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“SARÀ INEVITABILE CHE MELONI SI FACCIA COINVOLGERE, DIVENTANDO UN BERSAGLIO” – MARCELLO SORGI: “LA PREMIER HA MESSO LE MANI AVANTI, SEPARANDO LE SORTI DEL GOVERNO DA QUELLE DEL VOTO PER IL REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA. IL CONTRARIO ESATTO DI QUEL CHE FECE RENZI, COSTRETTO A DIMETTERSI NOVE ANNI FA. MA FINO A CHE PUNTO POTRÀ TENERSI PER DAVVERO LONTANA DA UNA CAMPAGNA ELETTORALE DESTINATA A DURARE SEI MESI? E FINO A CHE PUNTO IL CENTRODESTRA POTRÀ RINUNCIARE ALLA SU FORZA MOBILITATRICE? TORNERANNO ALLA MENTE LE PAROLE DEL PRUDENTE LA RUSSA, SUL ‘GIOCO CHE NON È DETTO CHE ‘VALESSE LA CANDELA’…”

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Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per “La Stampa”

 

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA APPROVATA IN SENATO - PROTESTE DEL PD

«No ai pieni poteri»: la parola d'ordine delle opposizioni per il referendum è scritta e già campeggiava giovedì, giorno dell'approvazione definitiva della riforma della separazione delle carriere dei magistrati, sui cartelli tenuti in mano dai senatori che nell'aula del Senato hanno votato contro.

 

Adesso Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni, oltre al sindacato dei magistrati Anm e a pezzi di società civile che si stanno aggregando in "comitati per il No", preparano una campagna referendaria che ha un solo obiettivo: Meloni, alla quale sognano di far fare la stessa fine che toccò a Renzi nel 2016.

 

GIUSEPPE CONTE - NICOLA FRATOIANNI - ELLY SCHLEIN - ANGELO BONELLI

Meloni trasformata appunto in una premier avida di potere assoluto, da dispiegare adesso nei confronti della magistratura e domani chissà. […]

 

In questo modo i leader del centrosinistra pensano di fare il pieno nelle urne dei voti dei loro elettori, approfittando del fatto che nei referendum costituzionali non è richiesto il quorum della metà più uno degli aventi diritto.

 

Che vadano a votare il 30 per cento, come accaduto di recente alla consultazione sul Jobs Act promossa dalla Cgil, o di più, non importa: a contare saranno i voti espressi.

 

E se le percentuali somiglieranno a quelle dell'ultimo referendum, il centrosinistra potrà cantare vittoria – vittoria vera, una volta tanto – a un anno dalle elezioni politiche del 2027 in cui Meloni è decisa a giocarsi la riconferma.

 

GIORGIA MELONI ESULTA PER L APPROVAZIONE DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Ma la premier, perfettamente consapevole di questo disegno, ha già messo le mani avanti, separando le sorti del governo da quelle del voto. Il contrario esatto di quel che fece Renzi, costretto a dimettersi nove anni fa.

 

Ma fino a che punto Meloni potrà tenersi per davvero lontana da una campagna elettorale destinata a durare sei mesi? E fino a che punto il centrodestra potrà rinunciare alla forza mobilitatrice della premier, lasciando a Tajani e Salvini il compito di mobilitare l'elettorato? Alla fine, sarà inevitabile che Meloni si faccia coinvolgere, entrando da protagonista nella partita, ma diventando nel contempo un bersaglio. Solo allora torneranno alla mente le parole del prudente La Russa, sul "gioco" che non è detto che "valesse la candela".

sondaggio demos sulle riforme costituzionali del governo meloni - luglio 2025GIORGIA MELONI IN VERSIONE PROF DOPO L APPROVAZIONE DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA APPROVATA IN SENATO RIFORMA DELLA GIUSTIZIA APPROVATA IN SENATO - PROTESTE DEL PDScreenshot 2025-09-18 alle 14.52.52IL POST DI ARIANNA MELONI DOPO L APPROVAZIONE DELLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA