MANI PULITE DO BRASIL - VALANGA DI ARRESTI PER LO SCANDALO PETROBAS, TREMA ANCHE LA PRESIDENTE ROUSSEFF CHE GUIDÒ LA SOCIETÀ PETROLIFERA PER 7 ANNI

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Sara Gandolfi per il “Corriere della Sera

 

Rousseff Dilma tristeRousseff Dilma triste

Nei palazzi del potere brasiliano c’è già chi evoca l’italiana «Mani pulite». E da vecchia volpe di quello stesso potere, la presidente Dilma Rousseff, non si lascia scappare l’assist: «Per la prima volta nella storia del Brasile, il governo indaga uno scandalo di corruzione alla luce del sole. Nulla sarà più come prima.

 

E’ finito il tempo dell’impunità», ha detto prima di rientrare dal vertice dei G20, commentando la retata – 27 arresti, 85 ordini di cattura e 720 milioni di real (221 milioni di euro) in beni congelati – che da venerdì sta facendo tremare la nomenklatura del Paese.

 

Al centro dello scandalo, ancora una volta, il colosso petrolifero Petrobras, controllato dallo Stato, che sta al Brasile come la Coca-Cola sta agli Stati Uniti: un’icona nazionale, oltre che azienda leader a livello mondiale nell’esplorazione in acque profonde, capace di estrarre dal sottosuolo o dal fondo del mare due milioni di barili di petrolio al giorno. Un gigante guidato dal 2003 al 2010 proprio dalla Rousseff. 
 

DILMA ROUSSEFFDILMA ROUSSEFF

Da «passaporto per il futuro», Petrobras si sta trasformando in una bomba ad orologeria per la presidente, che nel suo primo mandato non è riuscita a raccogliere l’eredità di consensi e simpatia del predecessore Lula.

 

Dietro le quinte della società, su cui ha aperto un’indagine penale anche il Dipartimento di Giustizia statunitense, si muoveva un «cartello» che tra il 2004 e il 2012 avrebbe riciclato oltre 10 miliardi di real (3 miliardi di euro). Starebbero già confessando, in cambio di una riduzione della pena, alcuni degli arrestati nell’operazione Lava-Jato (lavaggio a getto).

 

DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA

Sono ex dirigenti Petrobras e di alcune imprese di costruzione, sospettati di aver creato un’imponente rete di corruzione, tangenti e fondi neri, dirottando miliardi di dollari nelle casse dei partiti, in particolare quelle del Partito dei lavoratori al potere. «L’inchiesta va avanti, per quanto dolorosa essa possa essere», ha promesso il ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo.

 

«Molta gente a Brasilia non dormirà in queste notti», ha replicato il leader dell’opposizione Aécio Neves, che in ottobre ha perso di misura la sfida presidenziale. Lo scandalo, emerso in marzo, era stato il suo cavallo di battaglia contro la Rousseff, che aveva promesso: «Se c’è stata distrazione di denaro pubblico, lo vogliamo indietro».

 

AECIO NEVES 
AECIO NEVES

Tanto era bastato all’elettorato brasiliano, che l’aveva riconfermata seppur con un risicato 51,64% di voti. Ma il fango di Petrobras rischia ora di macchiare il resto del suo mandato, sempre che riesca a portarlo a termine, fino al 2018. Soprattutto se le prime dichiarazioni dei «pentiti» - ad esempio, che il 3% del valore degli appalti finiva nelle tasche di «mediatori» del Pt e di altri partiti - saranno confermate. 
 

Nel mirino degli investigatori sono finiti soprattutto due mega-progetti di Petrobras: l’acquisto di una raffineria a Pasadena, in Texas, per cui i brasiliani hanno sborsato una cifra 27 volte superiore al prezzo pagato, due anni prima, dalla belga Astra Oil, e la costruzione di una raffineria a Pernambuco, i cui costi si sono gonfiati a dismisura nel corso degli anni. Petrobras ha rinviato al 12 dicembre la pubblicazione della trimestrale di bilancio. Puntare sulle riserve off-shore scoperte al largo del Brasile evidentemente non basta più.