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AVVISO AI NAVIGATI: MATTARELLA NON DARA’ MAI L’INCARICO ESPLORATIVO A LUIGI DI MAIO SE AL M5S MANCASSERO DECINE DI PARLAMENTARI PER AVERE UNA MAGGIORANZA - IL QUIRINALE NON VUOLE TROVARSI CON UNO STALLO IN PARLAMENTO, CON IL CANDIDATO M5S A CERCARE ALLEATI, MENTRE L'EUROPA E I MERCATI S'INTERROGANO SULLE SORTI DEL PAESE…
Marzio Breda per il “Corriere della Sera”
luigi di maio sergio mattarella
La rincorsa per mettere sotto pressione il Quirinale è cominciata da tempo e Sergio Mattarella sa benissimo che, dal momento del voto, dovrà spostare ogni giorno più in là il limite della propria pazienza. Di sicuro almeno sino al 23 marzo, quando s'insedierà il nuovo Parlamento e, dopo l' elezione dei presidenti delle due Assemblee, la partita per formare un governo comincerà a essere davvero nelle sue mani. Fino ad allora una tregua se l' aspettava. E invece il martellamento preventivo, lo si è visto ieri, alza già i toni con un ruvido Alessandro Di Battista.
«Non è scontato dare l' incarico di governo a chi vince le elezioni? Allora mi sta dicendo che non c' è democrazia in questo Paese?», ha chiesto a Lucia Annunziata, commentando scandalizzato l'ipotesi che il capo dello Stato non affidi al Movimento il compito di formare l'esecutivo.
Sondaggi alla mano, lo scenario politico che per Di Battista sarebbe inaccettabile e, anzi, tale da mettere addirittura in dubbio la stessa esistenza della democrazia in Italia, è quello che potrebbe materializzarsi all'indomani dell'apertura delle urne. Cioè una vittoria grillina di misura e quindi non risolutiva.
Un'esperienza che richiama un precedente di cinque anni fa, quando sul Colle c'era ancora Giorgio Napolitano, e il leader del Pd Pier Luigi Bersani dissipò molte energie nell'infruttuoso tentativo di costruire intorno a sé una maggioranza.
Citando la sua fallita esperienza, si sono dette diverse cose, spesso imprecise. La prima delle quali riguardava il modo di qualificare quel mandato. Che non fu affatto «esplorativo» (di solito accade quando lo si affida a cariche istituzionali), ma un preincarico, ossia un mandato condizionato alla verifica della possibile costruzione di un' alleanza di governo.
La scelta fu logica e non contestabile. Bersani, infatti, anche per effetto della legge elettorale allora in vigore, disponeva della maggioranza assoluta alla Camera dei deputati. I problemi per lui stavano al Senato ed erano insormontabili, prova ne sia che il suo lungo corteggiamento dei 5 Stelle si rivelò inutile, costringendolo ad arrendersi e a passare la mano.
Un copione che, a parti invertite, potrebbe presto esser chiamato a recitare il candidato premier Luigi Di Maio?
Difficile che un simile tentativo gli venga affidato nell' ipotesi in cui ai pentastellati mancassero decine di deputati per essere autosufficienti. Sarebbe infatti in tal caso spericolato pensare che il presidente della Repubblica possa attribuire il mandato a Di Maio, come pretende a scatola chiusa Di Battista. Non a caso, se la sua ricerca di una maggioranza si concludesse male, il rischio sarebbe di dover correre di nuovo al voto avendo il candidato di Beppe Grillo a Palazzo Chigi e mentre l'Europa e i mercati s'interrogano sulle sorti del Paese.
Le stesse incognite che sono rimbalzate in diverse Cancellerie dell' Unione quando venerdì scorso Di Maio ha bussato alla porte del segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, per annunciare una prima lista dei candidati a ministri del Movimento. Rovesciamento di procedure? Strategia di corteggiamento di Mattarella? Un tentativo di dimostrarsi già pronti davanti agli elettori? Ingenuità a parte, di sicuro, la cosa non avrà seguito fino a fine aprile.
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