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Valeria Pacelli per "il Fatto Quotidiano"
Ancora pochi mesi e non si saprà più dove smaltire i rifiuti di Roma. E che i cassonetti, dal centro alla periferia, sono tutti stracolmi: se ne è accorto anche Ignazio Marino. Lo stesso che solo il 24 febbraio scorso in un'intervista a TeleRadioStereo aveva dichiarato: "Per la Capitale non c'è nessun rischio legato a una nuova emergenza rifiuti".
Ma a distanza di poco più di un mese si è dovuto ricredere. Ieri, in sella alla propria bici, seguito dagli uomini della scorta anche loro su due ruote, ha bussato alla porta del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, esprimendo la propria preoccupazione sulla futura gestione dei rifiuti a Roma. Il 26 maggio scadrà l'ordinanza con la quale il sindaco ha conferito ai due tmb (trattamento meccanico biologico) di Co.La.Ri (un consorzio) lo smaltimento dei rifiuti. Questo vuol dire che non ci saranno più posti dove smaltire carta, vetro, plastica e umido.
Rispetto a un mese fa Ignazio Marino adesso è molto più allarmato: "Tra qualche giorno - ha detto dopo l'incontro di ieri con Pignatone - non saprò dove mettere i rifiuti. Due sono le soluzioni: o Roma coperta di rifiuti o conferire in impianti di Cerroni". Il riferimento è a Manlio Cerroni, l'avvocato ultraottantenne, patron dell'ex megadiscarica di Malagrotta, accusato , insieme ad altri, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Con l'esplosione di questa inchiesta è finito anche il regno di quello che veniva chiamato il "Supremo" e Roma si ritrova dopo decenni con una gestione nuova.
La chiusura degli impianti, ad oggi attivi, sarà un problema per Marino. E riaprire Malagrotta significherebbe trovarsi nella stessa situazione pugliese dell'Ilva: ossia continuare a utilizzare un luogo, finito sotto sequestro, con la minaccia di un grave danno ambientale. Infatti lo scorso novembre a Malagrotta - dopo anni di proteste - sono stati messi i sigilli. Si trova infatti in un'area dove c'è anche una raffineria, un impianto per rifiuti tossici ospedalieri, un deposito di carburanti e una gigantesca cava.
Marino sa che adesso si trova in una situazione di "stallo totale". "Ho esternato le mie preoccupazioni al procuratore - spiega il sindaco - affinché mi venga indicata una strada da percorrere per uscire da questo scacco matto perfetto. Da un lato la magistratura ha portato alla luce, con l'arresto di Cerroni e di altri, una serie di reati che io non potevo immaginare; dall'altro poi c'è il prefetto che mi dice di non poter pagare le aziende coinvolte e continuare a conferire i rifiuti. Non voglio arrivare a fine maggio con il problema ancora sul tavolo".
Oltre il problema del disastro ambientale e dello smaltimento, c'è anche quello relativo ai lavoratori che perderanno il proprio salario con la chiusura dei siti di smaltimento. E come nel caso del crac imminente di Roma, con un debito di 800 milioni di euro, anche stavolta Marino si rivolge al governo: "Siccome io ho un'intelligenza media - ha sottolineato - non riesco a trovare da solo la soluzione, ma sono certo che c'è una soluzione a cui tutti avranno pensato, il governo e il prefetto, e basta che me la indichino e io la seguo".
IGNAZIO MARINO E OBAMAIgnazio Marino Giuseppe Pignatone IGNAZIO MARINO E MATTEO RENZI cerroni Discarica di Malagrotta
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