DEMOCRATS AMARI PER SOTTO-MARINO - IL SINDACO-CICLISTA S’OPPONE AL RIMPASTO DELLA GIUNTA E APRE AI GRILLINI - IL PD ROMANO GLI DICHIARA GUERRA: “SENZA DI NOI, NON SI GOVERNA”

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1 - MARINO STOPPA I DEMOCRATICI: SQUADRA CHE VINCE NON SI CAMBIA E APRE AL MOVIMENTO 5 STELLE
E. Men. Per il "Corriere della Sera"

Il clima è natalizio: il sindaco, i capigruppo di maggioranza, le «assessore» della giunta, qualcuno che si è portato dietro moglie e figli perché «è sabato pomeriggio». Ma la conferenza stampa di Ignazio Marino, sull'approvazione del Bilancio «previsionale» 2013, diventa l'occasione per il sindaco per mandare chiari messaggi alla sua maggioranza. Intanto dal punto di vista iconografico: nella sala delle Bandiere, in Campidoglio, Marino è al centro del tavolo e - al suo fianco - c'è la responsabile del Bilancio Daniela Morgante, l'avvocato della Corte dei Conti che il Pd vorrebbe far saltare.

Marino inizia ringraziandola «per il lavoro straordinario svolto» e prosegue facendole mille complimenti sulla «barra tenuta dritta», sulle «regole seguite nella vicenda metro C» e sulla «manovra d'aula che non c'è stata». Quel sistema, da sempre presente in consiglio comunale, secondo il quale ogni consigliere aveva una sua cifra da stanziare ad un'associazione, un evento, una fiera.

Basterebbe già questo, come segnale. Ma il sindaco, a domanda precisa, non si tira indietro. Gli chiedono: ci sarà il rimpasto di giunta? E lui, lapidario: «Squadra che vince non si cambia». Come si direbbe nel tennis: gioco, partita, incontro. Marino non entra in ulteriori dettagli, ma aggiunge: «Questo Bilancio non è il punto di arrivo, ma quello di partenza della nostra amministrazione». E il previsionale del 2014 «si farà tra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo». Non più, promette Marino, «sotto Natale: la Morgante è già al lavoro».

E i ricorsi al Tar del centrodestra? «Esprimo il mio stupore. Qui c'era una squadra, che aveva il compito di fare il bilancio 2013 e che non ha fatto questo lavoro. Entra in campo un'altra squadra, e quelli che c'erano prima ci dicono: "Nonostante voi ci siate riusciti, noi ricorriamo al Tar"».

Già domani c'è il rischio che la delibera sul Bilancio venga «sospesa» dal tribunale. Marino chiosa: «Attendiamo il lavoro che farà, perché la giustizia ha un ruolo terzo e deve controllare. Ma l'insieme della storia è abbastanza strano». Anche perché, insiste il sindaco, «trovo bizzarro che gli esponenti di quella classe politica creata da Silvio Berlusconi, molti dei quali senza di lui nemmeno ci sarebbero, facciano ricorso al tribunale quando hanno sempre detto che la magistratura non deve disturbare il lavoro di chi è stato eletto dal popolo».

Chiusura nei confronti del centrodestra (Ncd, Forza Italia, Fdi), «apertura» verso i «grillini». Lo sottolinea proprio la Morgante: «Dalle opposizioni abbiamo avuto molto ostruzionismo, ma anche spunti interessanti come quelli del Movimento Cinque Stelle. Saranno la base per un confronto costruttivo».

Il Bilancio complessivo è di 6,9 miliardi di euro: 6,5 erano quelli previsti, gli altri 400 sono «entrati» col maxiemendamento di giunta che - dopo lunga mediazione del presidente di commissione Alfredo Ferrari (Pd) - è andato direttamente in aula per evitare ulteriori fibrillazioni.

Soddisfatta la maggioranza: «Un successo della giunta Marino», dice Gianluca Peciola (Sel). «Ora siamo pronti per la fase due», dice Francesco D'Ausilio (Pd). «Con i conti in ordine la città riparte», insiste Mirko Coratti (Pd). Chiude Fabrizio Panecaldo (Pd): «Non capisco l'opposizione. Abbiamo recepito gran parte dei loro emendamenti».

2 - «MA SENZA DI NOI NON SI GOVERNA» E IL PD SI PREPARA ALLA «GUERRIGLIA»
Ernesto Menicucci per il "Corriere della Sera"

Lo dicono un po' a mezza bocca, ma lo dicono: «Marino deve capire che senza il Pd non si governa...», ragionano i Democratici. Che, ieri pomeriggio, hanno incassato lo stop del sindaco al rimpasto come «uno schiaffo in faccia». Chiusa la partita del Bilancio 2013, e prima che si apra quella del 2014, la sfida che si gioca è tutta qua: da una parte Marino, dall'altra il Pd. Esito incerto, nonostante la nettezza delle parole del chirurgo dem. Ma, di sicuro, il momento è cruciale, decisivo e - in un senso o nell'altro - di svolta. Perché in gioco non c'è solo questo o quell'assessore, la poltrona di vicesindaco o quella di alcuni «gangli» amministrativi (a cominciare dal capo di gabinetto).

Il tema che si pone, ormai, è un altro: un completo restyling dell'amministrazione guidata da Ignazio Marino, con un «cambio di rotta» radicale rispetto a sei mesi fa. Si tratta, in sostanza, di ridefinire la natura dell'esecutivo del Campidoglio, dopo le difficoltà di questi mesi, con una vera e propria «rivoluzione» concettuale. E passare, dalla giunta Marino, a quello che qualcuno definisce il «Marino bis: ma molto bis e poco Marino».

Tradotto dal politichese, il senso è chiaro. Quando l'ex senatore si candidò alle primarie (scelto da Goffredo Bettini), lo fece con lo spirito dell'«irregolare»: l'uomo fuori dagli schemi, dalle consorterie di partito, dalle logiche di palazzo. L'aspirante sindaco che, meglio di altri, poteva intercettare il voto «grillino» o quello dei movimenti.

E, dopo la vittoria contro Alemanno (molto larga nei confronti del sindaco uscente, ma ottenuta solo col 44% dei votanti al ballottaggio), anche la giunta capitolina è stata fatta a sua immagine e somiglianza: molti tecnici (la Morgante e Giovanni Caudo sono i più «mariniani»), una fedelissima (Alessandra Cattoi), pochi politici. Con una «delegazione» Pd ridotta «ufficialmente» a quattro elementi, dei quali però uno solo (Daniele Ozzimo, dalemiano) «risponde» alle componenti dei Democratici: Marta Leonori è legata allo stesso Marino, Paolo Masini gli si è avvicinato molto, Estella Marino è sempre stata una fuori gli schemi.

L'operazione che vorrebbe fare il Pd è cambiare completamente i «connotati» dell'amministrazione. Mettendo, intorno a Marino, una guida molto più politica: un vicesindaco Pd di peso scontrandosi con le resistenze di Sel; tre o quattro assessori, mettendo mano su quelle deleghe (Bilancio, Urbanistica, Cultura) che rappresentano la parte più «progettuale» della giunta; cambiare almeno una delle figure di collegamento tra sindaco e consiglio (in ballo c'è pure il ruolo di capo ufficio stampa); individuare un elemento di raccordo (c'è chifa il nome di Silvio Di Francia).

Per Marino, però, accettare significherebbe dare ragione a chi - nel Pd - pensa che «la formula dei primi sei mesi non ha funzionato». E di fatto, finirebbe per farsi commissariare: non più dal prefetto, ma dal primo partito capitolino. Cosentino nega: «Il tema del rimpasto non esiste. Rilanciamo l'azione del sindaco, facciamo una manovra anticiclica, per le imprese: su questo possiamo dialogare con Marchini e Alemanno. Il resto si vedrà».

Ma secondo alcuni esponenti dei Democratici «Marino ci aveva promesso il rimpasto». Quando? Oltre un mese fa, in una riunione coi capigruppo di maggioranza: «Fatemi fare il Bilancio, poi interveniamo», avrebbe detto in quell'occasione. E ora? «Ora deve mantenere quell'impegno». Che, però, come sempre avviene in politica, non era certo scritto nero su bianco. Che succede se il sindaco cambia idea? «Lo scoprirà presto...», dicono in Assemblea Capitolina.

Si parte col Bilancio 2014 («non lo può fare solo la Morgante, serve prima un confronto politico»), poi si vede: «Ci sono tanti modi per avviare un rimpasto: anche il ritiro della delegazione degli assessori, col Pd che passa all'appoggio esterno...». Se ne riparla settimana prossima: il gruppo consiliare si riunisce, il sindaco vola a New York e Washington. Al ritorno, il redde rationem .

 

ignazio marino con i peperoncini all opera di roma per la prima di ernani diretto da riccardo muti IGNAZIO MARINO COLPITO DA UNA GOMITATA IN CONSIGLIO COMUNALE Ignazio Marino e Anna Falchi ALFIO MARCHINI jpegGianni Alemanno Gianni Alemanno Goffredo Bettini