mattarella renzi

MATTARELLA È VIVO E LOTTA INSIEME A NOI – NEL SILENZIO DEI QUIRINALISTI, LA MUMMIA SICULA HA RICORDATO A RENZI CHE LA COSTITUZIONE NON SI CAMBIA CON MAGGIORANZE BALLERINE E SENZA UN VERO CONFRONTO CON LE OPPOSIZIONI

DAGOANALISI

 

Lassù sul Colle più alto i silenzi proverbiali del nuovo Capo dello stato da mesi fanno da contrappunto al vociare roboante e ribaldo del premier cazzaro. E di una maggioranza “coatta” a Palazzo Madama che ha rischiato d’implodere nel giorno della verità sulla morte (presunta) del Senato.

SERGIO MATTARELLA E QUENTIN TARANTINOSERGIO MATTARELLA E QUENTIN TARANTINO

 

Un accordicchio sulla riforma della Camera alta è stato trovato, ma già sono visibili le ferite provocate al quadro istituzionale dal braccio di ferro all’interno del Pd e dalla contesa indecente tra Palazzo Chigi e il presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso. E al Quirinale non hanno digerito certe sortite improvvide del piccolo Ceausescu di Rignano sull’Arno che salito sul Colle si è sentito ripetere che la Costituzione non si cambia con maggioranze di partito più o meno stabili e senza un serio confronto tra maggioranza (presunta) e minoranza (divisa).

 

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Fin qui si è seguita “la via contraria” anche sulla nuova legge elettorale (Italicum) attraverso baratti sottobanco che ancora una volta ledono i principi della Carta costituente del 1948. E se Bellanapoli ha cambiato idea in corso d’opera se la vede con la propria coscienza emerita.

 

Ma in questa situazione di svacco nessuno dei giornaloni dei Poteri marciti sembra chiedersi cosa pende dall’albero del mutismo piantato al Quirinale da Sergio Mattarella dopo l’uscita ingloriosa dell’interventista Giorgio Napolitano. L’emerito Re Giorgio, che non perdeva occasione per fare&disfare (malamente) la tela delle nostre istituzione già sdrucite del suo a causa di una crisi endemica ormai ventennale.

 

“La sua sobrietà spinge i quirinalisti sull’orlo della disoccupazione”, chiosa ironico il costituzionalista Michele Ainis a proposito dello stile dell’eremita andato a occupare la prima carica dello Stato. Già, i Corazzieri della virgola usi obbedendo tacendo anche nel divulgare le “veline” che erano confezionate dai vari addetti stampa in servizio nell’ex palazzo papale.

 

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Uno di loro, il decano della compagnia dell’armata morta, ha riempito una pagina del Corrierone per raccontare ai suoi lettori (in fuga dalle edicole: meno 10% nei primi mesi dell’anno) quali sono i libri della vita della Mummia siciliana da consigliare ai giovani. Niente, neppure un’indiscrezione su come esercita (in privato) la moral suasion il presidente della Repubblica. Essi’, come vedremo, la esercita. O su come la pensa Mattarella su quelle Grandi Riforme destinate, piaccia o no, a ridisegnare la nostra democrazia parlamentare.

 

Niente, nemmeno una spiegazione riguardo ai suoi silenzi eloquenti riguardo a una legge elettorale, l’Italicum, che rischia come il Porcellum (smontato alla Consulta proprio da Mattarella) di essere bocciata dalla Corte costituzionale.   

 

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“Sarebbe però un abbaglio immaginare che sul Colle c’è una poltrona vuota”, osserva ancora il professor Amis. Del resto affermava Elias Canetti “Ogni lingua ha un suo silenzio”. Tant’è che nei mesi scorsi, il presidente della Repubblica ha fatto ingoiare più di un boccone amaro al premier cazzaro abituato ai “lingua in bocca” con Napolitano, detto ormai Setteschifezze (istituzionali).

 

Il primo intoppo con il Quirinale Renzi l’ha avuto al momento delle dimissioni di Maurizio Lupi (Ncd). La sua intenzione era di cogliere la nefanda occasione (dimissioni di Lupi per effetto dello scandalo “Grandi Opere”) per “spacchettare” in due il dicastero delle Infrastrutture poi occupato da Graziano Del Rio. L’occasione era ghiotta (e furba) per piazzare qualcuno del suo “Giglio tragico” (e dintorni, leggi Ncd) e resuscitare il dicastero dei Trasporti. La Mummia siciliana ha detto “no”, citandogli freddamente la legge Bassanini sull’”inalterabilità” del numero dei ministri.

 

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Alla vigilia dell’estate il piccolo Ceasescu di Rignano sull’Arno ha dovuto incassare pure un deciso altolà del Quirinale a un decreto legge sulla Rai che gli avrebbe consentito di occupare con pieni poteri l’azienda di viale Mazzini. Il nostro, bloccato dal Quirinale, dovrà provvedere all’ennesima riforma-fuffa dell’ente - una sorta di Gasparri bis lottizzatrice -, con un disegno di legge in Parlamento. La scorciatoia dei provvedimenti d’urgenza, tollerata impunemente da Napolitano, non trova invece il gradimento di Mattarella. E la replica del Quirinale c’’è stata pure sull’intenzione di Palazzo Chigi di varare un decreto legge sulla scuola.

 

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Uno “ammonimento” quirinalizio è arrivato, inoltre, sul ricorso, ingiustificato e senza freni, al voto di fiducia in aula che stronca ogni possibile discussione alle Camere e fa decadere qualunque proposta di modifica al testo dell’esecutivo. Pura barbarie istituzionale.

 

Nel primo anno di vita il governo di Renzi ha abusato di questa scorciatoia antiparlamentare pur disponendo a Montecitorio di un’ampia maggioranza. Demolendo ogni precedente record, il premier cazzaro su 67 leggi varate la metà è stata approvata ricorrendo al voto di fiducia, pari al 68% dei provvedimenti (fonte OpenPolis). Un record, appunto, se confrontato con i suoi predecessori: Berlusconi IV (16%), Prodi (33,3%), Monti (45,13%), Enrico Letta (27,28%). Ma anche sul discusso Jobs Act si è aperto un contenzioso tra il Colle e il governo che si era dimenticato di portare nei tempi previsti alcuni decreti attuativi delle norme alla firma del capo dello Stato.

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“C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare” recita il capitolo tre dell’Ecclesiaste. E nel suo lungo percorso politico dentro l’ex Dc e nelle istituzioni il richiamo biblico è stato sempre un punto di orientamento per Sergio Mattarella.

 

Ma i silenzi e la discrezione della Mummia siciliana non vanno confusi con la rinuncia del capo dello Stato all’esercizio del proprio potere. E la sua elezione sul Colle più alto non può essere letta (o interpretata) alla pari di un credito che Renzi possa vantare sul successore di Bellanapoli. Del resto, il nome di Mattarella non era la prima scelta di Renzi per il Quirinale, che puntava le sue carte su Annuzza Finocchiaro, la neghittosa e ombrosa coccobella di Napolitano. O, in alternativa, su Sabino Cassese sponsorizzato anche lui da Bellanapoli.

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La candidatura di Mattarella è stata utilizzata (e strumentalizzata) dal premier-segretario Pd innanzitutto per rompere il patto occulto del Nazareno con l’ingenuo Silvio Berlusconi. Che difficilmente si farà fregare un’altra volta.