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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
1. MATTARELLA SUL SICURO: ZAMPETTI SEGRETARIO
Ugo Magri per “la Stampa”
Il nuovo ministro della Real Casa (così avrebbero pomposamente etichettato, un tempo, il segretario generale del Quirinale) sarà Ugo Zampetti, classe 1949, romano. Il presidente Mattarella ha avviato le procedure della sua nomina dopo aver ringraziato Donato Marra, che quel ruolo ha ricoperto nel precedente settennato e poi durante la transizione. Per la sua opera, tiene a chiarire il Colle, Zampetti non riceverà «compenso alcuno».
Gli basterà la pensione maturata in quasi 8 lustri di impiego alla Camera, dove è stato per 16 anni il vero «deus ex machina», sistemato nella stanza accanto a quella dei cinque presidenti che si sono succeduti nel frattempo: Violante, Casini, Bertinotti, Fini e da ultimo Boldrini. Con tutti è stato prodigo di consigli senza badare al colore politico.
Mattarella l’ha scelto non solo in nome della loro vecchia amicizia, ma pure per questa trasversalità che rende Zampetti bene accetto ovunque con due eccezioni: tra i grillini (gli contestarono lo stipendio da mezzo milione l’anno percepito come segretario generale della Camera) e tra i funzionari parlamentari (a loro Zampetti falcidiò lo stipendio).
Dicono che nemmeno Renzi straveda per lui, ma forse è solo una leggenda. Il profilo è quello del «civil servant», nato e cresciuto nelle istituzioni, con un senso orgoglioso dei propri confini. Il futuro braccio destro del Presidente teorizza che l’amministrazione deve fornire a chi decide tutti gli elementi utili, salvo astenersi dall’usurpare responsabilità altrui. Non è un caso che sulla scrivania a Montecitorio Zampetti tenesse la statuetta di uno sciatore sul punto di lanciarsi dal trampolino: chiara metafora del suo ruolo delicato, sempre in bilico, di «suggeritore». Riservato in modo quasi maniacale.
Suo padre fu catturato dai tedeschi a Corfù, durante l’ultima guerra, e scrisse una bella, toccante testimonianza dal lager intitolata «Lettere a Marisa». Persona colta, Zampetti ha festeggiato i 65 anni a cena con gli amici presso la Galleria d’arte moderna citando una massima di Epicuro, sul tempo da ripartire equamente tra «res publica» e vita privata.
Sennonché quest’ultima attenderà fino al 2022.
Altra nomina di ieri: Daniele Cabras, ex funzionario parlamentare, già capo di gabinetto dei ministri Bindi e Saccomanni. Dirigerà sul Colle l’ufficio della Segreteria generale. Una curiosità: ha 52 anni. Come il capo della segreteria Guerrini. Come il portavoce Grasso. Come il consigliere informale del Presidente, Garofani… La carica dei cinquantaduenni.
2. UGO ZAMPETTI, ANCORA LUI IL DINOSAURO SALE AL COLLE
PER TRE LUSTRI AL VERTICE DELLA CAMERA. ERA IN PENSIONE DA UN MESE E MEZZO
Paola Zanca per “il Fatto Quotidiano”
ugo zampetti con laura boldrini
Che quella delle “burocrazie parlamentari” fosse una macchina potente e gagliarda, lo aveva chiaro fin dal 1981. Era ancora un funzionario, a Montecitorio. Ma il 32enne Ugo Zampetti aveva già cominciato a battere i pugni sul tavolo. E, da segretario del sindacato, dava voce al “disagio” dei suoi colleghi funzionari. Troppo scarso il riconoscimento del nostro ruolo, diceva.
Eppure siamo noi che, imparziali e spassionati, garantiamo che le leggi vengano scritte secondo la legge. Quel giorno, al convegno alla Camera, era intervenuto anche un collega di Zampetti. Si chiamava Donato Marra e invitava i giornalisti a smetterla di concentrarsi sulle “polemiche qualunquistiche sull’indennità dei parlamentari o agli episodi di colore legati a fenomeni ostruzionistici”.
Sembra ieri. E invece, un trentennio più tardi, Marra ha appena concluso il suo novennato al fianco di Giorgio Napolitano. E Zampetti si appresta a cominciare la sua carriera da segretario generale del nuovo Presidente, Sergio Mattarella. Al Quirinale, braccio destro del Capo dello Stato. Ma onde evitare polemiche, ha già fatto sapere che lo farà gratis.
Già, perché il custode della burocrazia, nel frattempo, ne ha fatta di strada. Tanta da meritarsi il soprannome di “volpe d’argento”, dove l’elemento della brizzolatura è decisamente quello meno decisivo. Da segretario di commissione a capo dell’ufficio ricerche, dai vertici del controllo amministrativo a quelli del servizio Assemblea. Fino a diventare, nel 1999, segretario generale della Camera dei deputati. Poltrona su cui è rimasto seduto fino a un mese e mezzo fa.
ugo zampetti con laura boldrini
Sullo scranno più alto dell’amministrazione parlamentare lo volle l’allora presidente della Camera Luciano Violante. Si fa subito notare, Zampetti. Lo tira in ballo perfino Silvio Berlusconi, quando – ancora indiscusso leader del centrodestra – venne interrotto in Aula dallo stesso Violante. Erano scaduti i dieci minuti a sua disposizione, il presidente della Camera aveva concesso solo un piccolo sforamento e l’ex Cavaliere si era sfogato: “L’avevamo chiesto a Zampetti!”.
Sono anni impegnativi, per Montecitorio. Si pensa in grande e si firmano contratti d’oro: è allora che il costruttore Sergio Scarpellini stringe i rapporti con l’amministrazione della Camera e riesce ad affittare i suoi palazzi a cifre da capogiro, senza facoltà di recesso. Rita Bernardini, che con i Radicali diede battaglia agli sprechi della Milano90, oggi di Zampetti ricorda proprio il suo legame con “gli amici degli amici della partitocrazia associata”.
Doveva rimanere in carica sette anni. Ma nel 2002, alla guida di Montecitorio era già arrivato Pierferdinando Casini, si decise all’unanimità che per quelli come Zampetti non ci dovevano essere né limiti di mandato né divieti di rinnovo. E per levarli dall’incarico, dovevano chiederlo due terzi dell’ufficio di presidenza. Così sono dovuti passare 15 anni perché Zampetti, per sopraggiunti limiti d’età, cedesse il passo a un nuovo segretario: non prima, sia chiaro, di aver smosso mari e monti per promuovere – e ottenere – la nomina di una sua pupilla, Lucia Pagano.
I maligni sostengono che Zampetti abbia premuto per avere un’erede fidata non per semplici ragioni di gloria. Ci sono tante cose, nei cassetti della Camera. E non c’è mai stata troppa voglia di aprirli.
Diceva ancora la Bernardini, nel 2012: “Montecitorio costa ogni anno al contribuente un miliardo di euro ed è un fortino inespugnabile sotto il profilo dei controlli esterni e, ahimè, perfino quelli interni visto che il segretario generale da tempo ha assunto su di sè l’interim delle stesse verifiche”. Anche sul suo, di stipendio, Zampetti non ha mai gradito intrusioni.
L’anno scorso il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti – che aveva già contestato l’ipotesi di un’ulteriore proroga del suo incarico – aveva lasciato intendere che lo stipendio del segretario generale andasse ben oltre l’indennità di 479 mila euro. Da Montecitorio era arrivata la stizzita replica: l’unica indennità accessoria è di 700 euro al mese e nemmeno incide sulla pensione. Così come il tetto agli stipendi, ultimo atto dell’era Zampetti. Vale per tutti, ma non per chi è in pensione.
3. ZAMPETTI AL QUIRINALE SENZA COMPENSO
Anna Maria Greco per “il Giornale”
Lo descrivono come un uomo schivo e capace, con pochi rapporti personali ma tutti «giusti», soprattutto nell'area dell'ex sinistra Dc. Romano, classe 1949, Ugo Zampetti viene scelto dal capo dello Stato Sergio Mattarella come segretario generale del Quirinale dopo 40 anni alla Camera, di cui 15 al vertice con ben 5 presidenti, da Luciano Violante a Pier Ferdinando Casini, da Fausto Bertinotti a Gianfranco Fini fino a Laura Boldrini.
La scalata al potere del grand commis dello Stato sembrava finita il 31 dicembre, quando è andato in pensione da Montecitorio con un assegno di circa mezzo milione di euro lordo l'anno. Con la Boldrini, Zampetti ha deciso i tagli di stipendi dei dipendenti, ma ne è uscito indenne, perché sono scattati dal primo gennaio. Al Quirinale precisano che per il nuovo incarico non avrà alcun compenso, ma diciamo che può permetterselo.
Laura Boldrini Ugo Zampetti mons Lorenzo Leuzzi
Già mesi prima del pensionamento i ben informati parlavano delle sue aspirazioni e manovre per il posto di Donato Marra al Quirinale. Dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano Zampetti si è trovato con un tris d'assi in mano. Raccontano di un brindisi per il suo saluto alla Camera nello studio della Boldrini, con Pier Ferdinando Casini, Dario Franceschini e Mattarella, prima della cerimonia nella sala della Regina con gli ex presidenti che ne tessevano le lodi. Sembra che prima Zampetti contasse sul leader centrista, a lui molto vicino, mentre appariva con meno chance Franceschini, suo diretto referente nel Pd, ma con l'elezione di Mattarella gli è andata altrettanto bene.
sergio mattarella e pierferdinando casini
I padri si conoscevano, i figli erano amici e le frequentazioni in comune nella cerchia degli ex sinistra Dc hanno consolidato il rapporto. Zampetti, per dire, si è laureato alla «Sapienza» in Diritto costituzionale con Leopoldo Elia, maestro poi diventato amico e l'ex presidente della Consulta era intimo di Mattarella. Così, è stato lui ad avere la meglio sul consigliere di Stato palermitano Sandro Pajno, che sembrava in pole position per il legame trentennale con il neo Capo dello Stato.
Ben diverso sarebbe stato il discorso se avesse vinto la corsa Giuliano Amato, candidato di Silvio Berlusconi, con il consenso di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. No, con il centrodestra Zampetti non ha avuto un buon rapporto. Molti lo definiscono antiberlusconiano senza se e senza ma. E pure con il M5S non c'è mai stato feeling. Le sue simpatie sono molto chiare e con lui al Quirinale anche il peso di Franceschini aumenta.
L'ultima operazione riuscitagli alla Camera, poi, ha consolidato il suo sistema di potere: è riuscito a piazzare come segretario generale la sua ex collaboratrice Lucia Pagano, preferita clamorosamente al candidato Giacomo Lasorella e ai vicesegretari Guido Letta e Aurelio Speziale. Se gli ultimi due emigreranno verso il Consiglio di Stato, come sembra, Zampetti potrà completare il quadro, facendo nominare altri due amici come vice: Fabrizio Castaldi e Aldo Stevanin.
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