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"SENZA L’AMERICA OGGI L’EUROPA HA LE GAMBE PIÙ CORTE DELLE BUGIE CHE RACCONTANO A BRUXELLES" - MARCO TRONCHETTI PROVERA: "LA CREAZIONE DI UN BLOCCO ANTI-USA IN QUESTO MOMENTO È MOLTO SBAGLIATA. GLI STATI UNITI HANNO LEVE TECNOLOGICHE, MILITARI, MONETARIE CHE LA RENDONO UNA POTENZA UNICA. NON SIAMO ALLA PARI, FORSE ILLUDENDOCI DI ESSERLO - SI PUÒ FARE SOLO UNA COSA AVENDO COME PRIORITÀ LA TUTELA DELLA DEMOCRAZIA E DEL WELFARE EUROPEI: SEDERSI A UN TAVOLO E INIZIARE A NEGOZIARE. NON TROVARE UN ACCORDO CREEREBBE GRAVI PROBLEMI. I MERCATI STANNO GIÀ INVIANDO SEGNALI DI ALLARME..."
Francesco Spini per “La Stampa”
DONALD TRUMP URSULA VON DER LEYEN
Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli, capitano di industria di lungo corso, siamo nel mezzo di una tempesta, tra dazi americani, ipotesi di riarmo europeo e mercati in allerta. A che punto della notte ci troviamo?
«Siamo al punto in cui c’è chi parla di armi nucleari e non accadeva dagli inizi degli Anni 60. A Bruxelles si valuta un piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro. Vuol dire che qualcosa di grave sta accadendo».
È allarmato?
DONALD TRUMP VS URSULA VON DER LEYEN - IMMAGINE CREATA CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI GROK
«Si fanno affermazioni estremamente pericolose, l’opinione pubblica è disorientata. Si procede in un racconto che spero non sia reale».
In cosa si distacca dalla realtà?
«Quando diciamo che continueremo a difendere l’Ucraina, dobbiamo ragionare sul fatto che oggi, senza il supporto dell’America, non c’è una capacità europea di proteggerla. Quando diciamo che siamo o non siamo d’accordo con Donald Trump, dimentichiamo che, piaccia o no, è il presidente degli Stati Uniti, una grande democrazia che ha leve tecnologiche, militari, monetarie che la rendono una potenza unica. Non siamo alla pari, forse illudendoci di esserlo».
Qual è l’atteggiamento giusto da tenere con Washington, dunque?
«Riconosciuta la forza degli Stati Uniti, tra grandi democrazie occidentali si può fare solo una cosa avendo come priorità la tutela della democrazia e del welfare europei: sedersi a un tavolo e iniziare a negoziare».
Di fronte all’Ucraina invasa da parte della Russia, però, buona parte dell’Europa ne fa una questione di principio, non crede?
«I valori si difendono, ma bisogna farli convivere con il realismo. Difendere un’idea senza averne gli strumenti e senza considerare i reali rapporti di forza in campo, è il modo migliore per farla perire e, con lei, i valori che la sostengono. Anziché giudicare, dobbiamo avere come priorità la comprensione di ciò che accade, guardando ai dati oggettivi».
L’Europa, però, è spaccata sull’atteggiamento da tenere con Trump.
ursula von der leyen volodymyr zelensky
«Oggi, nello scenario globale, la presidente Meloni ha la qualità di cogliere che Europa e America insieme sono l’Occidente. Devono trovare un percorso comune, aggregando il maggior numero possibile di Paesi».
L’Italia può avere quel ruolo di “ponte” che Meloni rivendica?
«È un ruolo che ha ricoperto per decenni. Il nostro Paese ha avuto una struttura politica che ha garantito la democrazia, ma nel contempo ha assicurato un ponte verso l’Unione Sovietica, verso il Nord Africa e il Medio Oriente. A Roma c’era e c’è il Papa, non dimentichiamolo, con la capacità di parlare a miliardi di persone nel mondo».
Dopo Trump, l’Europa si prepara a rispondere con altri dazi. Cosa comporta una guerra commerciale su vasta scala?
«Sul punto sono giustificati grandi timori. L’America avrebbe dei problemi, ma ha le spalle larghe. Noi probabilmente soffriremmo di più: non trovare un accordo creerebbe gravi problemi. I mercati stanno già inviando segnali di allarme».
Quale messaggio arriva dalle Borse?
«Gli investitori hanno capito che c’è un tema dazi e deve esserci un punto di atterraggio. Serve un accordo utile per tutti. A novembre dell’anno prossimo negli Usa ci saranno le elezioni di medio termine: o l’economia andrà bene o il gioco rischia di cambiare. I mercati finanziari, in definitiva, possono mutare gli equilibri».
Pirelli come si difende dai dazi?
ursula von der leyen e donald trump a davos nel 2020
«Da tanti anni la nostra strategia è “local for local”: produciamo nei Paesi del mondo per gli stessi mercati locali. Investiamo per crescere ed essere meno esposti alle variazioni geopolitiche, ai dazi, alle fluttuazioni delle monete. Abbiamo progetti di sviluppo molto importanti soprattutto negli Stati Uniti».
Intanto l’Europa pensa a riarmarsi. Impressioni?
«Sono nato in un’Europa che, dopo i conflitti del ’900, si è organizzata – penso alla Ceca, la comunità del carbone e dell’acciaio – per dire no ad altre guerre. L’Ue, successivamente, ha però mancato di inserire tra i suoi pilastri la politica estera e la difesa, ha processi decisionali bizantini che non individuano responsabilità chiare. Tutto ciò ha contribuito a portarci in questa situazione e oggi ReArm Europe appare un progetto poco definito e non senza insidie. E mentre aumentano le tensioni la creazione di un blocco anti-Usa in questo momento è molto sbagliata».
afef jnifen and marco tronchetti provera
E dal punto di vista economico?
«Un riarmo, in cui peraltro non si capisce a chi spetterebbe la leadership, porterebbe a una crescita economica nel breve termine, tipica dell’economia di guerra. Provo a semplificare. Negli ultimi anni a Bruxelles sono stati fatti grandi errori nei confronti dell’industria automobilistica, spingendo in modo sconsiderato su un Green deal che non teneva conto della realtà. Ora qualcuno vorrebbe riconvertirla alla produzione di armi, ma non è questa la soluzione di cui abbiamo bisogno per rilanciare l’automotive».
Però salverebbe posti di lavoro…
«Sì, ma invece di automobili si produrrebbero armi. Qualcuno vede con favore tutto ciò? Inoltre, come sostiene Roberto Cingolani di Leonardo, la creazione di una difesa comune non può prescindere da una unificazione delle tecnologie. Ma ci vorranno anni».
La produzione industriale in Italia, intanto, continua a calare, l’export è fiacco, i consumi stentano. L’industria del Nord è in trappola?
«Non ancora. Scontiamo certamente l’effetto della recessione in Germania, il primo cliente della manifattura italiana, ma potevamo essere in una situazione più grave di così e invece per ora siamo appena stati sfiorati. Tutti i Paesi europei sono colpiti dalla situazione internazionale».
Quali sono i problemi che affliggono l’industria oggi?
«Essenzialmente la mancanza di competitività. Pesano il prezzo dell’energia – la necessità di un ritorno al nucleare era ovvia da tempo, ora ci vorrà un decennio –, i vincoli posti da Bruxelles e da Roma. Occorre semplificare il rapporto tra aziende, istituzioni, amministrazione, giustizia…».
VOLODYMYR ZELENSKY DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN
C’è chi dice che anche il governo ha mancato di attivare strumenti efficaci per aiutare l’industria. Concorda?
«Più che altro ritengo ci sia, alla base di tutto, una situazione internazionale molto difficile. Occorre che il sistema italiano – maggioranza, opposizioni, imprese, sindacati – lavori in modo unito. L’Europa a sua volta deve ricompattarsi, comprendendo che, piaccia o meno, l’America resta una grande democrazia con cui bisogna fare il possibile per mantenere il dialogo».
MARCO TRONCHETTI PROVERA SUL PALCO SERATA CALENDARIO PIRELLI
gli scambi commerciali tra stati uniti e unione europea - la stampa
copertina del new york post contro donald trump
VOLODYMYR ZELENSKY E VLADIMIR PUTIN COME PUGILI SUL RING - FOTO CREATA CON GROK
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