“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
1. LA GAVETTA DELLA FIGLIA DI PAPI MA IL QUID NON CE L'HA NEANCHE LEI
di Giorgio Meletti per Il Fatto
Ma veramente Marina Berlusconi è una grande manager che ha opposto alla politica il sobrio motto "a ognuno il suo mestiere"? A un certo punto la rivista americana Forbes pensò bene di inserirla nella classifica delle donne più potenti del mondo, mettendola davanti anche al Segretario di Stato Usa Hillary Clinton.
Nessuno chiese al prestigioso giornale su quali criteri basasse la graduatoria, o con l'ausilio di quali sostanze psicotrope venisse compilata. Ai laudatores tanto bastava per costruire il mito dell'erede. Descritta come tosta, combattiva, determinata, Marina era pronta per la guida del Paese, e cosa importa se nessun elettore l'ha mai sentita parlare? Che cosa importa se tutti sanno che la sua parossistica timidezza le impedisce di parlare in pubblico?
Lei, come Angelino Alfano, il "quid" per diventare leader politico non ce l'ha. Ma un "quid" lo pretende.E così,orgogliosamente, nel giorno del suo quarantasettesimo compleanno ha affidato i suoi pensieri al Corriere della Sera. Che li ha riportati solennemente, senza virgolette, come fa solo con Giorgio Napolitano, così confondendo le idee al lettore che fatica a distinguere il Marina-pensiero dal Corriere-pensiero. E dice, nel titolo, "il mio posto è nelle aziende", lasciando intendere che siamo davanti a una grande manager, una insomma che il suo "quid" ce l'ha, a differenza di Alfano, non nella politica ma come leader nell'economia, nella trincea del lavoro, come dice il papà .
Fa sapere saggiamente che ritiene "difficile che le leadership politiche si possano improvvisare o trasmettere per via ereditaria". E aggiunge: "Come nelle aziende: occorrono anni di dura gavetta e di apprendistato prima di poter essere in grado di aspirare a posizioni di vertice". Come dire che lei la dura gavetta l'ha fatta, e lì c'è il suo "quid".
LASCIANDO alla loro delusione coloro che volevano portarla su un cavallo bianco a palazzo Chigi - e ricordando che in una democrazia evoluta anche i meccanismi di selezione dei presidenti di società quotate come la Mondadori dovrebbero essere studiati con attenzione - dobbiamo notare che in effetti Marina non ha mai aspirato a posizioni di vertice, perché le ha ottenute senza spirare e molto prima di poter aspirare.
Eccola a 22 anni consigliere d'amministrazione della paterna Standa, prima ancora di ottenere quella laurea che mai arriverà . Priva di titolo di studio regolare, Marina ha usufruito di istitutori privati di indubbio lignaggio. Il primo è Fedele Confalonieri, ovviamente, il secondo è stato, per breve periodo, Franco Tatò quando gli fu affidata la guida della Fininvest.
Già nel 1994, all'indomani della discesa in campo del padre, Marina è con Confalonieri nel pacchetto di mischia che gestisce il gruppo, stante il dichiarato distacco di Silvio Berlusconi, e diventa subito vicepresidente. Facendo gavetta da padrona, Marina diventa rapidamente presidente della Mondadori (2003) e della Fininvest (2005), prima dei 40 anni. A queste gemme affianca poltrone prestigiose come quella nel cda di Mediobanca dove siede accanto a Jonella Ligresti, un'altra erede che si è fatta strada con i titoli azionari del padre anziché con i titoli di studio propri. La mitica legge del mercato prevede anche questi rimedi quando la meritocrazia non premierebbe gli eredi .
La performance manageriale di Marina Berlusconi rimane avvolta nel mistero. Ieri Libero, descrivendo il team di cervelli pronti ad affiancarla in una discesa in campo data per certa, ha messo in testa alla lista Franco Currò, l'ex giornalista di Panorama che da anni la segue come un'ombra, dirigendo la comunicazione Fininvest e facendole da ghost-writer. Dunque la gestione manageriale del gruppo non è cosa sua. Le tv di Mediaset fanno capo a Confalonieri, punto. E la Mondadori è stata mandata avanti fino a pochi mesi fa dall'amministratore delegato Maurizio Costa, adesso ci pensa il successore Ernesto Mauri.
LEI FA L'AZIONISTA e, poco, la rappresentanza. I suoi predecessori si chiamavano Arnoldo Mondadori, Mario Formenton e Leonardo Mondadori. Conoscevano uno per uno le centinaia di giornalisti della casa, ed erano i motori culturali della ditta. Lei va una volta alla settimana a Segrate, ma chi lavora nei cinque piani del palazzo di cristallo disegnato da Oscar Niemeyer non l'ha mai incontrata.
Il vantaggio è che difficilmente qualcuno potrà dare a Marina la colpa del pessimo andamento di Fininvest (da 160 milioni di utile nel 2010 a 285 di perdita nel 2012) e di Mondadori, che nel primo semestre 2013 ha semplicemente dimezzato il margine operativo lordo, la differenza tra costi e ricavi.
2. IL TORMENTONE DI MARINA LEADER
Filippo Ceccarelli per La Repub blica
MARINA sì, Marina no, Marina forse, Marina chissà . L'estate agogna i tormentoni e le saghe dinastiche sembrano fatte apposta. Ma nel frattempo agosto va consumandosi, e così tra improbabili ritorni e necessitate abdicazioni il tempo comincia a stringere sul
serio, per tutti.
ATUTT'OGGI Marina - che poi senza alcuna colpa si chiama Maria Elvira - avrebbe detto di no. Le motivazioni di giornata, per non dire il kit mediatico dell'ultimo o penultimo diniego, riguarderebbero nell'ordine: l'impreparazione del soggetto dinanzi all'arte della politica; la stabilità e il destino delle aziende; le cosiddette "sofferenze" che inesorabilmente toccano in sorte a chi scende nell'agone.
Ancorché autentiche, queste ultime rientrano tuttavia a pieno titolo nella retorica e anche nell'epica berlusconiane, a suo tempo e proprio in nome dei sicuri patimenti essendosi opposta Mamma Rosa all'impegno del figlio, ma alla fine l'eroe Silvio decise di salvare l'Italia eccetera, e la mamma non solo comprese, ma benedì il proposito. Questo per dire che le obiezioni, in tali faccende, oltre che ricorrenti, sono sempre superabili.
Anche in questi giorni, anche in questa occasione, i giornali del centrodestra mettono in scena il consueto gioco di sponda, delle parti e degli specchi.
Libero dice che Marina sì, il Giornale dice che Marina no. Si perdoni il tono un po' sbrigativo, ma per chi assegna un minimo d'importanza alla memoria il disincanto si spiega con la circostanza che questa storia va avanti, tra presunte accelerazioni e pretese frenate, dall'autunno del 2010. Almeno. Ragion per cui, con il dovuto sgomento provato davanti al vano scorrere del tempo e al malinconico ripetersi del provvisorio, ci si gira e rigira tra le mani la prima pagina del Giornale del 23 gennaio 2011 su cui campeggia il risoluto titolo: "Scende in campo Marina B. ". E vabbè, pazienza.
Più interessante sarebbe stato indagare, magari attraverso un algoritmo, la cadenza, la persistenza, la regolarità e magari anche il motore segreto di queste specie di sollecitazioni a mezzo stampa. Ma prima gli impicci giudiziari, poi il fallimento politico, quindi gli scandali sessuali e adesso la condanna di papà Silvio parlano da sé e dicono appunto la fine di un ciclo. Che però potrebbe seguitare per via biologica, aziendale, ereditaria e perfino visiva, a tal punto assomigliando Marina al papà da sembrare un Berlusconi giovane con la parrucca da donna.
Eppure negli esercizi di divinazione rimane finora muta una fonte a suo modo fondamentale, il rotocalco della Real Casa Chi, diretto da Alfonso Signorini, che di Marina è così amico da avere in comune addirittura la maga. Rotocalco cortigiano per eccellenza, nell'agosto di tre anni fa sulle sue pagine patinate prese corpo, letteralmente, quella che si poteva addirittura immaginare come la primissima investitura, allorché Signorini volle offrire ai suoi lettori le foto di lei a petto nudo, e superbo: "Selvaggia bellezza a cavallo di una tecnologica moto d'acqua tra le onde cristalline delle Bermuda". Non solo, ma il processo di mitopoiesi, o costruzione mitica, fu accompagnato, e anche qui alla lettera, da una valutazione secondo cui Marina era da considerarsi «la più bella delle Nereidi, Galatea, dalla pelle bianco latte».
Come si vede, il richiamo trascende la semplice dimensione regale, che pure aveva dato significativa prova di sé quando (2004) la figlia del sovrano aveva fatto nascere con parto pilotato il suo secondogenito, ovviamente battezzato Silvio, lo stesso giorno del nonno, come "speciale regalo di compleanno".
Per ritornare al tema della successione: in tale contesto, e tanto più nel disastrato paesaggio del potere italiano, il giornalismo politico non si sente di escludere nulla, ma proprio nulla. Compreso un improvviso e imprevisto cambio di erede alla guida della rinata Forza Italia. Il più mite Piersilvio, per dire, che è intervenuto assai meno dell'animosa sorella nelle storiacce della politica e al quale, per i suoi quarant'anni, il padre recò in dono una collezione di ben otto bastoni ciascuno con un pomello raffigurante un'immagine simbolica del comando - e ce ne sarà pure una adatta alla politica.
Oppure qualche figlio di secondo letto, recuperando così il vantaggio di Veronica. Ma se Barbara sembra più coinvolta dal calcio, ed Eleonora da altro, per un'ipotesi di
pacificazione potrebbe andare benissimo Luigino, di cui pure s'è detto che era molto religioso, e data l'aria francescana che tira in Vaticano l'idea potrebbe lievitare con implicazioni ancora più promettenti nel caso il giovane sposasse con una giovane donna di sinistra, così ripristinando le sperimentate risorse dei matrimoni dinastici.
Non c'è troppo da sorridere.
Più che una inconfessabile monarchia, il berlusconismo si è vissuto e rappresentato come una dinastia. Nella tardomodernità , del resto, al grado zero della democrazia riemergono in chiave tecnologica e televisiva segni, simboli e visioni di un potere molto antico: troni, corone, investiture, giuramenti, cortigiani, cortigiane, ruffiani, servi, guardie, e maledizioni, duelli, roghi, predicatori, processioni.
Scampata alla Lega con il Trota, la successione del sangue riacquista nel partito carismatico e aziendale un suo "quid", anche in termini di continuità e di suggestione populista, Sennonché, come sempre accade nella storia, "si trova questo nell'ordine delle cose, che mai non si cerca fuggire uno inconveniente che non si incorra in uno altro". E quindi, secondo la lezione di Machiavelli, dinastia per dinastia, se i falchi del Pdl puntano su Marina, non è detto che le colombe, con il dovuto contorno di poteri forti, non cerchino di reclamare la corona per qualche altro figlio.
Lo spiegava l'altro giorno su www. succedeoggi. it Nicola Fano, che tra l'altro ha studiato le maschere del teatro italiano, ricordando la vicenda, pure shakespeariana, di Enrico VIII, cui seguì il piccolo Edoardo VI, e furono stragi di cattolici, e poi fu il turno di Maria, detta "la Sanguinaria" per il modo in cui trattò i protestanti. In tutto trent'anni di guai. Troppi, onestamente, per un tormentone estivo nel paese della commedia e del melodramma.
SILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA SIGNORINI, MARINA BERLUSCONI COL MARITOfrancesca pascale e marina berlusconiFOTO DA CHI MALINDI MARINA BERLUSCONI SEGUITA DA FLAVIO BRIATORE FOTO DA CHI MALINDI MAURIZIO VANADIA MARITO DI MARINA BERLUSCONI SENTENZA BERLUSCONI LARRIVO DI MARINA BERLUSCONI A PALAZZO GRAZIOLI MARINA E SILVIO BERLUSCONI VISTI DA BENNY PER LIBEROSILVIO E MARINA BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI CON LA FIGLIA MARINA E I NIPOTICARLO DEBENEDETTI E MARINA BERLUSCONI MARINA BERLUSCONI IN PROCURA A PALERMO CON GHEDINI marina berlusconi GetContent asp jpegMARINA BERLUSCONI E MARTINA MONDADORIMARINA BERLUSCONI NEL TRICOLORE Marina Berlusconi da LiberoMarina Veronica BarbaraMARINA BERLUSCONI IN ROSAmarina berlusconi marina berlusconi con la madre Carla DallOglio marina berlusconi
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