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Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
renzi hollande merkel ventotene
Tra il Matteo Renzi che celebrava lo spirito europeo a Ventotene, un mese fa, e poi il 31 agosto riceveva con onori e amicizia la cancelliera Angela Merkel, e il premier che ritorna dal vertice di Bratislava con parole di fuoco contro l' Ue, il salto è vistoso.
C' è da capire che cosa sia accaduto in così poco tempo per trasformare un capo del governo convinto di avere riportato l' Italia tra «quelli che contano», in un Renzi offeso dalla sufficienza con la quale ritiene di essere stato trattato dagli alleati.
manifestazione a parigi merkel e hollande
In effetti è difficile dargli torto quando dice che l' Europa sta lasciando sola l' Italia. In materia di immigrazione, la strategia finora è stata calibrata più sugli interessi delle nazioni nordeuropee che su quelli dei Paesi mediterranei. E la risposta al governatore della banca centrale tedesca, Jens Weidmann, che ha accusato l' Italia di avere già avuto flessibilità nella spesa pubblica, si può anche capire: il dopo-terremoto in Umbria e Marche preoccupa Palazzo Chigi.
Eppure, i toni ipercritici verso un' Europa che «se non cambia diventa un museo»; l' attacco alle banche tedesche; e la minaccia di un' Italia che «farà da sola»: sono tutti sintomi di un cambio di passo inaspettato.
Il Renzi che trasmetteva all' Italia e all' Europa l' immagine di una leadership sicura e fiduciosa ora sembra comunicare ansia: come se le incertezze sul referendum istituzionale e l' economia stagnante avessero scalfito le certezze. E un' Europa sfigurata dal populismo, dalla Gran Bretagna alla Polonia, diventa un bersaglio sul quale caricare le responsabilità.
Tanto più se la Germania dice a chiare lettere che Renzi ha già avuto tutta la flessibilità possibile e che non ha tagliato il debito pubblico. Per un premier impegnato su più fronti, e che aveva investito molto sulle sponde europee, è un risveglio brusco.
I suoi tentativi di cambiare la strategia europea sono stati letti solo come una richiesta d' aiuto. Il risultato finale restituisce l' eterno asse franco-tedesco, per quanto usurato. E ora Renzi rischia di essere spinto su posizioni delicate sulla politica economica. Di nuovo: quando lamenta che l' Europa non deve avere «solo un insieme di regole che ognuno interpreta come vuole», fa un' osservazione condivisibile.
Eppure, aggiungere che il vertice di Bratislava «ha partorito un topolino» sa di reazione venata dalla delusione.
Il problema è soprattutto quello dei prossimi passi di Renzi. Annunciare che le spese per «Casa Italia saranno fuori dal Patto di stabilità, perché la stabilità dei nostri figli vale più della stabilità dei tecnocrati», è una frase a effetto.
Rimane da capire quali contraccolpi potrà avere sulla Commissione Ue e su mercati finanziari in preallarme sul referendum istituzionale. Il pericolo da evitare è che l' impennata di orgoglio nazionale sia vista all' estero solo come una trovata elettorale. In quel caso, Palazzo Chigi non troverebbe più sponde ma barriere.
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