo penale proposto da Italia Viva, ma dobbiamo anche riuscire a prendere tempo per lavorare a un' alternativa che eviti la chiusura».
roberto speranza nicola zingaretti vincenzo bianconi luigi di maio giuseppe conte 1
La necessità di dare nuovo smalto alla propria leadership è forte e Di Maio è convinto di poter usare il no all' emendamento renziano, che riporterebbe su Ilva la vecchia versione dello scudo penale che i grillini hanno bocciato. Ma una versione "soft" alla quale si sta lavorando con il Pd sarà comunque necessaria, questo il capo politico M5S lo sa. Per renderla digeribile ai suoi, però, serve tempo. E per ottenerlo, Di Maio tenterà di mettere sul tavolo anche gli esuberi chiesti da Arcelor Mittal.
«L' importante - ha detto Di Maio durante il vertice - è avere una linea unica e chiara. Non possiamo permettere che Pd, Renzi e Lega votino insieme un emendamento lasciandoci isolati sul nostro No, perché io un minuto dopo andrei da Conte per dirgli che il governo non può andare avanti».
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